| NASCEVA A BARLETTA UN SECOLO FA “PIRIPICCHIO”: LO CHARLOT DI PUGLIA “Onore al grande Piripicchio, vero e nobile guitto di strada”; così  termina la nota di Lino Banfi nel volume di Angelo Saponara “L’ultima mossa”, di recente edizione. E  sempre nello stesso libro, Michele Mirabella aggiunge: “recitava per strada  come i giullari di razza fina di un tempo”.Giudizi di così alto spessore,  suggellano a tutto tondo la figura di Michele Genovese in arte “Piripicchio”,  attore comico di strada nato a Barletta un secolo fa, e precisamente il 5  luglio del 1907, nei pressi dell’antica Porta San Leonardo.
 Suo padre faceva il capraro; e  contrariamente alla consuetudine che voleva i figli proseguitori dell’attività  paterna, il giovane Michele seguendo il proprio talento incline alla comicità  di cui veniva già apprezzato in amichevoli esibizioni  tornato dal servizio militare s’inventò di  girar per strade impersonando Piripicchio.
 Era l’epoca del primo cinema, sui  cui schermi del Paolillo e del Dilillo si proiettavano mute le tremolanti  comiche di Ridolini e quelle di “Charlot”, la famosa maschera di Charlie  Chaplin, che tanto divertiva e che di Piripicchio fu cara ispirazione, come  pure lo fu più tardi Totò. Ma pur facendo a questi riferimento, non era nè  l’uno e nè l’altro; era solo Piripicchio: autodidatta doc con una comicità  tutta sua, spontanea e comunicativa e schiettamente popolare.
 Elegante nel suo frac con garofano  all’occhiello, scarpe lucide, gilet con catenina, cravattino, bombetta e  bastoncino di bambù, si presentava spavaldo, con una faccia multismorfiosa e  baffetti quadrettati, accompagnato dal suo fido collaboratore che gli faceva da  spalla e lo seguiva musicalmente con la fisarmonica e una ridotta batteria. Il  suo arrivo in piazza o su qualche slargo, al crocicchio di vicoli, richiamava  presto molta gente che lo attorniava, mentre altra s’affacciava a balconi e  finestre ed altra ancora all’uscio dei vicini sottani.
 Giovanotti, massaie, ragazzini,  nonni, bottegai, passanti, tutti si concedevano una pausa per vedere  Piripicchio e ridere bonariamente alle sue ardite “mosse”, alle giocose  macchiette, alle ambigue farse e ai vari lazzi maliziosamente allusivi. Era un  evento che animava l’abitato di straordinaria allegria, in cambio solo di pochi  spiccioli... “Al buon cuore”.
 La stessa cosa si ripeteva poi un  po’ più avanti, di rione in rione; e all’indomani in altro centro, su nuove  piazze, in altri vicoli; e così a seguire giorno dopo giorno, per ritornarvi a  distanza di tempo con invariata simpatia e ilarità.
 Nel soggiornare a Napoli, nei suoi  anni più fecondi, si sarebbe incontrato con Nino Taranto e più particolarmente  con Totò, ricevendo da questi buona stima e auspici per un possibile debutto in  “avanspettacolo”, allora molto in voga. Ma lui, forgiatosi all’aperto nella  pulsante vita popolana, alla severa scuola “fai da te”, privo d’abbeccedario e  geloso della propria autonomia, che gli dava un’ampia sfera di libertà, così  tanto vissuta, non era certo fatto per i copioni, e il chiuso del teatro lo  avrebbe minato di claustrofobia.
 Il suo vero, amato palcoscenico era  il vicolo, la piazza, il sobborgo di questo o quel paese, dove stava il suo  caro pubblico sempre pronto ad accoglierlo e plaudirlo; quel “popolino” che  come lui non aveva ufficialità, e che perciò l’amava e condivideva una tacita  intesa di solidale complicità.
 Piripicchio abitava a Barletta in una modesta casa  non più esistente di Via Brigata Barletta, assieme alla sua compagna Pasquarella.  Non aveva figli, nè parenti; e pur vivendo alla giornata, s’occupava alquanto  d’un misero individuo, popolarmente noto perché vorace concorrente e spesso  vincitore dei briosi “pallio maccheroni” delle feste di quartiere.
 Negli anni Sessanta dopo una vana esperienza al Nord  si trasferì a Bitonto, da dove tornava di tanto in tanto a far spettacolo. Si  rivide più volte, specie al viale della stazione, dov’era solito esibirsi in  gran pubblico. Poi le presenze si diradarono sempre più, sino a che si apprese  della sua morte, avvenuta a Bitonto il 1° agosto 1980, un decennio dopo della  sua compagna. Ne diede notizia la RAI, La Gazzetta del Mezzogiorno e altra  stampa.
 Calava così su tanti angoli pugliesi, dopo oltre  mezzo secolo d’itinerante scena, il sipario d’addio ad un personaggio tanto  amato, della più valida e genuina espressione popolare, che aveva scelto come  teatro la strada per il difficile suo mestiere di far ridere.
 La bontà del suo talento, così tanto radicato nel  ricordo, ha pian piano risvegliato la “buona critica”, che gli ha reso giusto  merito, conferendogli quell’onor di “Artista” mancato prima, proprio come  accaduto per Totò, i cui alti riconoscimenti gli sono stati attribuiti solo  dopo la scomparsa.
 Era quindi destino se non mero caso che il grande Totò  dei teatri e del cinema e Piripicchio: lo stravagante “Charlot di Puglia” delle  piazze e dei vicoli, si trovassero alla fin fine vicini a rammentarci gioie,  tra gli stessi allori degli elevati podi della gloria postuma.
 Franco Lamonaca (luglio 2007)  << vai all'indice
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