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L’OFANTO: UNA BIBLIOTECA A CIELO APERTO

Un patrimonio culturale ed educativo che va preservato.
Presentato al castello il progetto: “Orizzonti d’acqua. Tutela e valore dell’oro blu” e una Mostra sull’acqua dell’artista Pina Catino. L’impegno della scuola e delle altre istituzioni.

di Antonella Mazzone


L’acqua è l’elemento fondamentale di una zona umida, ne governa i ritmi e, a secondo della profondità, della temperatura, delle correnti, del tenore più o meno alto di salinità, insieme alla struttura del fondale ed alla composizione dei sedimenti, determina le caratteristiche dal punto di vista vegetazionale e faunistico. Il valore economico, naturalistico e scientifico delle zone umide è ormai riconosciuto a livello internazionale. Sono ambienti essenziali per la conservazione delle specie animali e vegetali che in questi habitat raggiungono valori massimi di diversità e di produttività fra tutti gli ecosistemi presenti sul Pianeta, ed inoltre svolgono funzioni importanti per l’accumulo delle acque, il controllo di piene e alluvioni, la produzione di risorse alimentari, la regolazione del clima, e costituiscono un patrimonio culturale ed educativo. Paragonabile ad una enorme biblioteca.
Come tutti i bacini idrici, l’Ofanto favorisce la presenza di un eccezionale assortimento di specie viventi che per varietà e ricchezza lo rendono, dal punto di vista naturalistico, una delle aree di rilievo della regione, nonostante gli interventi di bonifica e le deturpazioni a cui è andato incontro, soprattutto negli ultimi anni. La scuola, insieme alle istituzioni politiche deve essere in prima linea per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’opportunità di preservare il prezioso corso d’acqua. Con questo ambizioso proposito è partito il progetto: “Orizzonti d’acqua. Tutela e valore dell’oro blu” patrocinato dalla Regione Puglia che ha visto uniti in rete nove Comuni (Andria, Barletta, Bisceglie, Canosa, Corato, Minervino, Spinazzola, Terlizzi, Trani) e diverse scuole del nord barese. Il progetto è accompagnato da una Mostra fotografica itinerante dell’artista Pina Catino, presentata in anteprima presso la sala rossa del Castello di Barletta. Suddivisa in varie sezioni, la Mostra, si apre proprio con delle immagini dell’Ofanto di grande impatto emotivo che lasciano intravedere anche il degrado del corso d’acqua. “Nessun elemento come l’acqua - ha commentato la fotografa Catino - riesce a rappresentare eccellentemente la rete della vita, la connessione tra organismi ed ambiente e tra tutte le cose. Acqua come espressione di una natura che va difesa e condivisa”.
Il progetto ha offerto un valido pretesto per fare il punto sull’Ofanto. “Un corso d’acqua che oltre a unire i Comuni del nord barese accomuna la Puglia, la Basilicata e la Campania”, come ha ricordato il consigliere regionale Andrea Silvestri. “Bisogna ribellarsi alle situazioni di degrado profondo in cui versa l’Ofanto e per compiere un’azione efficace di tutela è indispensabile la sinergia tra istituzioni e la scuola può fare la sua parte” ha dichiarato il prof. Giuseppe Cannizzaro dirigente scolastico del liceo Statale “Fiore” di Terlizzi capofila del progetto. “Questo fiume può e deve diventare l’anima della nascente sesta provincia” ha ribadito Cosimo Strazzeri, dirigente scolastico della scuola media “De Nittis” di Barletta . Sulla rilevanza del ruolo delle istituzioni scolastiche è intervenuto anche Savino Saraceno, sindaco di Spinazzola.
“L’acqua è vita - ha dichiarato Silvia Liaci, presidente del Club Unesco di Barletta - miti e leggende fanno derivare l’uomo dall’acqua. Occorrono iniziative concrete per difendere l’ambiente che ci circonda e le sue risorse. A tale proposito il Club Unesco ha pensato di distribuire un artistico segnalibro a colori con immagini acquatiche molto suggestive e sul retro il testo della Carta europea dell’acqua del 1968”.
Roberto Rana, docente di merceologia delle risorse naturali presso l’Università di Foggia, ha illustrato una ricerca scientifica condotta qualche anno fa sulle acque dell’Ofanto. “Il fiume si divide in una parte alta non particolarmente bella, una parte mediana meglio conservata e un ultimo tratto che parte dall’insediamento industriale Fiat di Melfi e finisce con una foce altamente inquinata. In particolare nei pressi del Comune di Canosa, a causa di un depuratore insufficiente, le acque del fiume fanno registrare una concentrazione di batteri di origine fecale altissima. In quei pressi c’è persino chi va a pescare non rendendosi conto del gravissimo pericolo. Alla foce le cose migliorano leggermente anche se il mare funge da tappo e molte sostante