Giovan Battista Chieffi,  nato a Barletta nel 1858, non rappresentò un esempio di artista consolidato né  fu un illustre personaggio, ma un semplice protagonista della vita sociale di  questa città.
                La sua famiglia era originaria di Bagnoli Irpino (Napoli), dove il  padre, Antonio, nato nel 1812, di professione negoziante, aveva sposato Angela  Scarabino.
                Nel 1852 nacque il primo figlio, Domenico e nel 1853 la famiglia  si trasferì a Barletta dove nacquero altri figli: Genovina (1854), Angelo  (1856), Giovan Battista (1858), Angela Maria (1860) e Giuseppe (1865), di cui  non sappiamo molto ad eccezione delle date di nascita, di matrimonio, di morte  e, per alcuni, della professione. Nel 1898 Giovan Battista sposò Maria  Mutojanni, vivendo una vita ordinaria e serena, dalla quale ebbe quattro figli:  Palmira Angela (1899), Teodoro (1901), Corinna (1903) e Adriano (1905). Non  sappiamo per quale motivo, ad un certo punto della loro vita, presumibilmente  intorno al 1921, la famiglia di Giovan Battista si trasferì a Foggia.
                Si può solo supporre che le motivazioni fossero legate alle sue  esigenze professionali, in quanto ispettore assicurativo di un importante  Istituto denominato “La Fondiaria” di cui fu, per anni, l’agente responsabile  di zona.
                Barletta fu una città serena e ospitale per il nostro disegnatore  il quale, nel suo piccolo, ne fornì, attraverso i ritratti di alcuni personaggi  dell’epoca, un’immagine lieta e vivace.
                Giovan Battista Chieffi, si è detto, non fu un artista di  professione, ma il suo talento fu altrettanto straordinario. La sua arte, a  lungo nell’ombra, ha immortalato celebri personaggi politici e uomini comuni  che vissero a cavallo tra il XIX e il XX secolo.
                Egli si compiacque di realizzare i suoi disegni in privato,  lontano dai clamori e dal successo, non conoscendo, peraltro, per quanto sia  dato sapere, fama e riconoscimenti. Le sue caricature furono tratteggiate su  fogli di carta canson tinta e disuguale, rifinita al meglio per essere  sistemati in successione come le pagine di un libro. A tal proposito è utile  menzionare il foglio rappresentante il Cav. Novi (scheda n. 11 della raccolta),  il cui verso riporta il timbro datato dell’agenzia assicurativa “La Fondiaria”  per cui Chieffi lavorò.
                Questo elemento rappresenta un interessante particolare, che ha  contribuito notevolmente alla datazione dell’opera, ma è anche una  testimonianza della sua grande capacità di adattamento all’uso di carta non  necessariamente canonica.
                Si può affermare, con relativa certezza, che si tratta di carta  industriale quasi sicuramente realizzata a macchina, per la quale, un discorso  a parte meriterebbe la questione delle filigrane, un argomento su cui porre  maggiore attenzione in futuro. Chieffi creò, in questo modo, una raccolta  costituita da 107 fogli, su ognuno dei quali (ad eccezione di alcuni) è  rappresentato un personaggio.
                Egli raffigurò i protagonisti della vita pubblica o tutti quelli  che in qualche modo solleticarono la sua fantasia e la sua inventiva. Insieme  alla raccolta, Chieffi compilò anche un elenco di nomi dei personaggi  raffigurati, il cui numero trova il corrispondente tra le pagine dell’intera  serie.
                Approssimativamente i disegni furono realizzati tra il 1879 e il  primo ventennio del Novecento. Ciò che più sorprende è l’impensata capacità  dell’autore nell’uso dello strumento grafico e, dal momento che si ignora la  sua formazione artistica, tale qualità risulta ancora più sorprendente.
                Con tutta probabilità fu un autodidatta che seppe utilizzare il  mezzo grafico, evidentemente per lui più accessibile, in maniera semplice e  divertente. La sua tecnica e soprattutto il suo stile risultano attuali e del  tutto in linea con le maggiori tendenze del tempo che si diffusero tra la fine  dell’Ottocento e i primi anni del Novecento.
                Le figure sono chiare e distinte, ognuna diversa dall’altra, ma a  loro modo legate da un sottile segno comune, alcune con tratti lineari e sommari,  altre estremamente precise e ricche di dettagli, altre ancora, arricchite da  leggere e tenui gradazioni cromatiche. La grafica di fine Ottocento riprese e  portò al consenso alcuni strumenti artistici quali la penna, l’inchiostro di  china e la gouache, che consentivano una delineazione più rapida e netta dei  tratti. La velocità del segno, e di conseguenza la modernità dell’immagine  disegnata, incontrò non solo il gusto dei contemporanei, ma soprattutto, rese  pienamente lo spirito e il ritmo della vita moderna.
