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Bentornato Annibale? Non ancora

Una riflessione di Raffaele Nigro riapre uno spiraglio di luce sulle anemiche prospettive del futuro del sito.
Liana Bertoldi Lenoci, ovvero la lucidità del compromesso fra rigore scientifico e opportunità di ritorni turistici

Finalmente all’Antiquarium di Canne i responsabili della Sovrintendenza hanno rimosso gli scheletri dei gatti ed è ricomparso, al centro della saletta, il plastico del sito Cannense. Era ora.
Ma sull’unica parete, traccia ancora visibile della presenza del Barcide nel Museo, restano due gigantografie della riproduzione della battaglia assolutamente sbagliate, che ancora ci espongono alle critiche di quei pochi esperti che vengono a Canne a visitare i luoghi del famoso scontro. È così difficile fare ammenda dell’errore e rimuovere i pannelli? La chiave di volta per capire la localizzazione del combattimento è sapere che a quel tempo il corso del fiume era a 1000-1500 metri a settentrione, rispetto all’attuale alveo del fiume, così la battaglia si svolse sì alla sua destra, ma di quel fiume, non dell’attuale, come ci si ostina a credere, dimostrando di non essere al corrente delle conclusioni alle quali i topografi sono giunti oltre 50 anni fa!!!
Ma tornando ai gatti, sembrava che ce ne fossimo liberati, e invece, i loro pannelli sono stati ben inchiavardati nella saletta delle proiezioni, su entrambe le pareti, fino a coprirle quasi interamente!!!

Paolo Rumiz a Barletta
C’è da chiedersi perché tanto ostinato pervicace accanimento, proprio nei giorni in cui venivano a Barletta a parlare di Annibale e della memoria delle sue battaglie in Italia, Canne su tutte le altre, il giornalista Paolo Rumiz, e la docente Vincenza Morizio.
Perché ho scritto questo libro? Perché - ha spiegato Rumiz - sono stato contagiato dal grande cartaginese, famosissimo in Italia, in Europa e nel mondo. E per questo m’importa meno della specifica localizzazione della battaglia, rispetto al suo mito, che ha saputo trasmettermi con forza ipnotica.
E Vincenza Morizio: incuriosita dalla fama del personaggio, catturata dal suo carisma, attraverso le cronache di Tito Livio e di Polibio, risalendo a quei remoti eventi, l’anno scorso sono venuta qui a Barletta, d’estate, e nel suono assordante delle cicale, ho rivisto i luoghi… Mi dicono che mancherebbero le armi, ma è anche vero - ha aggiunto - che dopo le battaglie, nell’antichità, delle armi non restava nulla perché i morti erano depredati, e neppure tracce delle ossa che erano decalcificate dall’usura del tempo, (ben ventidue secoli!!). Del resto neppure della battaglia di Pirro, combattuta anch’essa in quei lontanissimi tempi, è affiorato nulla dal terreno, eppure nessuno si è sognato di metterla in dubbio. Ma a prescindere dalla precisa localizzazione del sito, attraversare queste contrade, leggendo Livio e Polibio sui luoghi della battaglia, vi assicuro che mi ha procurato un’onda emotiva straordinaria, e la suggestione è stata talmente grande, da non farmi accorgere di ciò che mi accadeva intorno…

Una riflessione di Raffaele Nigro
Qualche giorno fa, a Bari, ascoltando una conversazione di Raffaele Nigro, mi ha colpito una sua riflessione. Sentendo parlare scientificamente di luoghi storici, ha fatto notare ai presenti che il più delle volte, in Italia, dove si sono svolti famosi eventi, quello che conta, per le masse dei turisti, non è la perfetta scientifica ricostruzione degli avvenimenti, ma è la loro “mitizzazione” che ci precede e ci coinvolge, e faceva l’esempio del piccolo Comune d’Anghiari, in provincia d’Arezzo, dove nel 1440 si svolse una battaglia fra fiorentini e milanesi, guidati i primi da Gian Paolo Orsini e i secondi da Niccolò Piccinino, i quali ebbero la peggio. E dovete vedere - concludeva - con quanta convinzione gli abitanti di Anghiari ricostruivano la battaglia a beneficio di quei turisti che ogni anno si portano in quella cittadina per quella rappresentazione, più frutto di fantasia che di una vera rievocazione storica!
* * *
Raffaele Nigro ha messo il dito sulla piaga perchè purtroppo qui si confrontano due scuole di pensiero. Gli studiosi di Archeologia, come i funzionari delle sovrintendenze, tendono a radicalizzare gli esiti dei loro studi, limitandosi a prendere rigorosamente atto della presenza dei ritrovamenti sul sito in oggetto; mentre gli appassionati cultori di storia, tendono a valorizzare quei siti al di là della scientificità dei ritrovamenti, proprio come a Canne della Battaglia. Dove è vero che negli ultimi tempi non sono affiorate testimonianze di quello scontro, ma sono passati 2200 anni, mentre a Waterloo dopo appena 200 anni non si trovava più neppure il bottone di una divisa, come sull’Isonzo a cinquant’anni da quella cruenta battaglia non affiorava più dal terreno neppure il bossolo di un moschetto! E questo significa forse che quelle battaglie non sono state combattute?
La posizione ideale sul sito di Canne era quella tenuta da Raffaele Iorio, che pur essendo un convinto medievista, tuttavia riconosceva che quel sito non avrebbe avuto nessun futuro, fin quando non ci si fosse convinti che il successo di una sua massiccia frequentazione era riposto solo nella indiscutibile radicata annibalicità del luogo.
Un’altra studiosa che con grande saggezza e - mi sia consentito dire - con spiccato senso pratico, bene riesce ad armonizzare il rigore dell’esito dello studio sulle nostre antiche contrade, con la legittima aspirazione alla loro valorizzazione turistica, è Liana Bertoldi Lenoci, promotrice delle giornate canosine.
L’ultima parola? Credo spetti alla Pubblica Amministrazione, dalla quale è lecito aspettarsi una presa di posizione rispettosa dell’esito delle ricerche scientifiche sul territorio, ma altresì attenta alle successive prospettive di valorizzazione del territorio in termini di ritorni turistici e quindi economici ed occupazionali.

Renato Russo (novembre 2008)

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