| NICCOLÒ FRAGGIANNIUomo di legge e di scienza,
          fu tra i barlettani più illustri
 Uomo di grande intelligenza, di ottima levatura intellettuale
            e spirituale, abile nel destreggiarsi tra
            uomini e situazioni, di eccellente preparazione giuridica.Tutte qualità ancor più rimarchevoli quando si pensi che
            gli capitò di vivere ed operare in un momento storico di
            grande dinamismo e fervore intellettuale, il Settecento, e
            in un’area geografica, il meridione d’Italia, che nello stesso
            periodo assisteva ad importanti rivolgimenti politici.
 È il secolo della transizione dall’Ancien Regime alla
            modernità, è il Secolo dei Lumi, in cui iniziano ad essere
 messi in discussione i principî assolutistici sui quali si fondano
            le strutture del potere dispotico e i dogmi della fede
            che sostengono le istituzioni religiose; in cui prendono
            corpo e cominciano a circolare idee come libertà ed uguaglianza
            sociale, diritti umani, laicità dello Stato, pensiero
            razionale e scientifico; in cui si compiranno rivolgimenti
            sociali e politici come la Rivoluzione Industriale e la Rivoluzione
            Francese. Il secolo di Vico, di Giannone, di Voltaire, di
            Montesquieu, di cui il Fraggianni sicuramente conobbe le opere. Il secolo che vede capitale dell’Illuminismo italiano proprio Napoli,
            in cui il Nostro prevalentemente visse ed operò.
 All’inizio del secolo, nel 1707, le truppe degli Asburgo d’Austria
            conquistano il Mezzogiorno d’Italia e ne scacciano i Borbone
            di Spagna. Il Regno di Napoli passa così sotto la dominazione
            austriaca, affidata ad un vicerè, che durerà 27 anni, fino al 1734,
            quando, in seguito alla vittoria conseguita a Bitonto dagli Spagnoli
            sugli Austriaci, il Regno, che assume il nome di Regno
            delle Due Sicilie, torna ai primi sotto Carlo III di Borbone. È in
            questo contesto storico che si inserisce la vicenda umana e professionale
            del giurista Niccolò Fraggianni.
 Per ricordarne le tappe più significative, lo vediamo, giovane
            avvocato, assumere nel 1715 la carica di Avvocato fiscale presso la
            Regia Udienza di Lucera, Tribunale civile e penale con vasta giurisdizione
            sulla Puglia e sul Molise, davanti al quale esercita per nove
            anni, con equilibrio, intelligenza e profondo senso della giustizia, le
            funzioni di Avvocato erariale e di Pubblico ministero.
 Nel 1724 è nominato Segretario del Regno presso il Consiglio
            Collaterale, supremo organo giurisdizionale del Regno di Napoli,
            di cui nel 1733 è chiamato a far parte come Consigliere.
 Il ritorno dei Borbone comporta l’allontanamento del Fraggianni
            da Napoli, ma non per ragioni punitive; Carlo III, infatti, nel 1734
            lo manda in Sicilia come Consultore del Vicerè Corsini, col compito
            di sovrintendere alla giustizia ed agli affari più rilevanti.
 Lo stesso sovrano lo richiama nel 1740 nella Real Camera di
          S. Chiara (che nel frattempo ha sostituito il Consiglio Collaterale,
          assumendo anche funzioni consultive e di cancelleria del Regno),
          questa volta come Caporuota (diremmo, oggi, come Presidente di
          Sezione di quel Supremo Tribunale). Carica che conserverà fino
          alla morte (1763), ma alla quale si aggiungeranno, di volta in volta,
          specifici ed importanti incarichi, come quelli di Delegato della
          Real Giurisdizione, Prefetto dell’Annona, relatore del Concordato
          con la Santa Sede.
 Amplissima è la produzione di opere e scritti che il Fraggianni
          ci ha lasciato, a preziosa testimonianza della sua attività
          pubblica, dei suoi studi e, sia pure in misura molto minore, della
          sua vita privata.
 Lo studio di questo enorme patrimonio documentale ci restituisce
          la figura di un tipico giurista europeo dell’Ancien Regime,
          vale a dire di un esponente di spicco di un’élite che, attraverso
          l’elaborazione legislativa, giurisprudenziale e dottrinale del diritto
          nelle cariche più prestigiose degli apparati ministeriali e giudiziari
          europei, domina l’intera organizzazione statale, mostrando
          come il diritto e la scientia juris rappresentino ancora - sebbene
          sempre più contrastati - uno strumento essenziale del potere; in
          altre parole, l’espressione più rappresentativa e prestigiosa di
          quel che nel Regno di Napoli andava sotto il nome di “ministero
          togato” ed in Francia di “noblesse de robe”. Con i giuristi d’oltralpe,
          del resto, Fraggianni mantenne rapporti intensi e continui,
          essendo le sue “consulte” (gli atti del suo ministero giurisdizionale
          o consultivo) ben note e ricercate in tutta Europa.