                Chieffi, che non frequentò abitualmente teatri e caffè concerto  come i suoi più illustri colleghi napoletani, romani o parigini, seppe rendere  le sue figure protagoniste di un teatro sì più modesto, ma comunque vivace,  come quello sociale e politico dell’ambiente cittadino.
                Attraverso questa rassegna di uomini più o meno illustri si compie  anche una gustosa carrellata nel mondo della moda e del costume di fine secolo,  un aspetto che sarebbe opportuno approfondire in seguito. Gli anni della sua attività  furono quelli in cui lo sviluppo e la diffusione di nuovi materiali diedero  nuovi impulsi alle arti figurative che attraversarono, in maniera frenetica e  inquieta, l’età umbertina e confluirono nell’inedito stile Liberty.
                Chieffi fu l’esponente locale della belle époque, realizzando  “macchiette” agili e gustose, dal taglio vivace ed elegante. I suoi personaggi  non sono statici, ma sorpresi nell’atto di incedere, nella maggior parte dei  casi, o di maneggiare qualcosa in pochi altri esempi. In quegli anni l’uso del  disegno come mezzo di supporto, ma anche come linguaggio parallelo della carta  stampata, contribuì notevolmente allo sviluppo di un tipo di illustrazione  rapida e immediata. Molte di queste pubblicazioni furono il banco di prova per  numerosi artisti, ma soprattutto le pagine su cui essi si confrontarono a  livello teorico e pratico. Tra i tanti ricordiamo il napoletano Fortunino  Matania (Napoli 1881 - Londra 1963), la cui attività di illustratore per alcune  riviste di Milano e Londra fu tra le più apprezzate del tempo.
                È più che probabile che Chieffi avesse letto, o quanto meno  sfogliato, alcuni di questi periodici, circostanza che rende plausibile il suo  lavoro, altrimenti inspiegabile in una città come Barletta, attiva e operosa,  ma pur sempre ai margini dell’attività artistica di rilievo. L’altra  caratteristica determinante, che costituisce una novità assoluta per il  contributo artistico locale, è l’uso del disegno a fini caricaturali.
                Con la collezione di caricature di Chieffi, opera unica dell’artista,  fino a questo momento, la nostra città può vantare un degno rappresentante  nella storia della grafica del Novecento.
                L’aspetto comico dei personaggi coinvolge tutti i protagonisti,  manifestandosi in maniera più accentuata in alcuni, mentre per altri è quasi  impercettibile.
                Si tratta di un’ironia buffa e leggera che, anche nei casi più  spiccati, non risulta mai volgare o sgradevole. L’ingegno dell’autore tende a  mettere in risalto, attraverso deformazioni ed esagerazioni dell’aspetto  fisico, quelli che, nella sua fervida immaginazione, vedeva anche come difetti  caratteriali.
                E chi meglio di un agente assicurativo discreto, ma solerte  conoscitore dei vizi e delle qualità, delle ossessioni e dei capricci della  gente, poteva raffigurare l’indole privata di questi uomini?
                La sua fu un’attività artistica sobria e delicata, data da un  genere di caricatura seria e composta, come quella alle origini della  caricatura moderna, una caricatura che si realizza e si esaurisce ancora  nell’individuo e non nel tipo, come avverrà in seguito nella caricatura  contemporanea.
                Essa fu realizzata, supponiamo ad uso e consumo intimo e  familiare, restando ignota anche dopo la morte dell’autore, avvenuta nel 1932.
                Nel 1936 la vedova, Maria Mutojanni, decise di donare la raccolta  al Comune di Barletta. Il podestà dell’epoca, ing. Guido Spadavecchia, nel  ringraziarla del bellissimo omaggio offerto alla cittadinanza, s’impegnò a far  custodire l’opera presso la Biblioteca Comunale, dove è stata gelosamente  conservata, ma non adeguatamente valorizzata sino al 2002.
                A seguito del progetto di riunificazione di tutto il materiale  cartaceo non libraio iniziato negli anni Novanta, anche questo lavoro è stato  oggetto di un interesse maggiore.
                Prima dell’attuale sistemazione dei fondi cartacei nella  Biblioteca sita nel Castello, infatti, i documenti erano conservati  separatamente, in parte nella precedente sede della Biblioteca (nei locali  situati nell’edificio del Teatro Comunale), in parte presso Palazzo della  Marra.
                La  raccolta Chieffi è stata sottoposta all’attenzione della Direzione del Castello  che ha predisposto una sistemazione più consona dei fogli e uno studio  approfondito del suo contenuto e dei suoi protagonisti, nella speranza di dare  al concittadino il giusto riconoscimento e il degno risalto alla sua inedita  opera.
               (gennaio 2009)
              
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