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La cantina sperimentale di Barletta

 

 


“Cantina Sperimentale di Barletta”
SALVIAMO IL SALVABILE

Sono uno di quei barlettani che per necessità professionale a metà degli anni Cinquanta sono emigrati altrove, senza peraltro smettere di seguire le vicende della propria città d’origine.
La notizia della decisione ministeriale di chiudere la storica Cantina Sperimentale di Barletta mi ha amareggiato, ma non sorpreso.
Infatti nella mia ricerca storica intitolata “LA CANTINA SPERIMENTALE DI BARLETTA. 1879-1967” edita dalla Rotas tre anni fa, avevo già illustrato le iniziative burocratiche governative che già all’epoca miravano a smantellare il nostro storico istituto.
Nella Gazzetta del Mezzogiorno dell’ottobre 2014, il direttore della Cantina, prof. Raffaele Lovino aveva illustrato efficacemente i meriti acquisiti dall’Istituto a beneficio del progresso del nostro settore vitivinicolo, nel corso della sua ultracentenaria esistenza.
Ritengo doveroso, a beneficio del lettore comune poco informato, ricordare i traguardi e i riconoscimenti acquisiti dalla Cantina Sperimentale di Barletta in campo locale e nazionale. Già a soli cinque anni dalla sua istituzione, nel 1884, la Cantina Sperimentale riceveva una medaglia d’oro alla Esposizione Internazionale di Torino.
Tra il 1888 e il 1908, visti i risultati raggiunti, l’allora Ministero dell’Agricoltura aveva menzionato la nostra Cantina Sperimentale come “prototipo” per l’apertura di nuove sedi in altre regioni a vocazione vitivinicola, quali Sicilia (a Riposto), Lazio (a Velletri) e Toscana (ad Arezzo).
Sia detto per inciso, la prima sede della Cantina Sperimentale fu il Castello di Barletta, quindi (dal 1888) Palazzo Criscuoli in via d’Aragona (non era naturalmente l’attuale palazzo). Dal 1900 al 1947 fu Palazzo Picardi, su via G. De Nittis (di fronte all’ex Banca Commerciale), quindi la sede fu trasferita nella palazzina Reichlin, oggi occupata da uffici comunali. Ma torniamo alla storia della Cantina.
In Puglia, data la rapida crescita in Capitanata, della produzione di uve pregiate, il direttore prof. Gustavo Notàri realizzava l’apertura di sezioni staccate della nostra Cantina a Cerignola (1928) e a San Severo (1930). In quel periodo veniva istituito e diffuso un Bollettino periodico di informazione tecnico-commerciale, a uso degli operatori del settore.
Per quanto concerne Barletta, dal 15 marzo al 15 giugno del 1926 il direttore Gustavo Notàri organizzò una “Esposizione internazionale di macchine agricole”. Il successo fu tale da indurre le autorità regionali ad istituire a Bari, nel 1930, la Campionaria “Fiera del Levante”.
Degna di essere ricordata è la autorizzazione ministeriale del 1924 che definiva la Cantina Sperimentale di Barletta “ente morale consorziale autonomo” e quindi la rendeva una istituzione “parastatale”.
Ciò comportava che le spese di gestione del nuovo ente venissero sostenute solo in parte dallo Stato, mentre il completamento del fabbisogno era a carico degli enti pubblici e privati locali “consorziati”.
Al Consiglio di Amministrazione partecipavano quindi rappresentanti di tali Enti che eleggevano il presidente pro tempore della istituzione. Uno dei più influenti fu don Luciano De Martino Norante, noto esponente dei viticoltori locali. Fra i direttori, il siciliano Gustavo Notàri dal 1914 al 1934 e il dott. Mario Mattia, direttore dal 1937 al 1979, promotore e poi estensore disciplinare - nel 1963 - della DOC “Rosso Barletta”. È stato l’ultimo direttore della Cantina Sperimentale prima che l’ente perdesse definitivamente - nel 1967 - la sua denominazione d’origine quando la Cantina Sperimentale dopo aver perso il finanziamento per il Centro Addestramento, venne trasformata in sezione periferica dell’ISE (Istituto Sperimentale per l’Enologia). Fra i più solerti funzionari ricorderò il dott. Domenico Monterisi decano dei chimici in servizio nel laboratorio della Cantina Sperimentale della quale fu anche vice direttore.
Quanto anzi detto, dovrebbe influenzare le decisioni sulla destinazione del bene consorziale derivante dal procedimento ministeriale di dismissione. Tanto più che la quota parte derivante dai contributi dei consorziati dovrebbe, a rigore, avere una destinazione da essi stabilita e non dal ministero o suo delegato.
Di tali beni quanto meno si dovrebbero almeno salvare - a beneficio di Barletta - quelli di valore culturale e storico per la cittadinanza e per il territorio circostante, e cioè: circa 5000 tra volumi e pubblicazioni di grande valore scientifico-tecnico della biblioteca aziendale; la raccolta bisecolare di tralci con grappoli d’uva conservati in formalina ed etere, provenienti da vitigni del territorio ofantino; la collezione delle tele dell’artista barlettano Di Stefano.
Occorrerebbe una sala adatta alla fruizione dei beni scientifici e culturali summenzionati da destinare alla valorizzazione storicoculturale della nostra collettività. Richieste al ministero che non mi sembrano proprio “la luna nel pozzo”, che ritengo anzi possano essere appoggiate dalle associazioni del nostro territorio, al di là di
ogni appartenenza ideologica o politica!

Michele Di Monte
(aprile 2016)

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