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Le città dei 13 campioni

A quel tempo l’Italia era divisa per signorie, principati o reami, per cui ogni sfidante era individuato attraverso la sua città di origine. Cominciando dal più rappresentativo dei nostri eroi, Fieramosca da Capua. Ai tempi del Fieramosca la città fu sottoposta ad un inaudito massacro ad opera delle bande del Valentino, al seguito dell’esercito francese; basti dire che furono passati per le armi, sugli spalti delle mura, circa novemila difensori, fra soldati e cittadini. Se Fieramosca scampò all’eccidio, fu perché quell’anno (1501) accompagnava il re Federico d’Aragona in esilio, in Francia. Di Capua era peraltro anche Ludovico Abenevole. Ettore morirà nel 1515 a Valladolid, in Spagna; Ludovico finirà i suoi giorni a Teano, in Campania.
Campano era anche, e precisamente di Napoli, Marco Corollario, del quale, in verità, abbiamo poche notizie. Molto di più sappiamo della città, al tempo capoluogo del Regno che prendeva il nome dalla stessa città che costituì oggetto, nel corso delle guerre combattute fra Francesi e Spagnoli, di aspre contese. Occupata dai Francesi di Carlo VIII nel 1495, dopo le battaglie di Garigliano e di Gaeta, passerà a Ferdinando il Cattolico re di Spagna, che vi insedierà come viceré proprio Consalvo da Cordova, il comandante in capo delle truppe spagnole in Italia, e che in quel momento iniziale della guerra, aveva fatto di Barletta la sede delle sue attendistiche strategie militari. Ancora campana è la città di Sarno, in provincia di Salerno, che diede i natali a Mariano Abignente, fra quei cavalieri che ritroveremo in quasi tutti i campi di battaglia degli anni successivi alla Disfida. La sua città, memore del valore del suo eroe, gli ha dedicato un monumento con le fattezze di un nobile cavaliere.
Quanto alla nostra regione, ben due città avrebbero dato i natali ad altrettanti cavalieri, Troia e Spinazzola. Abbiamo usato il condizionale perché per entrambi i casi gli storici hanno manifestato qualche perplessità. Di Troia era Miale, al secolo Ettore de Pazzis, nobile famiglia della quale è stato ritrovato persino lo stemma gentilizio su un altare rinascimentale del luogo. Anche Guicciardini propendeva per l’origine troiana di Miale, perché talvolta fu ospite di una sua sorella in quella città, dove ne fu informato. Di Spinazzola - ma quest’appartenenza è più controversa - sarebbe Capoccio, che nasconderebbe Giovanni Gasparino, figlio di Pietro, spinazzolese per quanto di origini romane. La tradizione attribuisce al Capoccio la fama di più forte campione dopo il Fieramosca.
Spostandoci adesso in Sicilia, ci imbattiamo in due città Palermo e Sutera, l’una grande e famosa, l’altra piccola e poco nota, che hanno dato i natali rispettivamente a Guglielmo Albamonte e Francesco Salamone. Palermo, all’epoca, non era nel circuito delle grandi e sanguinose conquiste dei principali regnanti del tempo e per questo scampò ad un devastante assedio. Si vuole che un figliolo dell’Albamonte abbia sposato poi Costanza, sorella del Fieramosca. La sicura origine palermitana dell’Albamonte, è confermata dalla tomba del padre Giovanni, conservata nella chiesa di San Giuseppe, a Palermo.
Di Sutera, in provincia di Caltanisetta, era Salamone, che però, fin da giovanissimo, si arruolò in compagnie di mercenari spagnoli o italiani. Dopo aver combattuto sui campi di battaglia di mezza Italia, non ritornò in Sicilia, ma si stabilì a Roma dove pare abbia avuto anche problemi con la censura, per via di certi sonetti contro il Papa. Sutera non si è dimenticata di lui e nel 1903 gli ha dedicato una targa epigrafica.
Risalendo al nord, troviamo nel Lazio ancora due cavalieri, rispettivamente di Roma e Genazzano, Giovenale e Brancaleone. Il primo era molto amico di Capoccio, col quale lo troveremo coinvolto in molte battaglie del tempo al servizio di numerosi capitani, fra cui Alfonso d’Este, duca di Ferrara.
Brancaleone, il più pittoresco fra i Tredici, era molto legato ai Colonnesi, dei quali, nella sua città, era - com’è tuttora - il grande palazzo. E la sua città lo ricorda ogni anno, con manifestazioni rievocative assai vivaci, con grande partecipazione di popolo.
E per finire, gli ultimi due eroi della nostra passeggiata per i campi di battaglia di quell’eroico inizio XVI secolo. Pietro Riccio e Tito detto il Fanfulla, rispettivamente di Soragna e Lodi.
Soragna, in provincia di Parma, ha ricordato il suo eroe con una lapide del 1888, nella quale, in verità, i suoi concittadini, lo chiamarono Riccio da Parma, per dargli una maggiore notorietà. Morì a Parma, e la città decretò il lutto cittadino, a conferma della sua notorietà.
Quanto a Fanfulla, anch’egli valoroso e distintosi su numerosi campi di battaglia, è uno degli eroi più amati dalla propria città di origine, Lodi, che gli ha dedicato un giornale abbastanza noto, “Il Fanfulla”, battagliero come solo poteva essere, sul finire del secolo scorso, un periodico intitolato ad un prode cavaliere della Sfida. Ma non basta. Il nostro eroe ispirò a Massimo d’Azeglio il personaggio principale per un altro romanzo storico, il Niccolò de Lapi.
Per Romanello da Forlì, vedere l’articolo pubblicato sul numero del Fieramosca

Dopo un lungo vagabondare per i campi di battaglia di mezza Italia, rincorrendosi al servizio ora di quel principe, ora di quel sovrano, alla fine i Tredici si dispersero, andando ciascuno incontro al suo destino. Dimenticati per lungo tempo, rinati dalla penna di Massimo D’Azeglio, in questi giorni si rincontrano, dandosi appuntamento nel fossato del Castello di Barletta, pronti, ancora una volta, ad incrociare le spade, per tenere alto l’onore delle armi italiane.

Davide Giampetruzzi (Settembre 2003)

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