| I cento anni di un maestro
 Mauro Di Pinto al traguardo di un secolo  la sua adolescenza e il busto di Baldacchini
 Del maestro Di Pinto, degli anni della sua maturità si è  scritto tanto. Non basterebbero le pagine dell’intera rivista  a raccontare la sua lunga intensa esistenza, per cui questa  volta vogliamo ricordarlo invece nei suoi primi anni, da quando  frequentava le scuole elementari presso la d’Azeglio (era stata  costruita da poco) e sentì parlare per la prima volta - e gli restò  impresso - il nome di mons. Salvatore Santeramo come di un appassionato  studioso della città. I genitori di Mauro conducevano  una locanda, in piazza Roma, ad angolo con via Roma, nei locali  oggi occupati da una ferramenta. Terminate le scuole elementari,  il padre avrebbe voluto che il ragazzo gli desse una mano nel servizio,  in sala, ma Mauro, oltre ad essere molto bravo e studioso,  aveva anche una particolare predisposizione per il disegno, così la  mamma convinse il genitore a iscriverlo alla Scuola di Avviamento  Professionale in via Pappalettere, nei locali dell’ex convento di  Santa Lucia.  Tra i docenti ve ne erano due che Mauro non dimenticherà mai,  il prof. Pasquale Ceci di disegno e mons. Salvatore Santeramo di  religione, che proprio in quegli anni aveva pubblicato una Guida  illustrata della città di Barletta che il giovane Mauro volle acquistare  e che lascerà nella sua memoria un ricordo incancellabile. Il busto di Francesco Saverio BaldacchiniDurante il corso triennale Mauro, un ottimo studente, mostrò  una particolare attitudine non solo per il disegno e la pittura, ma  anche per la scultura nella quale di tanto in tanto si cimentava. Era  accaduto che nella primavera del 1929 mons. Santeramo aveva pubblicato  un testo, La famiglia Baldacchini durante la rivoluzione  francese, dov’era tratteggiata la figura del grande letterato e al prof.  Ceci - per far cosa gradita all’amico - venne una bella idea. Ricordando  le sue attitudini di scultore, chiamò il giovane Mauro Di  Pinto e additandogli il ritratto di Baldacchini appeso alla parete, alle  sue spalle, gli chiese a bruciapelo se non se la sentiva di realizzare  un busto del grande letterato e patriota barlettano. Mauro accettò di  eseguire il lavoro con la tecnica del tutto tondo, per lui nuova, mentre  fino allora si era cimentato con la sola tecnica del bassorilievo.  Il docente allora fece venire da Andria due quintali di argilla  già “pronta” e incaricò il prof. Gimignano, insegnante di falegnameria,  di approntare un cavalletto girevole.  Preparata ogni cosa e disposto il quadro sulla struttura di appoggio,  il professore spiegò preliminarmente all’allievo come  costruire l’armatura col sistema delle crocette. Racconta Mauro:  “Modellavo con ritmo frenetico, il lavoro mi appassionava. Una  volta Ceci entrò inaspettatamente nella stanza e con sguardo indecifrabile,  tenendo la pipa con la sinistra, e con la destra accarezzandosi  la fluente barba bianca, commentando quel primo  abbozzo, esclamò: “Divertiti, divertiti”, e andò via. Compresi di aver imboccato  la strada giusta e proseguii
  con  maggior lena. Provavo simpatia  per questa figura che andavo plasmando  con la creta: sguardo sereno,  folta chioma di capelli, lunghe  basette mosse, abito di stoffa  pesante., Il professore ritornò e  avvedendosi che il lavoro procedeva  spedito, suggerì di rendere  più morbide le basette e viste le  mie perplessità, modellò lui stesso  con un pastello di argilla la  parte sinistra consigliandomi di  intervenire sul particolare solo  con le unghie, senza altri arnesi.  Fu la sua unica interferenza: il suo metodo d’insegnamento  infatti si basava più sul suggerire, che sull’agire; risistemai l’altra  basetta e dopo qualche ritocco alla cravatta e al vestito, portai  a termine il ritratto. Prima di tradurlo in gesso, il busto andava  continuamente inumidito per evitare spaccature da essiccazione.  