Venticinque anni dopo, la vendetta
Prima che la situazione politica col trattato di Lione del 1504, si
stabilizzasse nel Mezzogiorno, a favore della -Spagna, avvenne ancora
un sussulto, un estremo tentativo, da parte dei Francesi,- di riprendersi
il Regno di Napoli. E fu così che cinque lustri dopo la vittoriosa
disfida, i Francesi si presero la loro rivincita. Più che di
una rivincita, si trattò di una vendetta nei confronti della
città di Barletta. Capitolo interessante, per la nostra storia,
perché protagonisti ne furono personaggi noti anche al Sacco
di Roma nel 1527. Ma vediamo come andarono le cose.
Ai primi del 1527 l’armata spagnola, costituita in prevalenza
da mercenari tedeschi (i terribili lanzichenecchi), al comando del
conestabile Carlo di Borbone, s’apprestava ad assediare Roma.
L’imperatore Carlo V, prima che accadesse l’irreparabile,
mandò in missione -Cesare Fieramosca (fratello di Ettore) per
cercare un estremo tentativo di composizione con papa Clemente VII.
La mediazione fallì e la città fu sottoposta ad una terribile
devastazione restata famosa col nome di Sacco di Roma. Il papa affidò la
difesa della città a Lorenzo Orsini dell’Anguillara, più noto
come Renzo da Ceri, mentre Carlo di -Borbone nominò suo luogotenente
generale e governatore della città una nostra vecchia conoscenza,
Guy de La Motte, passato dalla parte degli Imperiali.
A quel punto Francesco I di Francia, facendosi interprete dello sdegno
generale per quest’attacco scellerato alla città eterna,
scese in campo presentandosi come difensore della cristianità,
mentre in realtà diede ordine a Odette de Foix, visconte di
Lautrec, di tentare la conquista del Regno del Sud. Dopo aver messo
sotto assedio Napoli, nella primavera del 1528, con l’altra metà dell’esercito,
Odette scese in Puglia, ma si ammalò gravemente e morì lasciando
il comando delle milizie a Renzo da Ceri.
Per dar man forte alle città pugliesi filospagnole, in procinto
di essere investite dall’avanzata francese, Cesare Fieramosca
chiese l’aiuto del fratello Guido che sopraggiunse con 2000 fanti
lombardi, ma mentre Manfredonia li accolse nelle sue mura (e il loro
provvidenziale intervento la salverà), Barletta, per non corrispondere
il prezzo del loro arruolamento, li respinse, decisione della quale
la città pagherà presto le conseguenze. Infatti, mentre
Guido andava a rafforzare la difesa di Manfredonia e Cesare ad- -imbarcarsi
a Posillipo per veleggiare incontro al suo funesto destino, da ultimo,
come non -bastasse, il governatore spagnolo Charles de Lannoy richiamava
a Napoli anche la guarnigione di stanza a Barletta, per fortificare
la capitale del Regno sotto assedio da parte delle-- -soldatesche francesi.
Così per Renzo da Ceri fu più facile aver ragione di
una città indifesa.
Barletta in un primo momento sembrò subire l’occupazione,
ma allontanatosi nell’estate del 1528 il da Ceri per portarsi
anch’egli all’assedio di Napoli, i cittadini reagirono
e occuparono il castello scacciandone la guarnigione francese. Quindi
sprangarono le porte, munirono i bastioni e si -apprestarono alla difesa.
Rientrato in autunno, il da Ceri, per vendetta, sottopose la città ad
una violenta rappresaglia (novembre 1528). Non riuscendo infatti ad
avere ragione della città murata, devastò i due quartieri
restati ancora sguarniti di mura, S. Antonio e S. Vitale, incendiandone
case e chiese, equandola al suolo, come ebbe ad esprimersi un cronista
del tempo.
Renato Russo (Settembre 2003)
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