| LA DISFIDA RIDOTTA A UNA “GIOSTRA”? ABBIAMO TOCCATO IL FONDO
 Victor, una discutibile ricostruzione della sfida Nulla di nuovo ma racconti banalizzati nella deludente rivisitazione dell’episodio più famoso della nostra storia, sfrondato dei
            suoi elementi storici più esaltanti e coinvolgenti. Per Victor il certame non sarebbe una sfida, ma una “giostra”, cioè la gioiosa
            partecipazione di cavalieri ad un torneo, uscendone così stravolto e svilito il significato stesso della “Disfida di Barletta”. Deplorevole tentativo di delegittimare
            tutta la storiografia del Novecento
            Premetto subito che non sono prevenuto
            e che per anni sono stato discretamente
            appartato. Ma oggi per una esigenza di
            chiarezza mi vedo costretto ad intervenire
            soprattutto per due motivi: perché quelle
            che erano delle discutibili divagazioni
            personali, stanno diventando la posizione
            ufficiale della nostra amministrazione comunale
            e inoltre perché sono perplesso di
            fronte al persistente atteggiamento di supponente
            degnazione del dott. Rivera Magos
            verso tutti gli studiosi locali del Novecento
            spazzati via dal suo furore iconoclasta. Va
            bene, Victor, abbiamo capito, ti atteggi ad
            essere il più grande storico della città dopo
            Loffredo. Ma dove stanno i tuoi scritti?E in ogni caso, c’è proprio bisogno di
            ostentare le tue preclare qualità di studioso,
            in danno del lavoro compiuto dagli altri
            storici locali, defunti e contemporanei? (fra
            i primi ricorderò Francesco Saverio Vista,
            Benedetto Paolillo, mons. Nicola Monterisi,
            Vito Antonio Lattanzio, Michele Cassandro,
            Salvatore Santeramo a cui è intestata
            la locale Sezione della Società di Storia
            Patria, Oronzo Pedico, don Peppuccio Damato,
            i fratelli Giovanni e Anna Cassandro,
            don Franco Damato, Pietro Di Gaeta, Nicola
            Ugo Gallo, Raffaele Iorio, Duilio Maglio;
            e fra i secondi Michele Cristallo, Luigi
            Di Cuonzo, Giuseppe e Pietro Doronzo,
            Michelangelo Filannino, don Sabino Lattanzio,
            Esther Larosa, Ruggiero Mascolo e
            Rita Ceci, Giuseppe Savasta, don Salvatore
            Spera, Maria Pia Villani ed altri) senza
            dimenticare il contributo di associazioni
            come l’Archeoclub di Barletta. Forse un
            pizzico di modestia non guasterebbe.
 Evviva la modestia
            Qualche anno fa, al corrente che voi
            del Centro Studi Normanno-Svevi stavate
            dando vita nel Castello ad una biblioteca
            di libri sulla storia di Barletta, vi mandai undici miei volumi, fra i più significativi:
            sulla battaglia di Canne, sulla Disfida di
            Barletta, su Federico II, sui Templari, su De
            Nittis, su Valdemaro Vecchi, etc. tutti prefati
            da illustri docenti dell’ateneo barese e
            di altre università italiane. Me li rimandasti
            indietro il giorno dopo, motivando il rifiuto
            adducendo che non erano all’altezza dei vostri
            studi! Incredulo del deplorevole gesto,
            sorrisi del rifiuto e della motivazione, ma
            ci restai male più per te, che per me, perché            era certo un gesto sgradevole.
 Per ventidue anni ho approfondito l’argomento
            sul quale ho compiuto studi molto
            accurati e scritto diversi saggi. Praticamente
            almeno il 50% delle nostre università conoscono
            la disfida attraverso i miei studi,
            (lo dico senza presunzione ma come pura
            presa d’atto). Due studi in particolare mi
            limiterò a menzionare, uno sulla vera storia
            della Disfida alla sua quarta edizione e l’altro
            sulle fonti storiche e letterarie, quest’ultimo
            la sintesi di un lavoro - compiuto per
            il Comune di Barletta e su commissione
            del sindaco Salerno - nell’imminenza del
            V Centenario della Disfida (nel 2003). Naturalmente
            non mi sono limitato alla mera
            catalogazione del materiale raccolto: 22
            faldoni di documenti dati al Comune più            sei di documenti cronologizzati a partire
            dal 1503 e aggiornati fino ai giorni nostri.
 E inoltre circa 130 volumi e 70 fra edizioni
            della Disfida e saggi monografici. Senza
            contare gli articoli, oltre cento, pubblicati
            in quarant’anni sul Fieramosca e (recentemente)
            anche sulla Gazzetta del Mezzogiorno,
            come la recente ricerca sull’adolescenza
            di Ettore Fieramosca. Senza dire,
            sul piano storiografico, dell’ultimo saggio
            su Anonimo Autore di Veduta (e relativa
            riproduzione anastatica), così come, sul
            piano scolastico, mi piace ricordare la capillare
            diffusione in tutti questi anni presso
            le scuole elementari e medie, di cui la
            recente affollata manifestazione nella Sala
            Rossa con la FIDAPA rappresenta l’ultima
            testimonianza (il 18 febbraio u.s).