Ero intento a tale verifica, quando nell’aula entrarono il professor  Ceci e il canonico Santeramo che si complimentava con me per  la somiglianza tra la tela e il busto, e poi per la mia giovane età,  (avevo infatti appena 19 anni). ‘Bravo figliuolo, un bel lavoro,  i tuoi genitori ne saranno fieri’. Sorrisi timidamente e mi sentii  particolarmente gratificato.  Due anni dopo (1931) busto, a totale carico del Comune per  le spese, fu trasferito in gesso alabastrino dal formatore Savino  Santoro, esposto in Corso Garibaldi in un locale della Saim mentre  io ero al servizio militare, e inaugurato nell’Aula Magna della  scuola, presenti gli alunni, il prof. Ceci, il corpo docente, il podestà  Peppino Lamacchia: oratore ufficiale, il canonico Santeramo,  presentato dal preside prof. Nello Luciani.  La relazione sarà poi stampata col titolo: Francesco Saverio  Baldacchini e la scuola1 .  Mentre ero in servizio di leva a Trieste, mi raggiunse questo  telegramma: Inaugurato busto Baldacchini, presenti alunni, collegio  professori et autorità. Vivi complimenti. Ad maiora. Preside  Nello Luciani.  Dieci anni dopo, il busto di F. S. Baldacchini fu distrutto con  raffiche di mitra da alcuni soldati neozelandesi. A fine guerra,  e dopo la riapertura della scuola, i resti del busto in gesso, per  disposizione del nuovo preside Coratelli, verranno utilizzati per  scrivere sulla lavagna”. 
            
              
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                | 1921. Mauro Di Pinto a otto anni | 1930. Scuola di Avviamento “Baldacchini”, in via Pappalettee. Il diciannovenne  Mauro Di Pinto ci andava spesso a trovare il suo maestro di disegno Pasquale  Ceci, che un giorno lo invitò a realizzare, da un ritratto appeso in direzione, una  scultura del Baldacchini, al quale allora era intestata la scuola. Gli inglesi occupanti,  nel ‘44, la mitraglieranno in una delle sale della Scuola di Avviamento,  dove era esposta, per cavarne gessetti. | 1932. Scuola di Avviamento Professionale  “S. Baldacchini”. La scuola era ubicata  nel monastero di S. Lucia, con ingresso  da via Pappalettere. Da sinistra:  l’alunno Giuseppe Fiorella, l’insegnante  di falegnameria Gimignani, il preside  Nello Luciani, il professore di disegno  e plastica Pasquale Ceci, l’insegnante  di meccanica e l’allievo Mauro Di Pinto  che a quel tempo aveva già realizzato  numerose sculture per la scuola. |  
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                | Mauro Di Pinto a diciotto anni | Il maestro Mauro Di Pinto davanti al busto di mons. Salvatore Santeramo (1953) | 1938. Amici dell’Arte e della Storia Barlettana a Canosa  presso l’arco di Varrone. Da sinistra: 1. Francesco  Faggella; 2. dott. Vito Lattanzio; 3. avv. Michele  Tresca; 4. Prof. Vincenzo De Stefano; 5. prof. Basilio  Samos; 6. prof. Giuseppe Dell’Ernia; 7 prof. Michele  Cassandro; 8 prof. Sabino Castellano; 9. dott. Michele  Tarantino; 10. prof. Mauro Di Pinto |  
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 Domenica 19 ottobre 2008. Giardini del Castello, inaugurazione del busto di mons. Salvatore  Santeramo. Da sinistra il maestro Mauro Di Pinto, il presidente della locale Sezione  di Storia Patria per la Puglia Pasquale Pedico, S. E. mons. Giovan Battista Pichierri, il  sindaco di Barletta Nicola Maffei (Fotorudy) |  
                | Il busto del prof. Michele Cassandro (1955) |  
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                | Il busto del dott. Vito Lattanzio (1959) |     _________________1)-S. SANTERAMO, Francesco Saverio Baldacchini e la scuola.  Barletta, Tip. Scuola arti e mestieri, 1934 diretta da Teodoro Giannone,  ubicata all’interno dello stesso ex convento di Santa Lucia.
 
 
 Renato Russo(novembre 2012)
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