non vengono smaltite. Talune volte in estate il fiume si prosciuga lasciando correre solo i liquami dei depuratori. Lo scempio operato dagli agricoltori, unito ai rifiuti ingombranti scaricati impunemente sono solo due esempi di cattiva gestione del corso d’acqua più rilevante della Puglia. A breve ci proponiamo di avviare una ricerca che analizzerà la presenza di metalli pesanti assai più temibile, in quanto l’Ofanto riesce in qualche modo a smaltire le sostanze biologicamente inquinanti, i batteri vengono decomposti ma sul fronte chimico è impotente”. Sarebbe auspicabile vi fosse oltre all’autorità di bacino che funzioni anche un organo parallelo dei cittadini che pungoli gli amministratori. “Qualche settimana fa -ha commentato l’assessore comunale Pietro Doronzo, moderatore del convegno - ci siamo incontrati con i rappresentanti dei paesi attraversati dal fiume per firmare un protocollo d’intesa che miri innanzitutto al riconoscimento regionale dell’Ofanto quale zona protetta”.
“ L’Ofanto, - ha commentato la biologa Daniela Ruggiero - ha come prerogativa la capacità di mantenere un’alta biodiversità, cioè un ambiente dov’è presente un numero elevato di differenti specie animali e vegetali. Se immaginiamo di passeggiare, accompagnati anche dalle artistiche fotografie in mostra, lungo il corso del fiume, risulta subito evidente che la monotonia del paesaggio agricolo viene a tratti rotto dalla presenza di file di alberi come pioppi, salici, ontani e querce che sottolineano in diversi tratti il percorso del fiume. Un chiaro adattamento a queste condizioni è espresso dall’ambiente del canneto. Nelle aree più interne e nei canneti, in cui la salinità dell’acqua è più bassa, fanno la loro apparizione piante che vivono quasi completamente immerse in questo elemento.
Ma gli animali rappresentano sicuramente l’aspetto più appariscente e più spettacolare dell’Ofanto. Tra tutti spiccano l’airone rosso, la bianchissima garzetta, la sgarza ciuffetto e il più grande airone cenerino. Tra le canne sostano le anatre e le nere folaghe che qui hanno trascorso il lungo inverno e si apprestano a nidificare. Altre specie invece sono in viaggio e si fermano qui solo per riposarsi un po’ e per rifocillarsi. Infatti, queste zone umide, fungono da aree di sosta e di ristoro, come dei confortevoli e fornitissimi autogrill per uccelli, lungo le autostrade del cielo.
Aguzzando un po’ la vista si possono notare, soprattutto nella bella stagione, molte specie di anfibi e di rettili: rospo comune e smeraldino, la rana e la Raganella, queste ultime tutelate dalle convenzioni europee. Tra i serpenti il biacco e la natrice dal collare, di rilievo la presenza della luscengola. Il ramarro è abbastanza comune mentre la testuggine palustre è stata riscontrata recentemente a Capacciotti.
Tra i pesci ritroviamo la carpa, il pesce gatto, oltre a tinche, cavedani e anguille che risalgono il fiume per la riproduzione. Di rilievo è la presenza di un endemita sub-italico che è l’alborella appenninica la quale è a rischio estinzione in quanto a causa di condizioni di degrado ambientale può ibridarsi con la rovella che è un altro pesce introdotto per la pesca sportiva.
Anche tra i mammiferi, l’esistenza di molte specie è strettamente dipendente dalle zone umide. Tra questi, la lontra, la puzzola e la volpe.
L’Ofanto rappresenta uno dei più importanti corridoi ecologici, che garantiscono ai diversi organismi zone di collegamento e quindi di passaggio da un’area naturale all’altra rendendo più ampi gli spazi a loro necessari. Purtroppo il bacino del fiume, specie nel tratto finale, è stato interessato anche recentemente da interventi dell’uomo, dal prelievo di acqua, di ghiaie e sabbia, che ne hanno cambiato la conformazione, e da immissioni di scarichi prevalentemente urbani ed agricoli, che hanno incrementato l’apporto di nutrienti. Fortunatamente la capacità rigenerativa naturale del fiume e la maggiore consapevolezza e competenza dell’uomo nella difesa dell’ambiente, possono trasformare un fiume sofferente in una risorsa fruibile e disponibile per le più disparate attività.
“L’Ofanto favorisce la presenza di un eccezionale assortimento di specie viventi che per varietà e ricchezza lo rendono, dal punto di vista naturalistico, un’area di rilievo regionale e nazionale”. Infatti l’on. Nicola Rossi insieme ai deputati Bonito e Piglionica ha presentato una proposta di legge d’“Istituzione del Parco Nazionale dell’Ofanto”.
Delicate poesie della scrittrice lucana Anna Santoliquido, improntate al tema dell’acqua, hanno chiuso la serata fornendo un’ulteriore magica chiave di lettura sul prezioso “oro blu”.

Marzo 2004

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