Via Romanello da Forlì
Tutti gli storici concordano sulla partecipazione di questo
cavaliere al celebre fatto d’arme, Giovio parlando di lui scrive: “Il
valoroso Romanello da Forlì di Romagna”. Uno studio, approntato
proprio in occasione del gemellaggio tra i Clubs Lions, formula ipotesi
piuttosto verosimili sulla vita del prode soldato. Il nome di battesimo
era Sebastiano della casata dei Romanelli, estinta nel 1591. Non doveva
essere nobile d’origine, altrimenti qualche notizia in più sarebbe
potuta giungere fino a noi, probabilmente era di famiglia agiata, forse
commercianti di bestiame, poiché il corredo di un cavaliere
aveva dei costi notevoli.
È
inoltre ragionevole ritenere che sia nato intorno al 1465, poiché nel
marzo del 1487 il suo nominativo compare nelle cedole di pagamento
per i servigi resi come uomo d’arme a Matera. In tal modo è plausibile
che al momento dell’epico combattimento, nel 1503, egli fosse
all’apice della sua carriera e avesse circa 38 anni. Strinse
una profonda amicizia con Bartolomeo Fanfulla da Lodi e dovette essere
proprio il padre di quest’ultimo ad avviarlo al mestiere di soldato,
dapprima insieme alle sue milizie e poi presso gli eserciti che si
scontravano nel sud della penisola.
Cinque anni prima della Disfida, nel luglio del 1498, ritroviamo il
Capitano di Ventura a Napoli, dove si battè in un duello all’ultimo
sangue con un cavaliere spagnolo di cui non sappiamo le generalità,
ma che comunque ebbe la peggio. La fama ricevuta dall’esito di
questo scontro aprì al romagnolo le porte di una nuova carriera,
quella di “istruttore d’armi”. Lo ritroviamo a Roma
e poi nella Compagnia del Duca di Termoli e infine alle dipendenze
di Prospero Colonna. Con quest’ultimo, comandante del contingente
italiano al servizio della Spagna, giunse a Barletta e fu protagonista
con gli altri dodici cavalieri della vittoria, in quell’indimenticato
13 febbraio 1503. Insieme alla gloria giunse anche la ricchezza e,
come premio, il castello di Zacati, nel Lazio. Ma la vita di “castellano” non
si addiceva a un capitano di ventura che, venduti i possedimenti, decise
di riprendere le sue peregrinazioni. Dal 1506 al 1509 è in Abruzzo
al servizio del Conte di Popoli, poi ritrova l’amico Fanfulla,
al fianco del Duca di Termoli, fino al 1514.
Non più giovanissimo, nell’aprile del 1512, prese parte
alla battaglia di Ravenna, contro i francesi, da qui iniziò il
suo lento declino fisico aggravato da condizioni economiche non più rosee.
Infatti il nome di Romanello era spesso legato a “cedole di pagamento” (oggi
si parlerebbe di buste paga) sulle quali figuravano delle trattenute
per debiti contratti e non pagati. Il più delle volte si trattava
dell’acquisto di cavalli, “bene di consumo” indispensabile
nell’equipaggiamento di un cavaliere.
Nel 1523 si trasferì a Milano, poi ad Asti, per alcuni morì il
24 febbraio del 1525 nella battaglia di Pavia, per altri, dopo questo
ennesimo combattimento contro i francesi, si ritirò a vita privata
in terra di Forlì.
La tradizione vuole che lo stemma riportato sullo scudo di Romanello,
croce latina argentea su fondo vermiglio, sia stato ripreso nell’attuale
gonfalone del Comune di Forlì, stretto tra gli artigli di un’aquila
imperiale.
Nel 1903, in occasione del quarto centenario della Disfida, l’avv
Giovanni Bellini, allora sindaco della città romagnola, prese
parte alle celebrazioni. Per l’occasione in cima al campanile
di San Mercuriale venne issata una campana chiamata “Romanella”,
con un’epigrafe ricordo.
(M. Ruggiero)
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