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Signora napoletana operazione culturale o “Opa”?

Vivace il dibattito circa l’opportunità da parte del Comunedi acquistare o meno il quadro “Signora napoletana”, di Giuseppe De Nittis, attraverso una sottoscrizione pubblica

Come tutte le belle donne, per di più misteriose, anche la Signora Napoletana di Giuseppe De Nittis, in visione gratuita alla Pinacoteca di Barletta intitolata al suo autore, fa discutere, accende gli animi, coagula intorno a sé diverse “scuole di opinione” se non proprio di pensiero. È il suo modo civettuolo di farsi notare, di farsi corteggiare, di far parlare l’opinione pubblica, che adesso ha anche modo di conoscerla dal vivo, data la possibilità offerta alla città di Barletta dal suo proprietario, l’imprenditore Lino Tatò, di averla ospite dal 13 ottobre al 9 dicembre prossimo a Palazzo della Marra.
Tante le persone presenti all’inaugurazione, appunto il 13 ottobre scorso, fra rappresentanti istituzionali e della cultura, imprenditori, politici e semplici amanti dell’arte e della nostra città. A fare gli onori di casa, il Sindaco Nicola Maffei, la dirigente del Settore Cultura, Santa Scommegna, e la curatrice della Pinacoteca, Emanuela Angiuli, che ha descritto il quadro e le sue suggestioni, mettendo in rilievo la luce, quella luce straordinaria che solo De Nittis sapeva riprodurre, che avvolge l’anonima signora, le fa splendere le braccia, il volto e le mani, in contrasto con lo sfondo scuro e indefinito, tratto anch’esso tipico della pittura denittisiana.
Il ritratto, un olio su tela piuttosto grande (cm 95 x 75), fa parte di quei soggetti femminili tanto cari a De Nittis, e tanto richiesti dai galleristi e dai collezionisti dell’epoca, dipinto probabilmente tra il 1872 e il 1879, magari in uno dei soggiorni nella città del Vesuvio, che per Peppino rappresentava la seconda patria, e sicuramente il luogo fondamentale in cui si sviluppò la sua esperienza en plein air, la vena nuova, rivoluzionaria dell’epoca, fino all’approdo a Parigi e alla sua charmante mondanità.
In attesa di sapere se Signora Napoletana, da sempre di proprietà privata e dunque mai esposto al pubblico prima d’ora, attraverso l’acquisizione tramite una sottoscrizione popolare sarà parte integrante della collezione De Nittis presente in Pinacoteca, si sta svolgendo un dibattito fra opposte tifoserie, fra chi è assolutamente convinto della bontà dell’operazione e chi ne dubita o la osteggia apertamente. Dibattito cominciato già a giugno, con l’ipotesi di acquisto e poi di sottoscrizione da parte del Comune di Barletta, e rinfocolato dall’inaugurazione del 13 ottobre. Tante le argomentazioni a favore di ognuna delle tesi, tutte interessanti e degne di attenzione.
Tra i favorevoli, alcuni rappresentanti istituzionali - con il Sindaco Maffei a capo - dei quali si registra la volontà di incrementare il nostro già cospicuo patrimonio di De Nittis con un’opera inedita, “come un atto di omaggio della cittadinanza verso il famoso pittore barlettano a testimonianza di un naturale ed evidente orgoglio per Giuseppe De Nittis, fiore all’occhiello dell’identità artistica della città”, come si legge nella delibera di giunta n. 143 dello scorso 24 luglio, intitolata “Raccolta di fondi per l’acquisizione del ritratto Signora napoletana”. I contrari obiettano con argomenti generici (tutti quei soldi sono una fortuna, si potrebbero impiegare per riqualificare le nostre periferie o le nostre opere d’arte, tuona Marco Pedico sul blog di Beppe Grillo e dalle colonne della Gazzetta del Mezzogiorno) o specifici, come quelli del collega Nino Vinella che, in un comunicato stampa diramato subito dopo l’inaugurazione, paragona la sottoscrizione a un’opa (offerta pubblica di acquisto) piuttosto che a una raccolta di fondi. Il debito di riconoscenza verso Leontine Grouvelle De Nittis non è stato ancora colmato, argomenta Vinella, anzi siamo solo all’inizio di un’opera di promozione più generale ed articolata della collezione De Nittis ereditata dalla vedova, già ricca di suo senza bisogno di pagare un altro quadro che, seppur magnifico ed ammaliatore come ascoltato nella serata di presentazione, manca di una propria letteratura, cioè sfugge ad una critica consolidata come tutti gli altri. Chi davvero godrebbe allora dei benefici dell’opa su De Nittis a lunga scadenza? E inoltre, prosegue Vinella, per come l’ha impostata l’Amministrazione comunale, tutta la manovra dell’offerta pubblica di acquisto, benché carica di sentimenti abbastanza retorici e poco pratici, risulta carente di altri aspetti, come la possibile deducibilità fiscale dell’eventuale contributo, cosa che fa lo Stato quando è  l’attore principale, assolutamente negata agli Enti Locali.
Certo, la sfida è bella, e non facile. È indiscutibile che la cifra da mettere insieme (oltre 540.000 euro) è molto cospicua; d’altra parte non si comprende se sia più opportuno riqualificare le periferie o le opere d’arte, due destinazioni d’uso del denaro pubblico che è lapalissiano quanto siano diverse! Sarebbe interessante, invece, capire se davvero il quadro valga la cifra pagata dal generoso Tatò, se sia fra le cose più straordinarie di De Nittis o meno, se sia possibile impostare la sottoscrizione con i benefici fiscali, se la mancanza di letteratura derivi dal fatto che è stato sempre proprietà privata o dal fatto che - per quanto gradevole - non rappresenti un punto di snodo o un momento culminante della sua arte.
Noi lanciamo un’idea: mentre continua la raccolta di fondi - che sarebbe opportuno far conoscere con una tempestiva e puntuale comunicazione periodica circa la cifra raggiunta - si consultino esperti di settore di chiara fama, che possano dire parole autorevoli e definitive su tutti gli aspetti dell’operazione, e poi si riuniscano i cittadini in assemblee pubbliche di circoscrizione, e li si ascolti, si raccolgano le volontà, gli indirizzi, le opinioni. Si colgano gli spunti interessanti, si spieghi a tutti il senso dell’operazione, si faccia conoscere chiaramente qual è il progetto globale che giustifichi e sostanzi proprio “quell’acquisto” (ricordiamo che ci sono in giro centinaia di opere di De Nittis fra case d’asta, gallerie e mercanti d’arte), secondo un modello semplice ma efficiente, efficace e trasparente di democrazia partecipata. Chissà che il blog di Beppe Grillo non registri questo caso come un esempio di buona politica…..

Carmen Palmiotta (novembre 2007)

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