 Egli, però, non fu insensibile alla modernità. Anzi, per tutta
          la sua vita intellettuale ed istituzionale cercò di conciliare “tradizione”
          e “ragione”, sforzandosi di dimostrare la compatibilità
          del sistema monarchico assolutista con lo “Stato di diritto”. Questo,
          nella sua concezione, doveva lasciare intatte le «libertà fondamentali          » ed il conseguente pluralismo sociale ed istituzionale,
          consentendo il confronto dialettico tra i vari ceti e corpi, fermo
          restando che il ruolo di arbitro supremo, non solo dei conflitti
          intersoggettivi, ma anche di quelli con valenza politica, sarebbe
          stato assolto dalla funzione giurisdizionale, come sopra in senso
          ampio intesa.
 Una figura, dunque, di viva attualità, quando si consideri che
          ancora oggi al vertice dell’apparato istituzionale operano esponenti
          di un’élite di giurisperiti (consiglieri di Stato, magistrati ordinari,
          amministrativi o contabili, dirigenti generali di formazione giuridica),
          anche se a loro vanno affiancandosi professionalità diverse,
          connotate dalla conoscenza di scienze e tecniche differenti.
 Un’esperienza di vita caratterizzata dal continuo impegno a
          mettere in evidenza le differenze tra assolutismo e tirannia, che
          può fornire ad un osservatore attento dell’attualità, utili elementi
          di valutazione in ordine all’eterno scontro tra “giustizia” e “politica”.
 Il bel libro di Renato Russo raccoglie, in modo agile e gradevole,
          le testimonianze sulla vita del nostro illustre concittadino e
          le contestualizza nella temperie storica e culturale in cui si svolse.
 Utilizzando sapientemente il materiale iconografico a disposizione
          consente al lettore di collocare il personaggio nei luoghi di Barletta
          che anche lui frequentò, di vedere quello che lui vedeva e, in
          tal modo, di sentirlo più vicino, addirittura familiare.
 Il ritratto che ne emerge non è soltanto quello di un alto magistrato,
          di un “grand commis” di Stato, ma anche quello di un
          grande giurista ben consapevole dei tempi nuovi che stava attraversando
          e della ricaduta che i principi e le idee che in essi si
          agitavano avrebbero potuto avere sulla vita sociale, economica e
          politica dello Stato.
 “Non sapere ciò che è accaduto prima della tua nascita significa
          restare sempre bambino” (Nescire quid ante quam natus sis
          acciderit, id est semper esse puerum), diceva Cicerone. E noi, ben
          consapevoli della verità di questo insegnamento, usiamo intitolare
          strade, piazze, edifici pubblici a personaggi che hanno dato lustro
          alla comunità di cui facciamo parte, come è stato fatto per il Fraggianni,
          allo scopo di sollecitare la curiosità di chi quei luoghi si
          trova a frequentare.
 Anche questo è un modo per ridurre il rischio, insito nella
          c.d. globalizzazione, di un progressivo dissolversi della nostra
          identità collettiva; quella che si forma e si struttura sulla base
          dei valori e dei modelli di comportamento propri della comunità
          nella quale siamo nati e cresciuti.
 E la conservazione di questa nostra identità si fonda innanzitutto
          sulla memoria storica locale, costruita sul ricordo degli
          uomini, dei fatti e dei luoghi, del loro valore sociale e culturale,
          altrimenti destinati ad essere affidati alla labile memoria individuale
          o, addirittura, ad essere mortificati nella freddezza degli
          atti della burocrazia.
 È per questo che dobbiamo essere grati a coloro che, come
          Renato Russo, con la loro azione di interpretazione e divulgazione,
          ci offrono uno strumento prezioso per ricordare e così anche
          per riscoprire le nostre radici e riaffermare la nostra identità collettiva.
 
            
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                Nella Napoli del primo Settecento che si stava liberando,
                  tra fervori e disordini, della cappa scura della Controriforma, il
                  Marchese Niccolò Fraggianni, magistrato ammirato per valore
                  ed ingegno, per onestà di carattere e per serietà di cultura
                  letteraria e filosofica, rappresentò la nuova figura emergente
                  del borghese colto e illuminato, lontano sia dagli eccessi dei
                  circoli intellettuali che dalla demagogia popolare.Fu da taluno ricordato lo studio con che il Fraggianni
                  ebbe proseguito specialmente la filosofia della morale e del
                  diritto, e la costante di lui predilezione per que’ filosofi e
                  giureconsulti che i diritti all’umana natura congeniti avevano
                  meglio investigato. È un ricordo notevole che non va trascurato,
                  valendo esso a determinare l’impulso intellettuale,
                  sotto il quale il valente uomo venne spiegando l’azione
                  scientifica e politica negli uffizi a lui commessi.
 Cultore di studii storici come de’ filosofici e giuridici, il
                  Fraggianni perfezionava le dottrine sue di diritto mercè la
                  storica erudizione, che in lui era amplissima, com’è dato
                  scorgere dalle note quotidiane che di quanto leggeva e meditava
                  ei soleva compilare nel suo Promptuarium excerptorum
                  varii argumenti.
 Nel 9 aprile 1763, quando ei si spense in Napoli, la storia
                  ne aveva già scritto il nome fra i benemeriti del Reame.
  Sabino LoffredoStoria della Città di Barletta
 V. Vecchi-Trani, II, pp. 179-184
 |    Corrado Allegretta - Presidente TAR-Puglia (aprile 2011)   << vai all'indice
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