 
 Una “lectio magistralis” priva
            di attestazioni documentali
 Per questo, dovete comprendere le mie
            perplessità quando non ho trovato traccia
            della documentazione scritta del nostro storico:
            un articolo sul Fieramosca del settembre
            2006 (dove la sfida viene appena sfiorata)
            ed un secondo articolo otto anni dopo
            sulla Gazzetta del febbraio 2014. Quindi,
            quest’anno, ho letto i resoconti della “lectio
            magistralis” tenuta alla libreria Cialuna
            da Victor Rivera Magos.
 Che delusione, la banalizzata ripetizione
            di luoghi comuni triti e ritriti nel corso
            degli anni con una variante, cioè la chiave
            di lettura degli stessi, tutti interpretati in
            una prospettazione ostile alla città e alla
            sua tradizione storico-folcloristica, l’unica
            capace di attivare ritorni turistici (senza il
            travisamento naturalmente dell’ordito storico
            principale!).
 Così la cantina non è il luogo della reale
            sfida (bella scoperta, ma è il luogo più            richiesto da visitare da parte dei turisti); il
            personaggio centrale della Disfida di Barletta,
            non è più Ettore Fieramosca, ma la
            prima “lezione” tenuta da Rivera Magos,
            del suo ciclo di conferenze, è stata incentrata
            su Consalvo da Cordova, dove il nostro
            eroe passa in secondo piano!!! (e invece
            la straordinarietà di Ettore è che non fu un
            comune mercenario, ma nobile di casato e
            di sentimenti, ideale modello di riferimento
            dei nostri ragazzi!!!); l’iscrizione sul lato
            della Cattedrale si riferirebbe alla battaglia
            di Cerignola (eppure è detto con molta chiarezza            “in Barletta”) come del resto hanno recentemente dimostrato
            Michelangelo Filannino e
            Giuseppe Doronzo; al ritorno
            vittorioso dalla Disfida
            non ci sarebbero stati festeggiamenti
            (mentre tutte
            le cronache del tempo - a
            cominciare dal Guicciardini
            - convergono sulla entusiastica
            euforia con la quale i
            cavalieri vittoriosi furono
            accolti in città).
 
 Il Certame
 E il Certame? Abbiamo sentito dalla
            viva voce di Victor la precisazione che non
            di una sfida si sarebbe trattato, ma di una            “giostra”!!! Di una giostra? Ma la giostra,
            come recita il Devoto-Oli, “è una gara di
            abilità e destrezza nel combattere a cavallo,
            talvolta sinonimo di torneo”!, cioè fatta
            per puro divertimento perlopiù fra cavalieri
            sotto la stessa bandiera, e comunque, anche
            se fra compagini diverse, sempre in spirito
            gioioso e cavalleresco!
 Ma in questo modo verrebbe svilita tutta
            l’impostazione patriottica della sfida per
            l’onore delle armi italiche e il romanzo non
            avrebbe senso. E come se non bastasse, per
            ridimensionare ancora di più la Disfida, Victor
            precisa che di simili giostre se ne facevano
            tante a quel tempo sul nostro suolo. Ma allora,
            se il certame come dice Victor, fosse una
            semplice, comune giostra, non esisterebbe più            alcun motivo di celebrare il combattimento!!!
 E salterebbe così anche tutto l’impianto narrativo
            dell’Anonimo Autore di Veduta che esalta
            l’episodio, riportando la corrispondenza fra
            Ettore Fieramosca e Guy de la Motte!!!
 Insomma, provate a immaginare, a settembre,
            un certame privato di tutti gli ingredienti
            ammantati di una coinvolgente
            esaltazione irredentistica quale determinò            il successo del romanzo di d’Azeglio nel
            1833 e quale infiamma i nostri cuori ancora
            oggi! Sfrondati di questi valori, che ci resterebbe?
 una arida ricostruzione che ci restituirebbe
            le ceneri di una leggenda.
 Rivera Magos parla della Disfida come
            del “noto avvenimento che ha reso Barletta
            famosa nel mondo”… e crede veramente
            che sia diventata famosa nel mondo con la
            sua impostazione riduttiva e asettica?
 Il che non esclude che uno studioso locale,
            con una discreta conoscenza delle carte
            sulla Disfida, possa cercare di indagare puntigliosamente
            sui fatti così come si sarebbero
            svolti, ma a quanto hanno riferito numerosi
            ascoltatori dalla sua magistrale lezione, non
            solo nulla di nuovo è emerso dal suo impianto
            narrativo rispetto a quanto già non si
            conoscesse del passato sul celebrato scontro,quanto quelle stesse cose sarebbero
            state interpretate in
            maniera distorta.
