Il “giornalista” Ruggero Lattanzio 
              nel bollettino fra informazione e impulso socio-culturale
            Il 9 ottobre 1960 vide la luce il primo numero del bollettino
              della sezione di Barletta dell’AVIS “Sangue e Vita”, numero
              di otto pagine. Fondato dal prof. Lattanzio era diretto dal dott.
              Oronzo Pedico e stampato da Rizzi e Del Re. L’articolo di fondo,
              firmato dallo stesso prof. Lattanzio, era intitolato: “Il saluto di
              rito” che esordiva spiegando i motivi dell’iniziativa.
              Questo giornale ha lo scopo di far conoscere i risultati che si
              ottengono con le prestazioni generose dei donatori e con l’opera
              dei tecnici, ravvivata dalla volontà organizzativa dei direttori.
              (…) Noi abbiamo cercato di dar vita a Barletta ad un Ente che
              della Carità si è fatto il fine della sua esistenza. Abbiamo voluto
              mettere a disposizione dei bisognevoli il sangue in modo che questo
              speciale medicamento possa essere disponibile con prontezza
              e larghezza d’impiego. Abbiamo trasferito cioè la pratica trasfusionale
              dal campo delle eccezionalità a quello della ordinarietà,
              memori delle grandi difficoltà che avevamo precedentemente affrontato
              e non sempre superato nel campo morale ed economico
              della trasfusione. Abbiamo iniziato nel 1952…
              Quindi i ringraziamenti per quanti - enti e personalità - avevano
              contribuito al successo dell’iniziativa: Circolo Unione, alcune
              banche, alcuni Comuni del comprensorio; e inoltre gli onorevoli
              Aldo Moro e Vito Lattanzio, Vitantonio Lozupone presidente della
              Provincia, i prefetti Carta, Cappellini e Giura.
              Articoli come al solito essenziali perché il professore, come
              nel parlare, anche nello scrivere, andava subito al sodo delle sue
              esternazioni, senza mai concedere nulla al superfluo, senza alcuna
              ostentazione o retropensiero. Linguaggio asciutto, il suo, stringato,
              e naturalmente ben documentato nei dati. E ben impostato sul
              piano giornalistico: premessa come cornice del contenuto centrale
              denso di argomenti, conclusioni operative.
              Il giornale, oltre a propagandare un’attività promozionale della
              donazione gratuita e riportare tutte le attività ad essa connesse,
              fu utilizzato dal professore anche per alcune campagne promozionali,
              come quella sulla costruzione del nuovo Ospedale, dove non
              lasciava nulla alla estemporaneità, ma i suoi interventi erano circostanziati
              e documentati da un ricco corredo fotografico. A proposito
              del nuovo ospedale, oltre ad una approfondita ricostruzione della lunga battaglia combattuta
              per realizzare quell’obiettivo,
              riportava anche foto e disegni
              dei diversi progetti, una documentazione
              importantissima
              anche per noi, oggi, a distanza
              di oltre mezzo secolo.
              Il bollettino, nato come strumento
              diffusivo delle notizie
              inerenti la sezione avisina cittadina,
              ben presto però si trasformò              anche in un megafono per
              far conoscere ai lettori gli esiti
              delle altre attività complementari
              che il professore realizzava
              già, come l’attività culturale
              della “Righetti”, oppure del
              Gruppo Sportivo AVIS-BARLETTA.
              Non mancavano anche articoli che riguardavano fatti della città,
              per cui il giornale era - per certi aspetti - un notiziario, specialmente
              quando avevano attinenza con l’attività avisina. Memorabile
              la ricostruzione biografica di don Luigi Scuro, alla sua morte
              (febbraio 1961) e non solo perché fosse il suocero del professore
              (ne aveva sposato la figlia Rita) ma perché era stato un grande
              protagonista del nostro Novecento: fondatore del Partito Popolare
              nel 1900 (con mons. Santeramo), del periodico “Il Buon Senso”              nel 1902, della Cementeria di Barletta nel 1912, commissario prefettizio
              nelle difficili giornate del dopoguerra…
              Di solito il professore scriveva gli articoli di fondo in prima
              pagina, che si soffermavano sul fatto principale del mese, ma non
              si sottraeva talvolta a qualche nota di cronaca all’interno del giornale.
              Col passare del tempo, consapevole del rischio che un siffatto
              bollettino potesse essere arido, monotematico, circoscritto
              al solo mondo sanitario, estese la collaborazione ad alcuni storici
              del luogo: innanzi tutto al dottor Oronzo Pedico ma anche a mons.
              Salvatore Santeramo e al giovane prof. Raffaele Iorio, ed altri.
              Quanto al sottoscritto, avevo accettato l’invito
              del professore di dare una mano al caporedattore
              Francesco Rana (sarebbe diventato direttore dopo
              Pedico) ma soprattutto sul piano organizzativo.
              Col professore ci eravamo conosciuti presso la
              tipografia Rizzi e Del Re in occasione della stampa
              di “Sangue e Vita” e dei nostri numeri unici
              di “Nuova Eco”, il bollettino della FUCI (Federazione
              degli Universitari Cattolici Italiani). Solo
              in seguito avrei curato la redazione di articoli              “sociali”, mai storici né sportivi, e tanto meno
              dedicati al giovane Pietro Mennea, un ragazzino
              al quale facemmo passare alcuni mesi, prima di
              accorgercene e dedicargli uno spazio adeguato
              alle sue potenzialità. Ma il primo servizio su di del suo primo successo a Bari
              (Campionati nazionali AICS, ottobre
              1968) coincise anche con
              la chiusura del giornale.
              Il bollettino si organizzava
              nella sede sociale di via Baccarini,
              dove confluivano le collaborazioni
              redazionali esterne, sia
              quelle operative che giornalistiche.
              Ricordo specialmente Francesco
              Rana, Rosaria Cuccorese,
              il segretario Giannini e Luigi
              Sciusco (Gino), giovanotto tutto
              fare: era infatti un provetto marciatore
              oltre che un bravo infermiere in sala operatoria.
              Per “Sangue e Vita”, a parte l’iniziale apporto organizzativo,
              come redattore ho scritto una ventina di articoli, alcuni di fondo,
              cioè in prima pagina, quando il professore, pressato da altri impegni,
              mi telefonava per chiedermi di sostituirlo trattando questo o
              quell’argomento, legato sempre però all’attività della Sezione, sia
              pure in campo largo, come quando rappresentavo l’associazione
              in manifestazioni pubbliche (per esempio al Congresso Nazionale
              di Napoli).
              Questa raccolta, arricchita da una cospicua documentazione
              fotografica, rappresenta un’eccezionale testimonianza del suo
              tempo, la rassegna di una esperienza non solo sanitaria, ma anche
              sociale, specialmente quando pensiamo alle forze vive che il
              professore fu in grado di animare in chiave di crescita formativa
              giovanile.
              Il bollettino uscì per dieci anni, dall’ottobre del 1960 all’aprile
              del 1969. La raccolta completa è conservata presso la sede dell’AVIS
              cittadina e presso la Biblioteca Comunale “S. Loffredo” di
              Barletta.
            Renato Russo
              (novembre
                2017)
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