| La battaglia Schema topografico e cenni storici
  A - Lo schieramento iniziale Completati gli schieramenti, si fronteggiavano sul campo 86.000
                Romani (di cui 6.000 cavalieri) contro 50.000 Cartaginesi (di
                cui 10.000 cavalieri),
            i primi comandati dai consoli Lucio Emilio Paolo e Caio Terenzio
                Varrone, dai proconsoli Cneo Servilio Gemino e Minucio Rufo;
                i secondi da Annibale,
            Magone, Asdrubale, Annone e Maarbale. Fu la battaglia nella quale,
            più che in altre, rifulse il genio militare del Cartaginese.
 
 B - Lo sfondamento della fanteria al centro
 Completato lo schieramento, Annibale prese l’iniziativa e impartì un
            ordine secco e squillante. Levatosi un grido (clamore sublato), iniziò la
            battaglia.
 Il comandante cartaginese comandò alle due ali della cavalleria
            di attaccare gli squadroni romani, e alla fanteria gallo-iberica di
            avanzare al centro, mentre i fanti libici restavano arretrati, in attesa
            dello sviluppo dell’azione. Era il momento decisivo dello sviluppo
            strategico della battaglia.
 Mentre le fanterie romane cercavano di penetrare sempre più in
            profondità dentro il varco aperto dall’azione di sfondamento,
            le due cavallerie si davano battaglia sulle ali.
 
 C - La verticalizzazione dell’attacco romano e l’inizio
            dell’accerchiamento
 La fanteria romana, frattanto, al centro, ingagliardita dall’iniziale
            successo, nella poderosa spinta in avanti, aveva modificato l’assetto
            frontale iniziale, in una colonna che penetrava con la forza di un
            possente cuneo nelle file del nemico, sospinto verso sud sud-est, cioè verso
            l’area antistante il ponticello che oggi immette sulla strada
            che porta all’Antiquarium. Questo tratto di percorso, dall’inizio
            del combattimento sulla sponda del fiume, fino all’ingresso
            nei valloncelli di Canne (forse 5-600 metri in tutto), segnato da
            accaniti
            combattimenti e da un gran numero di morti da entrambe le parti.
 
 D - Completamento dell’accerchiamento e massacro finale
 Ormai l’accerchiamento era completato e Annibale badò che
            durante la manovra le forze cartaginesi fossero egualmente distribuite
            perché non si aprissero varchi alla fuga del nemico. Compressi
            in uno spazio che si faceva sempre più angusto, ostinati in
            una forsennata quanto vana resistenza, i legionari si accalcavano
            gli uni sugli altri, fra montagne di cadaveri e gemiti di moribondi,
            in
            una mischia gigantesca dove migliaia di corpi coprivano di sangue
            la pianura riarsa. In quella tragica confusione, era impossibile
            dare
            ordini.
 Per Roma fu la più spaventosa disfatta della sua storia Ad Annibale
            la vittoria diede la padronanza dell’Italia meridionale e la
            prospettiva di una lunga egemonia punica sul Mediterraneo. Ma era una
            prospettiva di corto respiro perché Canne, ricordata come la
            più cruenta delle sconfitte patite dalle legioni romane, segnò anche
            il momento saliente dell’epica lotta che per oltre un secolo
            avrebbe contrapposto le due maggiori potenze del Mediterraneo.
 Cenni tratti da Canne 216 a.C. La più grande battaglia dell’antichità,
            di Renato Russo, Editrice Rotas, Barletta, maggio 2001, pp. 72, e
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