| OFANTO: UN VASO DI PANDORA CHE
          QUALCUNO VUOLE TENERE CHIUSO
 Per capire le cause della formazione di schiuma nel nostro
            mare, basta prendere una bacinella piena d’acqua e versarvi
            dentro del comune detersivo liquido. Tranne la presenza di una
            insignificante serie di bollicine galleggianti, non vediamo altro,
            e se nessuno ci dice del detersivo, continueremo a ritenere l’acqua
            limpida e chiara. Poi, agitiamo l’acqua energicamente con la
            mano, si formerà una schiuma intensa che diventa più solida e abbondante
            se continuiamo ad agitare. Esattamente quello che succede
            nel nostro mare dopo una violenta mareggiata. Da dove arriva
            il detersivo? ho posto l’interrogativo a chi certamente ne sa più            di me e la risposta è stata inequivocabile: nel mare se c’è schiuma
            c’è detersivo e se c’è detersivo c’è fogna e se c’è fogna c’è di tutto,
            anche se a volte ci appare “pulita”. Questa constatazione indurrebbe
            i meno informati a indicare come colpevole il depuratore,
            stoicamente e impropriamente assolto dai suoi gestori, nato già            vecchio in fase di progettazione e insufficiente oggi. Un’attenta
            analisi ampiamente dibattuta in Commissione Ambiente Interna
            del PD di Barletta con l’intervento di valenti tecnici esperti, ha
            dimostrato però, che il nostro depuratore rimane solo una delle
            diverse cause che contribuiscono al disastro. Ci sono concause
            ben note da decenni agli addetti ai lavori, politici di destra e di
            sinistra compresi, e che non si possono più nascondere alla città. E
            se queste concause fossero analizzate e risolte seriamente una per
            volta, anche da una politica più attenta al “bene comune”, ai vari
            livelli, potremmo dire, finalmente, di aver cominciato a salire il
            primo gradino della lunga scala che porta al “mare pulito”. Perché,
            grazie a Dio il mare ha la proprietà di autodepurarsi se smettiamo
            di inquinarlo. Sulla litoranea di Ponente, oltre al depuratore insufficiente,
            ci sono il canale H e i suoi fratelli, che sversano in mare il
            loro misterioso contenuto, sui quali, è inutile appuntarsi patacche
            al merito, si è semplicemente avviato uno studio di fattibilità per
            un metodo che li intercetti e li depuri. A questi va sommato lo scarico
            dei reflui della Fiumara
            anch’essa dotata di un microdepuratore,
            certamente
            non sufficiente, poi, aggiungiamo
            anche il depuratore
            di Margherita di Savoia,
            che d’estate non scherza
            per numero di vacanzieri e
            nonostante la bandiera blu
            per i servizi, contribuisce a
            sporcare il “mare nostrum”.Non dimentichiamo gli scarichi
            dei lidi, ormai tanti.
 Ho volutamente lasciato per ultimo l’Ofanto, che mi piace definire
            in una incontestabile evidenza la “fogna delle fogne” che il
            mare riceve. Qualcuno mi aveva assicurato che in questo periodo,
            il letto del fiume fosse in secca e facilmente attraversabile e allora
            ho deciso con amici di risalire il fiume a mò di un Camel Trophy
            locale, per capire, se possibile, come e cosa scaricano nel fiume
            i 50 comuni che da esso ne traggono benefici, alimentazione e
            acqua potabile. Siamo partiti dalla foce su una vecchia jeep Uaz
            capace di affrontare il duro percorso. No, il fiume non era in secca,
            almeno 60 cm di un liquido marrone e maleodorante ci ha accompagnato
            ansa dopo ansa per diversi chilometri, in un panorama
            stupendo tipico di un documentario Discovery. Personalmente
            insisterei sul progetto-percorso naturalistico, vista la bellezza dei
            posti e il tipo di fauna incontrata. Ma la fotografia viene disturbata
            oltre dall’anomalia dell’acqua putrida, anche dalla visione di argini
            in alcuni tratti modificati, cementificati e con strane rampe di
            accesso al fiume come a volerci fare arrivare grossi mezzi. Dice un
            contadino “idrovore per rubare l’acqua che - si vanno a vendere - e
            per scaricare gli autospurgo di notte o per rubare sabbia e pietre”.
 Ingombranti sono le presenze di carcasse di auto, immondizia e
            enormi cumuli di fetenti materiali inerti da demolizione, già segnalati
            con tanto di cartello “sottoposto a sequestro” o recentissimi
            ancora da segnalare. Lampante la mancanza di un minimo di
            manutenzione dell’alveo, in alcuni punti con gradoni di cemento,
            che impedirebbero un’eventuale risalita in canoa e degli argini
            bassi a tratti assenti perché sostituiti da vigneti spudoratamente
            abusivi su terreno demaniale, e irrigati con quell’acqua marrone.
