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E ADESSO PASSIAMO A DEMOLIRE ANCHE FEDERICO II, COMINCIANDO DAL SUO BUSTO

Non bastava che qualche “intellettuale” innescasse una chiave interpretativa riduttiva della Disfida di Barletta, declassata a una “bisboccia fra ubriaconi consumata in una sordida cantina”; non bastava la perseverante convinzione di chi sostiene l’inesistenza della battaglia di Canne… a Canne! Non bastava l’intenzione di privarci del museo tradizionale (uno dei più cospicui della Regione Puglia), a beneficio di un museo virtuale, contestato dalla totalità dei barlettani… Ci mancava solo che qualcuno cercasse di toglierci anche la paternità del busto marmoreo del Castello che la generalità degli studiosi attribuisce a Federico II…
A sostenerlo? Quelli stessi che noi ospitiamo al Castello! Commento dell’allora direttore della Gazzetta, Lino Patruno: I barlettani? sono adusi a farsi male da soli.
In questo periodo è andato in libreria un volume del giornalista lombardo Marco Brando sulla figura di Federico II, dove il sovrano è più volte pesantemente ridimensionato, ai limiti del dileggio, e i meridionali (noi pugliesi in particolare) accusati di nutrire per il monarca staufico una vera infatuazione, frutto di “ignoranza” (come distorta conoscenza) della reale figura dell’imperatore. A sostenere storiograficamente il cronista del “Corriere della Sera” (che infatti lo cita spesso) è il prof. Raffaele Licinio, docente di storia medievale presso l’Università di Bari.
Come faccia il prof. Licinio a reggere la presidenza del Centro di Studi Normanno-Svevi, mosso dall’intento di demolire la figura di Federico ogni volta che ne parla in pubblico (come lui stesso si vanta compiaciuto nell’introduzione al testo di Brando), è problema suo e di chi gli ha affidato questo ruolo. Ma attaccare i pugliesi che avrebbero fanatizzato il sovrano svevo perché “ignoranti” (nel senso latino, cioè di “non conoscere” la vera biografia dell’imperatore); oppure ottenere dal Comune di Barletta che il suo Centro Studi venga ospitato nel nostro Castello e che gli venga assegnato anche un contributo per le sue attività accademiche, e poi utilizzare queste liberalità per irridere all’attribuzione del busto marmoreo del sovrano, uno dei motivi di attrazione dei turisti per il nostro maniero (la stessa “Gazzetta del Mezzogiorno” nel riportare gli interventi sull’Imperatore ne ripropone quasi sempre l’immagine), credo sia affar nostro e ne parliamo in questo articolo con animo sgombro da pregiudizi.
Parlar male di Federico certo si può, ma quelli che l’hanno fatto fin qui, pur tacciandolo di tirannide e di esosità fiscale, partivano però dal presupposto che Federico fosse “il più grande dinasta dell’Occidente”, come recita il sottotitolo della  biografia federiciana del compianto prof. F. M. De Robertis, noto esponente della corrente antifedericiana, il quale, in ogni caso, non si è mai sognato di tirare in ballo la “creduloneria” del popolo pugliese, un’accusa immotivata e gratuita, in ogni caso esagerata e provocatoria.

R. R. (gennaio 2009)

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