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FEDERICO II RE DI SICILIA
A PALAZZO DELLA MARRA IL SOVRANO E I SUOI SUDDITI

Federico II di Svevia, re di Sicilia, è tornato a passeggiare per le strade di Barletta. Sì, tornato, perché lo svevo nella città ofantina ci ha passeggiato a lungo, in vita, e tuttavia post mortem è stato trasportato in altri lidi. La provocazione con la quale apro l’intervento sul Fieramosca di questo mese, nonostante io stesso sia parte in causa, è non a caso più politica che retorica, e cercherò di spiegarla nello spazio di poche righe. Il 19 e 20 ottobre scorsi a Palazzo Della Marra si è svolto il Convegno Internazionale di Studi Federico II nel Regno di Sicilia. Realtà locali e aspirazioni universali, durante il quale storici italiani e tedeschi hanno discusso di Storia, analizzando la figura del sovrano svevo nei suoi disparati rapporti con la sua corte. La corte è quella del Regno di Sicilia e delle sue “realtà” più o meno locali: le città, il mondo ecclesiastico e, seppure con una prospettiva indiretta, quello feudale. I protagonisti indiscussi sono stati vescovi, cives, monasteri e funzionari i quali, per una volta, hanno offerto le loro voci ai relatori per descrivere lo Stato federiciano e le condizioni di vita cui erano sottoposti sotto lo svevo.
Il risultato che ne è venuto fuori è un coacervo di intrecci economici, tendenze particolari, aspirazioni universali che, passando per i casi dei Vescovi, del monastero di Montevergine, delle comunità cittadine siciliane e continentali, dei funzionari regnicoli e delle loro “carriere”  (tra i quali i Della Marra di Barletta), fino al famoso caso documentato della città-nuova di Altamura, hanno consentito di aggiungere un ulteriore tassello all’analisi della figura del sovrano e della sua idea di Stato avviata ormai da un ventennio dalla comunità scientifica. Analisi che sta gradatamente descrivendo un imperatore nuovo, spogliato finalmente dal macchiettismo esoterico-templare e dalla datata visione tardo positivista per vestire i panni più consoni del re che intendeva manifestare ea quae sunt, sicut sunt, le cose per quello che sono, come egli stesso fece scrivere nel Proemio del De arte venandi cum avibus, celebre opera sulla falconeria.
A Barletta, grazie all’intesa tra Comune e Centro di Studi Normanno-Svevi che va avanti ormai da un anno, si sono alternati alcuni degli specialisti più in vista del settore, a cominciare da Cosimo Damiano Fonseca al quale il sindaco, Nicola Maffei, e il direttore del Centro, Raffaele Licinio, hanno consegnato un riconoscimento. Assieme a loro Hubert Houben, don Faustino Avagliano (direttore dell’archivio della Abazia di Montecassino), Michael Matheus (direttore dell’Istituto Germanico di Roma), Grazia Distaso, Kristjian Toomaspoeg, Francesco Panarelli, solo per citarne alcuni. Ad accompagnarli le presenze del Vescovo di Trani-Barletta-Bisceglie, mons. Giovan Battista Pichierri, e di Silvia Godelli, assessore al Mediterraneo della Regione Puglia, alla quale si deve l’apertura dei lavori nella giornata di sabato 20 ottobre oltre che un appassionato discorso di incoraggiamento a incanalare le energie verso la Cultura, quella con la C maiuscola, fatta di studio, fatica, ricerca, professionalità, aperture, e non solo di turismo, come molto spesso invece accade. In questo senso va premiata la scommessa di Barletta e dell’amministrazione Maffei, la quale sulla cultura ha puntato grande parte della propria programmazione, e dalla cultura si aspetta crescita, consapevolezza, senso civico. Oggi finalmente, dopo aver ribadito con forza la centralità politica che durante il Regno federiciano ebbero città quali Barletta, Brindisi, Foggia, sottolineata nel discorso di apertura dal sindaco Maffei e ribadita in chiusura di lavori dallo stesso Fonseca, possiamo essere in grado di riprendere in mano un percorso avviato spesso e mai sostenuto in passato. Quello del finanziamento alla ricerca sulla storia territoriale, che troppo spesso in passato è stato affidato ai singoli senza un supporto da parte delle amministrazioni o degli enti istituzionali. Anche questo è il senso delle giornate di convegno che è solo il primo passo del passaggio di Barletta da città sospesa di se stessa a città ben calata e radicata nelle proprie origini, come la presenza della Signora Napoletana di De Nittis nella stessa sala del convegno dimostra. È il senso dei piedi piantati a radicare la storia, e mi si scuserà se per una volta sono io a citare don Gino Spadaro.
Le giornate sono state dunque un successo. E si sono chiuse con un atto di omaggio intelligente, sensibile, l’omaggio da parte dell’Editrice Rotas alla biblioteca del Centro di Studi Normanno-Svevi di Bari, di alcuni volumi sulla storia federiciana pubblicati dalla casa editrice barlettana. Anche questi sono gesti che servono e che dimostrano ancor di più la vitalità di un territorio finalmente pronto a serrare il passo sui temi della Storia e della Cultura.

Vicotor Rivera Magos (novembre 2007)

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