 Io credo che le due sfere,
            entrambe del filone storiografico,
            possano coesistere: da
            una parte la tradizionale ricostruzione
            della grande storia
            della disfida, ammantata però            di racconti che senza alterarla,
            ne esaltino però il significato            “anche” in chiave di
            ritorno turistico. Dall’altra il
            puro rigore ricostruttivo storiografico
            (ammesso che sia
            tale e ne dubitiamo), che da una parte sfrondi
            quella storia del suo retroterra leggendario, e
            dall’altro ci avvicini a tematiche interessanti
            anche se non di grande attrattiva, come può            essere lo studio dell’importanza dell’olio al
            tempo della disfida o la interpretazione paleografica
            dei documenti del tempo, o l’uso
            delle armi nel Cinquecento e così via, tutti
            argomenti che però non centrano la festosa
            ricostruzione della Disfida così come si è trasformata
            in leggenda conosciuta nel mondo.
 L’attacco scriteriato
            al busto di Federico II
            Due riflessioni conclusive. Prima. Ribadisco
            che non mi sarei
            sognato di intervenire
            sulle cose dette da Rivera
            Magos, se non fosse stato
            per la provocatoria affermazione
            che fin qui, dopo
            Loffredo, non ci sarebbero
            studi sulla città e sul territorio.
 Ma si rende conto
            Rivera Magos, di demolire
            in questo modo un secolo
            di studiosi, l’intero Novecento?
 A cominciare da
            quel Salvatore Santeramo
            che dà il nome all’associazione
            di Storia Patria
            di cui egli stesso è socio?
 (gli suggerirei di consultare il poderoso
            volume BARLETTA NEI LIBRI curato
            dal prof. Ruggiero Mascolo per scoprire
            quanti studiosi barlettani hanno scritto su
            Barletta). A parte il fatto che da una nostra
            indagine, su 90 personalità del mondo culturale
            cittadino, solo tre ci hanno confidato
            di aver letto il Loffredo (uno dei tre è il
            sottoscritto). Perché solo Sabino Loffredo?
 Perché credo che, riandando indietro
            nel tempo, sia l’unico a non fare ombra al
            nostro studioso, tanto non è letto da nessuno!
 Gli altri? Tutti spazzati via. Dunque la
            storia di Barletta comincerebbe da Victor
            Rivera Magos! Mi sembra una pretesa insostenibile.
 Seconda riflessione, Victor non è nuovo
            a questo accanimento interpretativo contro
            la storia della città, basti pensare alla convinzione
            che il busto di Federico sia “una cretaccia
            da gettare nella discarica degli inerti”.
 Insomma nell’immondezzaio. E se fosse pure
            plausibile il dubbio sulla sua autenticità, dal
            momento che c’è l’unanime consenso degli
            storici di tutto il mondo che quello sia il “probabile”            busto di Federico II, perché proprio
            noi barlettani dovremmo accanirci contro
            questa attribuzione? (a conferma di questo
            orientamento, basta consultare le cento e passa
            biografie di Federico II, compresa l’ultima
            trilogia della Treccani curata da Cosimo Damiano
            Fonseca).
 Ricordo l’intervento che fece il prof. Licinio
            nell’Aula Magna del Liceo Classico quando
            dissacrò il busto del sovrano, suscitando incredulità            e sgomento fra ragazzi e professori.
 Meno male che ci pensò a rimediare il prof.
            Arcangelo Leone De Castris il
            giorno dopo quando esordì al
            convegno su Federico II a Palazzo
            della Marra: “Beati voi
            che avete la fortuna di poter
            vantare di avere l’unico busto
            al mondo di Federico II!”.
 Lo stesso dubbio, qualche
            anno fa, per la ipotetica barba
            di Federico in occasione dell’VIII
            Centenario della nascita:
            se rappresentarlo con la barba,
            enfatizzandolo alla maniera di
            Walter Molino, oppure (come
            sosteneva qualche inflessibile
            studioso) riprodurlo com’era
            ridotto negli ultimi tempi della sua vita? cioè            calvo e glabro, senza un dente e ingobbito? Ma
            signori miei - esclamò il sindaco di Andria al
            convegno dove sorse il dubbio - e voi vi aspettate
            300mila turisti per siffatto personaggio?
 Se il criterio di legittimazione storiografica
            per tutti i personaggi e gli eventi storici fosse
            questa, che disastro, povera Italia turistica! E
            Barletta? Staremo a vedere.
 E poiché mi piace essere propositivo, raccogliendo
            la proposta di un incontro conciliativo
            tra di noi, proporrei di estenderlo agli studiosi
            locali (sempre che Victor si ricreda sulla
            nostra esistenza), per un confronto sereno, non
            lesivo delle nostre prospettive di rilancio culturali
            e turistiche cittadine e territoriali.
 Renato Russo(marzo 2015)
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