| MARIO DI
                LEO:
                il poeta dell’”amor
            prigioniero” Al notabile e poeta Mario di Leo o De Leo, come riporta mons. Santeramo, è stata
              dedicata la via che va da piazza Plebiscito a via Santa Marta. Il testo
              che offre maggiori spunti per ricostruire la sua vita è un manoscritto
              di mons. Salvatore Santeramo: “Storia delle nobili famiglie barlettane”,
              conservato nella locale Biblioteca e riscoperto di recente, grazie
              al testo di Renato Russo: “Barletta nel ‘500 al tempo della
              Disfida e della dominazione spagnola”.
 Secondo tale manoscritto De Leo nasce nel 1514 nell’attuale corso
              Vittorio Emanuele, ha sicuramente almeno due fratelli Giovanni e Pietro
              Antonio e due sorelle Maddalena e Contella, alle quali fornirà la
              dote per il matrimonio.
 Giovanetto prende lezioni dal maestro Francesco Taddeo de Taddeis
              e si laurea in legge nel 1536. Rapida è la sua carriera nelle
              principali cariche comunali: dapprima come consigliere e poi come priore
              dell’Università, “una volta è citato anche
              come sindaco - sottolinea il canonico - e altre volte il consiglio
              accetta il suo parere nei pagamenti che l’Università stessa
              esegue”. Si reca spesso a Napoli e in altre città per
              conto del Comune ma anche per curare affari di privati.
 Il 21 novembre 1545 nella chiesa di S. Maria Maggiore sposa Laudonia
              de Pomis, che porta in dote 1000 ducati e un ricco corredo. Nel
              frattempo De Leo si fa apprezzare come arbitro imparziale dirimendo
              numerose
              controversie e come responsabile della Dogana di Barletta scrive
              anche un libro “degli apprezzi dell’ufficio del Portulano di
              Puglia”.
 La sua notorietà è legata però ad un altro scritto,
              un poema in ottava rima, composto nel 1538: “Amore pregionero.
              Nel quale dimostra quanto siano poche le forze d’Amore”,
              molto apprezzato dal Ceci, dal Parente e dal filosofo Benedetto Croce
              perché “è utile per la storia del costume e della
              letteratura di quel tempo, e appartiene a quell’abbondante serie
              di cataloghi della società muliebre che dimostrano la galanteria
              cavalleresca del governo spagnuolo con adulazione cortigiana”.
              Il protagonista dell’opera è l’autore stesso che,
              perso nel labirinto di Amore che ha sede nel golfo di Napoli, incontra
              diversi personaggi. In particolare fungono da guida e consiglieri il
              suo maestro Taddeo e un cavaliere barlettano, che mons. Santeramo ipotizza
              possa essere della famiglia De Gennaro. De Leo affida ai versi il ricordo
              del fiume Ofanto e del Gargano, della sanguinosa battaglia di Canne,
              della superba vittoria dei 13 cavalieri italiani nella celebre Disfida
              e della distruzione di Barletta ad opera di Renzo da Ceri nel 1528.
              Ma le sue rime sono dedicate soprattutto alle numerose donne, di cui
              tesse lodi e virtù, che con molta probabilità ebbe modo
              di conoscere personalmente. “Più di cinquanta sono le
              figure che egli tratteggia da Margherita d’Austria, figlia di
              Carlo V, alla De Gennaro di Barletta”. Mons. Santeramo puntando
              l’attenzione sui documenti locali dell’epoca, ritiene di
              aver individuato la casata di alcune di quelle dame: “il poeta
              parla di Beatrice Loffredo, perché un Mario Loffredo è Portulano
              di Puglia in Barletta nel 1536. Dà notizia di Ippolita e Caterina
              Toralto, perché i Toralto sono i padroni del lago di Salpi e
              Signori di Polignano. Parla di Lucrezia, Elianora e Faustina Caracciolo,
              perché un Marcello Caracciolo è nel 1533 castellano del
              Castello di Barletta.
 E poi: Antonia del Balzo ha proprietà in Barletta, Giovanna
              Carolina è conosciuta, perché moglie di Mario Loffredo…”.
 Della scomparsa di De Leo abbiamo notizie indirette, un contratto
              lo chiama in causa come procuratore il 23 luglio del 1548, ma poiché l’anno
              dopo la moglie Laudonia convola a seconde nozze con Ettore Pappalettere, è da
              ritenersi che il poeta dovesse essere morto tra la fine dell’estate
              e gli ultimi mesi del 1548.
 di Marina Ruggiero << vai all'indice del
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