| ANGELO RAFFAELE LACERENZAFERVIDO PATRIOTA, PARTECIPÒ ATTIVAMENTE AI MOTI RISORGIMENTALI.
 NEL FOGGIANO CREÒ IL CORPO DEI CACCIATORI DELL’OFANTO. TRASCORSE MOLTI ANNI
          IN ESILIO, MA RIMASE SEMPRE FEDELE ALL’IDEA DI MIGLIORARE LA “SUA ITALIA”
 
 “In Barletta, da Antonio e Mattia Fiorella,
            nasceva Angelo Raffaele Lacerenza
            il 19 aprile 1811…” (dalla Biografia di
            Angelo Raffaele Lacerenza di G. De Ninno). Un
            personaggio forse non molto conosciuto, ma la
            Storia non è fatta solo dai Cavour, dai Mazzini,
            dai Garibaldi… La Storia l’hanno fatta anche            “gli altri”, come il barlettano Angelo Raffaele
            Lacerenza.Egli è educato sin da piccolo alla ricerca
            della libertà intesa nel senso più assoluto del
            termine, come dimostrano le sue scelte. Quando
            infatti per il Regno delle due Sicilie si apre una luce di speranza
            con la ascesa al trono di Ferdinando II, egli si arruola volontario
            nelle fi le dell’esercito. Ma dopo il 1831 le aspettative non sono
            più rosee e l’idea di libertà comincia ad essere offuscata. Ed è
            allora che stringe amicizia con alcuni patrioti aderenti alla Carboneria
            e si accosta ai principi di Giuseppe Mazzini. Ha inizio
            così la sua lunga odissea.
 Accusato di cospirazione ai danni dell’autorità reale, nella
            città di Penne nel 1831, è prima rinchiuso nel carcere militare e
            in seguito rimesso in libertà per mancanza di prove. Umiliato e
            deluso, decise di abbandonare il Regno: si reca prima a Corfù e
            poi a Smirne, dove conosce i fratelli Attilio ed Emilio Bandiera.
 Con loro decide di scrivere a Mazzini per affi liarsi alla “Giovine
            Italia” e da quel momento ha inizio la sua corrispondenza
            col grande italiano. Da Smirne a Costantinopoli, dall’Egitto al
            Mar Rosso, da Bombay a Madras, trascorre ben 14 anni in esilio
            volontario.
 Ulisse alla ricerca in ogni Terra della sua Itaca, sempre fermo
            nelle sue convinzioni repubblicane ed umanitarie; quando nel            ‘48 riceve l’avviso di ritornare in Europa dal comitato di Londra
            presieduto da Mazzini, parte. È giunto fi nalmente il momento di
            mettere in opera i suoi principi.
 A Londra si mette in contatto con Mazzini, dal quale riceve la            “missione” di andare in Francia ed in Italia per mantenere desti i
            focolai della rivoluzione. Infatti, dopo essere stato in Belgio, in
            Francia e nell’Italia del nord, si stabilisce a Firenze da dove diffonde
            a proprie spese in tutta Italia seimila copie del “Decreto di
            grazie ed onori” concessi dal governo di Montevideo (America)
            ai legionari italiani comandati da Garibaldi.
 Egli, nonostante sia fortemente sospettato e sottoposto a vigilanza,
            continua a lottare.
 Infatti, non appena Palermo insorge il 2 gennaio 1868, il garibaldino
            si reca a Napoli per convincere il re ad accordare la costituzione. Il re promette che la concederà: allora
            egli ritorna a Barletta, dove contribuisce, sulla
            scia delle altre province, alla organizzazione della
            Guardia Nazionale. Più tardi viene però arrestato
            in seguito ad un rapporto fatto dal Sottintendente
            di Barletta cav. Francesco Coppola, per il quale, il
            Lacerenza ed altri compagni avevano organizzato
            bande armate contro l’autorità reale.
 Prosegue così la sua odissea, fatta di incomprensioni,
            carcere, peregrinazioni, finché non
            viene da Mazzini l’ordine di ritornare nel Napoletano.
 Qui, e soprattutto nel Barese, crea sollevazioni, proclama governi
            provvisori. Nel Foggiano crea addirittura, con le forze insurrezionali,
            un Corpo a cui dà il nome di “Cacciatori dell’Ofanto”.
 Uomo instancabile, fedele ad un’unica bandiera, quella della
            libertà, non smette di lottare finché non è collocato a riposo dal
            governo. Si ritira a Milano e poi a Napoli: è il 1874. Morirà nel
            1891. Ma forse era già morto prima, quando, lontano dalle scene
            politiche che lo avevano visto protagonista, si era reso conto che
            inutili erano stati gli sforzi per migliorare la “sua Italia”.
 Anna Deluca (agosto 2010) 
            
              | Anche la città di Barletta il 21 ottobre del 1860 rispose con un
                risultato unanime al quesito referendario sulla proclamazione
                di Vittorio Emanuele II Re d’Italia. Una delle prime delibere
                adottate dal nostro Municipio fu quella di mutare il nome della
                Piazza Paniere del Sabato, dove si era svolto il referendum, in
                Piazza del Plebiscito. La sottintendenza venne insediata nel palazzo
                Gentile (oggi sede del Banco di Napoli), ed acquisì il nome di
                sottoprefettura. Vi sosterà fi no al 1865, dopo di che passerà nel
                palazzo della Marra ed infi ne nel palazzo Lanciano, all’angolo fra
                via Baccarini e corso Garibaldi.Venti giorni dopo il referendum, l’11 novembre, si tenne
                una grande manifestazione in piazza Castello. Fra salve d’artiglieria
                e festevoli acclamazioni, un lungo corteo si mosse per
                le vie della città, passando sotto archi di trionfo eretti lungo le
                principali strade cittadine.
 Ci fu invero ancora qualche tentativo restaurativo del vecchio
                ordine delle cose, ma furono episodi sporadici che non
                ebbero seguito, come quello, da parte di un folto gruppo di
                borbonici, di occupare il Castello, ma un galeotto che era di
                guardia al ponte levatoio, fu più lesto ad abbassarlo ed i sediziosi
                furono dispersi dalla forza pubblica giunta poco dopo.
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