| SABINO
            LOFFREDO E LA STORIA DI BARLETTA In occasione del primo centenario della morte
                  del nostro più grande storico, Sabino Loffredo,
 al quale è dedicata la nostra Biblioteca Comunale, pubblichiamo un suo
  breve profilo biografico estratto da uno studio inedito dello storico locale
  dott. Oronzo Pedico
 
 Nacque Sabino Loffredo in Barletta il 18 aprile 1828 da Giuseppe e Maria Gissi.
  Suo padre attivo e laborioso “corriere” delle diligenze, che percorrevano
  allora le nostre strade, tanto da essere così soprannominata la famiglia,
  dovè compiere non pochi sacrifici per avviare ai primi studi nel seminario
  di Andria e quindi a quelli legali di Trani e Napoli questo giovane intelligente
  e di forte volontà, il quale deve solo al suo lavoro ed alla sua nobile
  costanza l’onorevole posizione sociale raggiunta e la fama acquistata.
 Cuore generoso, amante degli studi storici per l’influenza del venerando
  maestro Carlo Troya che aveva conosciuto a Napoli, in quella fucina di spiriti
  eletti e ardenti per la libertà della Patria, il Loffredo non poteva
  rimanere insensibile ai voti ed alle aspirazioni di società segrete
  contro il governo borbonico tanto da far recapitare al proprio indirizzo la
  corrispondenza politica dei comitati segreti delle province meridionali. […]
 Il magistrato
 Nel 1858, quando chiari erano i sintomi dello sfasciamento del regno di Napoli,
  Loffredo entrò in magistratura e fu giudice soprannumerario a Napoli
  fino al 1862, senza che fosse impedito a partecipare alla campagna per l’indipendenza
  nel 1860-61.
 Divenuto titolare a Lecce, il 1865 tornò a Napoli, che amava come una
  seconda patria. Il suo “curriculum” è compreso in queste
  date che lo portarono abbastanza rapidamente ai più alti gradi della
  magistratura: vice-presidente del Tribunale a Napoli nel ’68, presidente
  a Melfi nel ’70, consigliere di Corte di Appello a Catanzaro nel ’72
  e nell’80 ancora una volta a Napoli, ove nell’87 fu applicato di
  Cassazione.
 Promosso titolare alla Cassazione di Roma nell’89, il ’94 ritornò a
  Napoli, donde mai più volle uscirne, rifiutando per ben tre volte la
  nomina di primo presidente di Corte d’Appello a Catanzaro ed all’Aquila.
  Nell’aprile 1903 col grado di Presidente onorario di Corte d’Appello
  era collocato in pensione, insignito dell’onorificenza di Grande Ufficiale
  della Corona d’Italia, e poteva godersi nella sua cara casa il meritato
  riposo ed attendere con più libertà a diletti ozi, coltivati
  durante queste peregrinazioni e che giustificano l’interesse per la residenza
  di Napoli. […]
 Il politico
 Il 28 gennaio 1878 lesse in cattedrale un memorabile discorso commemorativo
  per la morte di Vittorio Emanuele II ed inaugurandosi i lavori del nuovo porto
  il 17 ottobre 1880 alla presenza del ministro Baccarini fu l’oratore
  ufficiale della tanto attesa giornata.
 La fama di questo nostro integro concittadino e l’ammirazione con cui
  era stato seguito in magistratura lo designarono candidato all’elezione
  politica del 1880 per la XIV Legislatura al nostro collegio. Barletta gli fu
  fedele e lo votò all’unanimità, ma il comitato elettorale
  di Andria molto più forte fu favorevole al suo competitore Giuseppe
  Ceci. Tentò ancora una seconda volta la fortuna alle urne nella successiva
  elezione del 1882 per scrutinio di lista coi candidati del partito moderato,
  ma anche quella volta il merito personale cadde di fronte ai più larghi
  mezzi degli avversari.
 Lo storico
 Ritenne quindi di attendere ad un’opera migliore che gli avrebbe dato
  onore e fama imperitura nella città natale e fuori: la Compilazione
  della Storia di Barletta.
 Sull’argomento esisteva in ordine di tempo una Storia manoscritta di
  Francesco Paolo De Leon “senior” del 1769, ora nella Biblioteca
  Comunale e quindi abbastanza nota agli studiosi sia per la copia delle notizie
  tramandateci dall’autore, sia di quanto amore questo sapiente medico
  circondò la raccolta di documenti (32 al seguito della sua storia),
  che diversamente sarebbero andati perduti per sempre. […]
 Felice Fuccilli aveva poi scritto nel 1837 una “Istoria biografica della
  città di Barletta”. […]
 Di cose locali si occupò pure il sac. Giuseppe Seccia pubblicando il
  1842 una Storia di Barletta in Bari. A questo scrittore abbastanza combattuto
  e tacciato d’imprecisione e di arbitrio, che però il Vista loda
  e cita spesso, sono dovute altre memorie patrie interessantissime.
