Via Consalvo da Cordova

È una strada centralissima ed una delle più frequentate della città, e tuttavia quanti, passandoci davanti, si chiedono chi sia mai stato questo personaggio dal nome così altisonante. Il suo vero nome, completo, era infatti Gonzalo Fernandez da Cordova, detto il Gran Capitano, e fu uno dei principali protagonisti della scena politico-militare nei primi anni del XVI secolo in Europa. La sua familiarità con Barletta, che ha indotto gli amministratori a dedicargli una delle strade più importanti, riviene dalla famosa Disfida, episodio nel quale il nostro Capitano si distinse come un protagonista di eccezionale rilievo.
Consalvo nacque nel Castello di Montilla, presso Cordova, il primo settembre del 1453 per cui all'epoca della Disfida aveva 50 anni. Si segnalò giovanissimo come un abile capitano, tanto che Isabella di Castiglia lo prese sotto la sua protezione. Si distinse in modo particolare all'assedio di Granata, quando gli Spagnoli cacciarono definitivamente i Mori dalla Spagna, per le sue qualità di coraggioso combattente e di intelligente comandante.
I sovrani spagnoli gli affidarono allora le due campagne d'Italia, dove ebbe modo di far rifulgere le sue grandi capacità militari, tanto che gli procurarono il nome di Gran Capitano.
La prima volta, nel 1495, venne in aiuto degli Aragonesi alle prese con i Francesi e conquistò la Calabria. Dopo una lunga permanenza in Spagna, tornò in Italia nell'estate del 1501, per dare attuazione al patto segreto intervenuto fra il suo sovrano, Ferdinando il Cattolico, e Luigi XII re di Francia, per la divisione del Regno di Napoli a scapito della dinastia aragonese. In questa spartizione la Puglia sarebbe dovuta toccare alla Spagna, ma i Francesi non volevano rinunciare alle fertili pianure di Capitanata, così fra i due eserciti iniziò un lungo braccio di ferro su chi dovesse prevalere sull'altro.
Soprattutto all'inizio fra i due contendenti non scoppiò una vera e propria guerra, ma delle semplici scaramucce, in attesa che a Blois, in Francia, le diplomazie dei due sovrani, trovassero un punto di intesa sul grave contrasto insorto.
Le due parti, insomma, anche se non amiche, tuttavia, fra uno scontro e l'altro, avevano modo di parlarsi, di confrontarsi,e talvolta, anche di sfidarsi, come accadde appunto un sera, al termine di una cena nella Cantina del nobile Diego di Mendoza, a Barletta. Erano le premesse del famoso episodio della Disfida, dove Consalvo da Cordova giocò un ruolo importantissimo, perché fu lui infatti a determinare quell'atmosfera di fortissimo attrito, che avrebbe spinto i cavalieri francesi a sfidare quelli italiani.
Gli Spagnoli infatti, che avevano occupato la città, e che avevano dato fondo alle pur cospicue riserve di grano, non erano proprio ben visti da una cittadinanza esasperata da un così lungo assedio. E infatti, parteggiando apertamente dalla parte degli Italiani, al termine del combattimento vittorioso, propiziato dall'euforico clima di grandi festeggiamenti con cui fu accolta la vittoria dei nostri cavalieri, si stabilì fra occupanti e occupati un clima certo più propizio per le imminenti battaglie che di lì a poco avrebbero determinato l'esplosione di un vero e proprio conflitto.
E infatti due mesi dopo la Disfida, il 28 aprile del 1503, a Cerignola avvenne lo scontro decisivo fra Spagnoli e
Francesi, che avrebbe deciso per le sorti della guerra. I
primi erano guidati da Consalvo, che anche in quella circostanza dimostrò le sue grandi doti di capitano, e i secondi dal Duca di Nemour, che sul campo di combattimento con la battaglia perse anche la vita.
Fu in questa circostanza che, una volta di più, il Gran Capitano dimostrò anche doti di grande umanità. Avendo infatti, dopo lo scontro, riconosciuto fra i corpi dei caduti quello del comandante francese, lo fece pietosamente ricomporre e, adeguatamente scortato, lo mandò a Barletta perché fosse sepolto nel chiostro di San Francesco fuori le mura, dove attualmente - in via Vitrani - sono venute alla luce le lapidi di tanti Cavalieri di quel tempo.
In seguito Consalvo si distinse in altre importanti e decisive battaglie, come quella sul Garigliano, e dopo la vittoria finale, ebbe come riconoscimento del suo valore e della sua abilità, I'investitura di primo viceré del Regno. Ma la gratitudine reale durò poco, perché Ferdinando, in occasione di un suo viaggio a Napoli, sensibile alle critiche rivolte al Gran Capitano da cortigiani invidiosi, lo richiamò in patria, dove lo esautorò da ogni incarico e lo privò di ogni pur meritevole gratificazione. Consalvo allora, stanco e amareggiato da tanta ingratitudine, si ritirò nel suo Castello di Loxe nei pressi di Granata, dove morirà di ricordi e di amarezza nel 1515: per una curiosa coincidenza del destino, lo stesso anno della morte di Ettore Fieramosca, anche lui scomparso in terra iberica.
Soltanto allora re Ferdinando rimpianse il suo Grande Capitano e ne tessé Ie lodi in una umanissima lettera fatta recapitare a sua moglie Manrica e a sua figlia Elvira. Ma il suo rimpianto non durò lungo perché l'ingrato monarca lo seguì nella tomba un mese dopo. (R.R.)

[ chiudi la finestra ]