 Evidente la conseguente mancanza di quella flora indigena drenante
            naturale, tipica dei fiumi che oltre ad essere depurante è un
            freno alla prepotenza delle piene. Ha ragione il prof. Ruggiero
            Dellisanti, profondo conoscitore del sito, quando lancia l’allarme
            per il pericolo delle bombe d’acqua, che ingrossando la portata
            del fiume, nella sua discesa violenta a mare, non avrebbe freni
            nel devastare gli argini, esondando fino alla statale 16, come già            successo in passato ma con conseguenze più gravi.
 Scusate, forse ricordo male io, stiamo parlando di competenza
            e responsabilità Provinciale, ma non era stato un assessore della Giunta Ventola a gridare ai 4 venti che
            l’Ofanto grazie a quella Giunta sarebbe
            stato risanato? Vorrei chiedergli a che
            punto si è fermato o se ha mai avviato
            un’indagine sulle condizioni sia idromorfologiche
            che inquinanti del fiume.
 Come mai non c’è traccia di sorveglianza
            provinciale o della forestale, visto
            che dovrebbe essere in funzione un Ufficio
            Direzionale del cosiddetto “Parco
            dell’Ofanto”? Ma chi della nuova Provincia,
            se ancora esiste, ha la delega al
            Fiume? Ho visto solo la macchina dei
            volontari del nucleo di vigilanza IFAE
            con Pino Cava scendere da un argine. “Sorvegliamo per quanto possiamo
            con forze e mezzi limitatissimi su un territorio vastissimo, segnalando
            alle forze dell’Ordine gli abusi ma anche per noi c’è crisi e mezzi
            e uscite costano. E nessuno ci aiuta!”. La passione e la sensibilità sono
            bei valori, ma senza soldi, non si canta nemmeno la Messa.
 L’acqua putrida continua a scorrere lentamente dalle anse canosine
            nei pressi del ponte romano, mentre risaliamo dopo le rapide di Casalonga.
 Bel panorama, un tempo lì con l’acqua verde smeraldo, si pescavano
            carpe e cavedani. La puzza tipica di un “canalone” ci assale. Cartelli
            dell’AQP avvisano che è vietato fare il bagno e pescare. Un’ordinanza
            del Sindaco dice che un nuovo invaso per la fitodepurazione dovrebbe
            entrare in funzione, lo stanno collaudando, intanto dal Lamapopoli su
            cui è dirottato il refluo del depuratore principale si scarica nel fiume “l’ira
            di Dio”. Mi raccontano di altro scarico incredibile all’altezza di San
            Ferdinando e cominciamo a chiederci, se tutto questo avviene nell’ambito
            BAT, sulla sponda opposta alta dove la competenza è la provincia
            di Foggia, tanto per capirci, dove scaricano Cerignola e sobborghi? E
            nell’Ofanto alto, quindi Irpinia e provincia di Avellino dove tempo fa
            a seguito di una misteriosa moria di pesci fu organizzata una petizione
            per il salvataggio del fiume, cosa succede? Gli ammortizzatori dell’Uaz
            hanno chiesto aiuto e il nostro viaggio purtroppo si è dovuto concludere,
            ma l’intenzione di ritornare su quei luoghi magari per un reportage fotografico
            da inviare a chi ha la responsabilità della salvaguardia del fiume,            è molto forte e credo che “l’orgoglio barlettano” a prescindere dai colori
            politici, dovrebbe farsi sentire. Come intervenire? Insistere sulla pubblica
            denuncia evidenziando il problema ambientale in presa diretta. Certamente
            il mio impegno e quello della mia Segreteria non verrà meno,
            se passa l’estate sarebbe come rinviare ancora una volta il problema e la
            prossima estate canteremo con Pino Daniele “…e o mar sta semp là, tutt
            spuorc e chin e munnezz e nisciun o và guardà…”.
 Ho riferito a Filippo Caracciolo, attivissimo nel suo rinnovato incarico
            di Presidente della V Commissione Regionale Ambiente, chiedendogli
            di incontrare prima tutti i tecnici esperti e conoscitori del fiume
            e poi i sindaci della BAT con
            l’Autorità di Bacino per un
            aggiornamento sulle situazioni
            dei relativi depuratori
            comunali e per capire se
            relazioni interregionali con
            la Campania e la Basilicata
            possono dar vita a un “vero”            progetto di risanamento del
            fiume, che permetta il recupero
            di fondi della Comunità            Europea a cui è possibile accedere
            fino al 2020. E sono
            convinto che Caracciolo lo
            farà!
  Franco FerraraSegretario PD Barletta
 (settembre 2015)
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