 Anche l’ottantenne notaio Velasquez Francesco Saverio, patriota insigne,
  si occupò di un Cenno storico di Barletta, che venne inserito nell’opera “Il
  Regno delle Due Sicilie descritto e illustrato”, vol. IX. […]
 Nel risveglio degli studi storici e delle avite memorie dopo il 1860 ad opera
  di pochi studiosi, è a titolo di merito che dobbiamo ricordare la nobile
  iniziativa di Francesco Saverio Vista il quale facenti funzioni di Sindaco
  propose nella seduta consigliare del 24 novembre 1868 la creazione di una Commissione
  di Storia Patria con il lodevole intento di indagare, raccogliere notizie,
  sia pure frammentarie, da collezioni private, carte famigliari, archivi pubblici
  ed ecclesiastici per fornire materia documentata alla compilazione di una Storia
  di Barletta dai primi tempi del suo sviluppo alle ulteriori vicende politiche,
  civili ed economiche della vita moderna. […]
 Fallito il tentativo di una Commissione di Storia Patria per la pubblicazione
  di una storia di Barletta, il Consiglio Comunale prese un’altra via.
  Su proposta del sindaco Pietro Antonio Cafiero, il quale tanto giudiziosamente
  aveva fatto rilievi opportuni il 1869, interprete del desiderio unanime della
  cittadinanza di veder codificato il suo patrimonio morale ed evolutivo, nella
  tornata del 24 ottobre deliberava un premio di lire seimila per il manoscritto
  della migliore storia di Barletta dalla sua origine al 1800. […]
 Il Loffredo si accinse all’improba fatica di riordinare, annotare, prendere
  appunti da migliaia di manoscritti, pubblicazioni, trattati che in notizie
  frammentarie e coincidenze casuali annotavano il nome di Barletta. Dal copioso
  materiale raccolto egli sfatò leggende e fece il punto, come si suol
  dire, su argomenti dubbi ed incerti, a molti sostituendo la sua interpretazione
  fine ed intelligente, sempre serena, ad altri aprendo il campo ad indagini
  più profonde ed a studi più severi. L’importanza politica
  ed economica della città è in quelle pagine dense di erudizione
  e di dottrina, le quali se pur trovano un ostacolo nel suo stile, che risente
  molto di codici e pandette, sono il più bel monumento che egli potesse
  elevare in onore della città che ebbe la fortuna ad averlo come figlio
  amatissimo e disinteressato.
 In silenzio e con un lavoro indefesso, egli rinunziò alle seimila lire
  di premio e sostenne da solo le forti spese di stampa dei due volumi e poi
  donò al comune tutti i manoscritti e la miniera di appunti che aveva
  ricavato in tanti anni di appassionata e studiosa ricerca nei libri e nelle
  carte, nelle riviste e nei documenti, nelle biblioteche private e pubbliche
  ed in tutti quei cenacoli letterari dell’ex capitale, donde vive si mantenevano
  le tradizioni di Vincenzo Cuoco, Carlo Troya, Pietro Giannone e Pietro Colletta
  e tanti altri illustri scrittori della storia del Mezzogiorno. […]
 I due volumi furono dati alle stampe, per i tipi di Valdemaro Vecchi, nel 1893.
 La sua opera, in una vasta e luminosa cornice che interessa tutta la regione,
  non s’è limitata a Barletta, ma ha investito il vecchio reame
  e ha abbracciato in una sintesi mirabile di avvenimenti e di cose città sorelle
  legate da interessi, da vincoli di amicizia, da rapporti politici o da influenze
  di partito e di famiglie potenti.
 Morì a Napoli il 24 aprile 1905 e si ebbe onoranze funebri degne della
  sua rettitudine e dell’integrità del carattere di tutta una vita
  spesa con religione in difesa della giustizia e nel raggiungimento di quell’ideale
  di bene e di carità cristiana, di cui fu osservante, indipendentemente
  dalla sua qualità di cattolico sincero e di “terziario francescano”.
 Nella seduta del 1° maggio il sindaco cav. uff. Arcangelo Cafiero ricordò i
  meriti dell’Estinto e propose d’intitolare la nostra Biblioteca
  Comunale al suo nome. Il Consiglio Comunale accolse all’unanimità il
  deferente atto d’omaggio e di stima ed il suo ricordo vive pertanto negli
  anni insieme a quei libri, che tanto confortarono e dilettarono la sua grande
  anima di ricercatore paziente e di incisivo pittore delle memorie nostre.
 Oronzo Pedico (maggio 2005)
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