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OFANTO DA PERIFERIA A CENTRALITA'

Come si è arrivati alla definizione dei confini del Parco dell’Ofanto.
Analisi critica dello stato attuale del fiume. Il Piano Paesistico Territoriale Regionale,
momento di verifica e ridefinizione dell’assetto generale del Parco.

Nell’immaginario collettivo l’Ofanto è al tempo stesso confine, territorio e bacino idrografico: confine tra ambiti politici e politiche di territorio, in realtà territorio periferico di uno sviluppo che si addensa esercitando forti pressioni antropiche sulle conurbazioni costiere della provincia del Nord Barese - peraltro immagine sempre più ricorrente in tutta l’area del Mediterraneo - che cerca spazio nei vuoti agricoli pugliesi.
L’Ofanto rappresenta una risorsa di tipo naturalistico, paesaggistico e archeologico. Una prima individuazione dell’area oggetto di tutela risale al 1997, quando la legge regionale n. 19 individuò la foce dell’Ofanto come Parco Regionale, delimitando così nei territori di Barletta e Margherita di Savoia un’area molto riduttiva rispetto a quella di oggi, poiché all’epoca l’obbiettivo era quello di individuare “solo” un patrimonio naturalistico.
Nel 2000, a seguito di alcune direttive emanate dalla Comunità Europea per la salvaguardia di alcuni tipi di uccelli, venne emanato il D.M. 3 aprile 2000 del Ministero dell’Ambiente con cui il sito “lago di Capaciotti-Valle Ofanto” - un’area di 7.572 ettari ricadenti per il 20% in Basilicata e per l’80% in Puglia, 6.000 ettari circa - venne proposto come Sito di Importanza Comunitaria (SIC - ai sensi della direttiva 92/43/CEE “Habitat” relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, ai fini della salvaguardia della biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali).
Questa zona venne così sottoposta a tutela imponendo le procedure di valutazione di incidenza ambientale di cui al D.P.R. n. 357/97, così come modificato dal D.P.R. n. 120/03, per gli interventi non direttamente connessi e necessari al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat presenti nel sito, nonché i piani territoriali, urbanistici e di settore, ivi compresi i piani agricoli e faunistico-venatori, che potevano avere incidenze significative sul sito stesso.
La perimetrazione del parco dell’Ofanto subiva così con la zona SIC, un ampliamento dell’ipotesi iniziale regionale non più limitata alla sola foce, ma sviluppata all’intero tratto pugliese esteso alla vicina Basilicata, promuovendo così il fiume stesso da una semplice linea di confine amministrativo, ad un’entità territoriale dotata di centralità perché giuridicamente riconosciuta e tutelata per il proprio contenuto naturalistico.
Sempre nel 2000 il territorio dell’Ofanto venne anche tutelato dal PRG adottato e dal PUTT/p (Piano paesaggistico territoriale tematico per il Paesaggio) come ambito territoriale esteso e distinto, conseguenza del vincolo paesaggistico della legge “Galasso” n. 431/1985 (fascia di 150 mt dalle sponde o argini del fiume).
È opportuno precisare che il PUTT/p ha integrato gli ordinamenti vincolistici già vigenti sul territorio ed introdotto nuovi contenuti normativi. In particolare le cosiddette “prescrizioni di base” sono volte a tutelare le componenti paesaggistiche “strutturanti” l’attuale assetto paesistico-ambientale.
Tra il SIC individuato dalla Comunità Europea e l’attuale Parco dell’Ofanto, c’è stato un incremento della superficie: l’attuale estensione totale risulta di 27.134 ettari circa; per la sola zona 1, che ricomprende l’intera zona SIC, l’aumento è stato del 41% (si è passati cioè a 10.636 ettari circa).
Per la zonizzazione provvisoria della L.R. n. 37/07, istitutiva del Parco dell’Ofanto, la zona 1 è quella di rilevante interesse naturalistico, in cui prevale l’interesse di protezione ambientale, mentre la zona 2, di ben 16.498 ettari, è ritenuta di interesse naturalistico, paesaggistico e storico-culturale, in cui all’interesse della protezione ambientale si affianca quello della promozione di un modello di sostenibilità e di riduzione degli eventuali impatti delle attività presenti.
A cosa è stato dovuto questo ampliamento? Probabilmente si è ritenuto opportuno estendere l’attenzione da una tutela di carattere naturalistico ad una di tipo archeologica e paesaggistica.
Comunque sia, indipendentemente da tutto, la cosa importante è capire la finalità che deve avere il parco, la quale dovrebbe venir fuori dall’analisi dello stesso. Non dimentichiamo che allontanandoci dal corso dell’Ofanto l’unica cosa presente nell’agro barlettano, oltre Canne della Battaglia (sito di per se stesso già vincolato sia archeologicamente che paesaggisticamente) è un sistema di antiche masserie intese come complesso di attività produttive e di strutture abitative, che nulla ha a che vedere con le esigenze naturalistiche; difatti le stesse stanno a testimoniare i caratteri della stratificazione storica dell’organizzazione insediativa agricola dei fondi.
Come è gestita la situazione al momento? Attualmente ci sono solo misure di salvaguardia che limitano ogni tipo di attività, esclusa quella agricola, in attesa della approvazione del Piano del Parco.
Cosa si può fare? Si potrebbe riperimetrare l’area o in alternativa fare attenzione ai vincoli da destinare al Piano, guardando sempre agli effetti concreti nel futuro.
D’altro canto se parliamo di parco naturalistico fluviale, dobbiamo tener presente che attualmente non è possibile ripristinare quelle condizioni naturali del bacino e la vegetazione spontanea di secoli fa, perché non sostenibile per l’attuale portata d’acqua che scorre nel fiume. Per cui la soluzione più logica dovrebbe essere rappresentata dalla messa in rete dello stesso con il parco delle Murge, quello delle Saline e con il Gargano, in modo da creare un corridoio ecologico che interconnetta i vari sistemi naturalistici.
Non dimentichiamo che attualmente la Regione di concerto con i Ministeri dei Beni Culturali e Ambientali, sta redigendo il PPTR (Piano Paesaggistico Territoriale Regionale), nell’ambito del quale sarebbe possibile discutere e riverificare i limiti e l’estensione del parco dell’Ofanto, oltre che rivedere i limiti definiti dalla Legge Galasso. Appare questa la sede più opportuna e pertinente per affrontare il paesaggio il cui approccio storico “non isola porzioni di territorio di particolare rilevanza per la loro conservazione (biotopi, bellezze naturali, centri storici, monumenti, ecc), ma lo affronta nella sua dinamica complessiva studiandone le regole generative e coevolutive”.
Con il PPTR l’articolazione dell’intero territorio regionale in ambiti in base alle caratteristiche naturali e storiche del territorio regionale (comma 2 art. 135 del Codice), richiede che gli ambiti stessi si configurino come ambiti territoriali-paesistici, definiti attraverso un procedimento integrato di composizione e integrazione dei tematismi settoriali (e relative articolazioni territoriali in campo idrogeomorfologico, ambientale, insediativo storico (processi di territorializzazione); dunque gli ambiti si configurano come sistemi complessi che connotano in modo integrato le identità co-evolutive (ambientali e insediative) di lunga durata del territorio.

(in corsivo estratto dal Documento Regionale del PPTR).

Ernesto Bernardini (maggio 2008)

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