UN SECOLO FA NASCEVA ISIDORO ALVISI
  Un sindaco molto amato e stimato. Consigliere provinciale e presidente
              dell’Ente Autonomo Acquedotto Pugliese
            
          Isidoro Alvisi è stato soprattutto un grande
              amico: amico degli operai della sua azienda, amico dei suoi concittadini
              di Barletta, amico dei dipendenti dei vari Enti che egli ha diretto,
              amico di quanti nel duro lavoro del partito a lui si rivolgevano”. È un
              breve stralcio dell’orazione tenuta dal segretario provinciale
              della Democrazia Cristiana, dott. Vito Lattanzio, in occasione dei
              funerali del sindaco Alvisi stroncato da infarto il 6 gennaio 1956.
              Semplice la ricetta del suo successo, politico ma soprattutto personale: “La
              sua innata bontà e signorilità era a base di questo
              suo grande cuore, è altresì indiscutibile che una schietta
              impronta evangelica ha dato un profondo motivo di vita a tutta la
              sua opera”.
              Di questa figura, altamente significativa per la storia locale,
              ricorre il centenario della nascita. Infatti Isidoro Alvisi nasce
              a Barletta
              il 15 aprile 1905, da madre barlettana e padre di origine romagnola.
              Laureato in Economia e Commercio nel 1928, partecipa alla gestione
              dell’azienda vinicola di famiglia contribuendo in maniera determinante
              allo sviluppo della produzione vitivinicola del territorio. Chiamato
              a svolgere il servizio militare frequenta la scuola ufficiali congedandosi
              da tenente. In seguito alla scomparsa del padre, con i fratelli Rinaldo
              e Paolo, prende le redini dell’Azienda vinicola. Nel contempo
              frequenta il gruppo locale dell’Azione Cattolica e il circolo
              cattolico “Leone XIII”. Nel 1930 si sposa con Tatina
              Scuro, nipote di Luigi Scuro, fondatore e presidente della Cementeria. È proprio
              quest’ultimo, insieme a mons. Nicola Monterisi, a invitare
              il giovane Alvisi ad entrare in politica nelle fila del Partito Popolare.
              In quegli anni viene richiamato alle armi e inviato in Africa e
              a fine campagna gli è conferito il titolo di “Cavaliere
              della Corona d’Italia”. Con lo scoppio della seconda
              guerra mondiale viene richiamato con il grado di capitano e partecipa
              alla campagna di Grecia con le truppe insediatesi a Rodi Egeo. Dopo
              l’Armistizio, viene fatto prigioniero dai tedeschi in ritirata
              da Barletta e deportato in Germania. Alvisi, rifiutandosi di aderire
              alla Repubblica Sociale, subisce l’umiliazione dei lavori forzati
              e resta in mani nemiche per circa due anni.
              Al ritorno in Patria, avvia l’organizzazione della Democrazia
              Cristiana e alle prime elezioni democratiche viene eletto sindaco
              ottenendo un ampio consenso popolare. Sotto la sua amministrazione
              sono realizzate opere di fondamentale importanza per il rilancio
              dell’economia e dello sviluppo cittadino; tra queste ricordiamo
              il primo sottovia ferroviario, che all’epoca si chiamava “ponte
              di Barbarisco” e che poi fu ribattezzato con il suo nome; la
              costruzione del nuovo quartiere popolare dedicato alle “Medaglie
              d’Oro”; il rifacimento della rete idrica e fognale cittadina;
              la teleferica del sale, che trasportava il prezioso prodotto dalle
              saline di Margherita di Savoia al porto di Barletta; il palazzo dell’INA.
              Conclusa l’esperienza di primo cittadino, nelle elezioni provinciali
              del 1952, è eletto consigliere provinciale e in seguito vice
              commissario al Consorzio di Bonifica Premurgiana. È nominato
              segretario amministrativo della Democrazia Cristiana e successivamente,
              su indicazione di Aldo Moro, gli viene conferito il prestigioso incarico
              di presidente dell’Ente Autonomo Acquedotto Pugliese. In quest’ultima
              carica prodiga tutte le sue energie contribuendo al risanamento del
              bilancio dell’Ente e potenziando l’approvvigionamento
              idrico della Regione con nuove fonti potabili. Impegno apprezzato
              dal Capo del Governo, Scelba, che gli attribuisce l’onorificenza
              di “Grande Ufficiale della Repubblica Italiana”.
“
              Nell’adempimento di tutti questi compiti di alta responsabilità -
              si legge sulla cronaca de La Gazzetta del Mezzogiorno dell’8
              gennaio ’56 - la sua forte fibra, che già risentiva
              del doloroso periodo trascorso in prigionia, era stata sottoposta
              a gravi sforzi ed ha poi ceduto all’attacco di una grave malattia”.
              Notevole impressione sulla cittadinanza destò la prematura
              scomparsa dell’amato sindaco: “perciò alla sua
              salma è stato tributato unanime plebiscito di affetto - prosegue
              La Gazzetta - l’intera città ha atteso sul corso il
              passaggio del feretro ed ogni attività lavorativa è stata
              sospesa”.
          Marina Ruggiero (giugno
                2005)
          
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