Valdemaro Vecchi grande promotore della nostra cultura
              promosse a Barletta la stampa di sei giornali
            Dal 16 settembre 1875 al 14 ottobre 1877, per la durata
              complessiva di 98 numeri, uscì in Barletta un settimanale
              di ispirazione repubblicana, “La Giovine Italia. Giornale popolare
              educativo”, diretto da Niccolò Montenegro e stampato, almeno
              inizialmente, dal tipografo Giuliani di Trani.
              La vita del giornale coincide esattamente con il difficile momento
              storico dell’avvento della sinistra al potere, riaffermando
              nella circostanza, con coerenza grande e onestà esemplare, tutta la
              propria fede nelle idealità etico-politiche del repubblicanesimo.
              Se con siffatta appassionata tenacia il giornale si richiama alle
              proprie tradizioni ideali, ben diversa è la realtà pratica e politica in
              cui è chiamato a collocare la sua azione e il suo impegno di ogni
              giorno.
              C’è anzitutto, su scala locale, il problema della morosità degli
              abbonati, lesiva, alla lunga, della stessa indipendenza e sopravvivenza
              del giornale: assillo continuo che lo spinge a rivolgere al
              lettore frequenti inviti ed appelli e gli procura altresì in più d’una
              circostanza serie difficoltà operative.
              Tra l’altro, e in un momento anche politicamente delicato, il
              battagliero settimanale sarà costretto a sospendere temporaneamente
              le pubblicazioni e a cambiare, quindi, come si è accennato,
              il tipografo, sostituendo al Giuliani di Trani Valdemaro Vecchi di
              Barletta (n. 60 dell’8 dicembre 1876).
              È dopo il numero 59 (11 novembre 1876) che il giornale è costretto
              ad interrompere le pubblicazioni; ed è a questo punto che
              ne succede, come stampatore, al Giuliani il Vecchi (1868-1879), e
              destinato a passare poi a Trani legando gloriosamente il suo nome
              al rinnovamento della cultura moderna promosso per opera di Benedetto
              Croce.
              Ma, per intanto, il nome di codesto “lavoratore instancabile”
              ed uomo integerrimo, peraltro non privo di personale culturale,
              compare in fondo ai fogli politicamente impegnati del giornale              “popolare educativo” di Barletta; così che, in caratteri molto più
              chiari e spaziosi, inconfondibili per chi conosca ed apprezzi le
              edizioni di colui che Croce ebbe una volta a definire “tipografoartista”,
              il nuovo editoriale, fi rmato questa volta dal Direttore N.
              Montenegro.
              Ancora meno di un anno sarebbe durato in vita il giornale:
              l’ultimo numero, il 98, è del 14 ottobre 1877, accompagnato dal
              supplemento in un sol foglio del 29 novembre 1877, che si apre
              con un estremo cenno dell’amministrazione all’“enorme passività
              esistente” (Ai morosi) e reca ancora in calce l’indicazione della              “Tip. V. Vecchi e soci”.
              Ha termine così la breve, ma coraggiosa vita del periodico,
              alcune posizioni del quale, pur movendo talora al sorriso per la
              ingenua e quasi velleitaria intransigenza che le ispira, non hanno
              tuttavia perso completamente il loro interesse, soprattutto quando
              si considerino taluni aspetti dell’odierno costume etico-politico,
              coinvolgenti nelle molti e comuni responsabilità anche quelle degli
              attuali “sinistri”.
              Valdemaro Vecchi, il quale,
              come da altri era apprezzato
              per eccellente, così teneva
              se medesimo per semplice
              ed umile “operaio”, e
              che sappiamo poi prendere
              parte attivamente
              alla “Società generale
              operaia” di Trani, tanto
              da tenere per essa
              pubbliche conversazioni
              e da preoccuparsi
              vivamente della
              intima e salda unità dei
              suoi soci, si caricò della
              stampa di un giornale
              progressista, uno dei tanti
              che avessero ripreso la clandestina
              testata mazziniana del
              1831-1834: e ciò proprio in un momento
              che si è visto quanto mai cruciale
              per le sue sorti. Certo non dovettero essere estranee alla iniziativa
              del laborioso ed onesto tipografo le ragioni di un personale e disinteressato
              consenso ideale.
              Si tratta comunque di un periodico divenuto oggi abbastanza
              raro e pressocché generalmente sconosciuto.
              Benedetto Ronchi nel suo pur ampio e circostanziato studio
              su Valdemaro Vecchi. Un grande benemerito dell’editoria e della
              cultura pugliesi parla diffusamente del periodo barlettano (1868-
              1879), senza però far cenno a “La Giovine Italia” o ad altri giornali
              che rientrino in quella fase dell’attività tipografica del Vecchi,
              e soffermandosi solo sulle vicende del più noto “Circondario di
              Barletta” (9 febbraio 1871-31 dicembre 1876), quali lo scontro
              del 1872 con l’anonimo libello Rivista di una rivista e la vertenza
              del 1874 con la “Gazzetta cittadina”, ricomposta nel luglio dello
              stesso anno da un giurì d’onore “formato da autorevoli personalità
              indiscutibilmente estranee alle fazioni locali”.
              Degno di nota è il fatto che il “Circondario” cessasse le pubblicazioni
              col numero del 31 dicembre 1876, quando già da poco il
              Vecchi si era addossato la stampa di un altro periodico di interesse
              locale (la “Giovine Italia”). osserva al riguardo il ronchi, “per
              amore di verità, che non furono le amarezze causate al suo direttore
              e fondatore a decretarne la fine.
              Gli è che il Circondario di Barletta impegnava il Vecchi in
              modo eccessivo, rubandogli troppo tempo e distraendolo dalla sua
              industria tipografica “per la quale sognava un sempre migliore indirizzo”.
              Sarà ancora da sottolineare come il giornale si ponga ad elemento
              di naturale continuità verso i successivi disegni editoriali
              del Vecchi, tutti tendenti a favorire la espressione delle risorse in tellettuali meridionali ed a promuoverne il sempre più compiuto
              e vitale inserimento nell’intiero e vasto moto della cultura moderna.
              Di questo eccezionale svolgimento e processo, la “Giovine
              Italia” è da considerare la prima tappa significativa, affiancata peraltro
              a “La Rivista di Giuresprudenza”; e il 1876, in cui il Vecchi
              pone mano a entrambe le imprese chiudendo il “Circondario”, che
              era pur stato il primo giornale barlettano ma veramente “locale”
              per concezione e interessi, è l’anno di “svolta” così per la storia
              nazionale come per quella culturale e politica, editoriale e civile
              che ebbe a svilupparsi nella regione meridionale anche per merito
              della paziente ed umile operosità di Valdemaro Vecchi.
              Si pensi, per restare al caso particolare, al notevole rigoglio di
              pubblicazioni periodiche, con il relativo incremento del dibattito
              civile e l’effettivo esercizio del metodo democratico, conosciuto
              dalla città di Barletta soprattutto a seguito delle iniziative del Vecchi,
              prima delle quali quasi non vi era tentativo alcuno di circolazione
              d’idee o consuetudine di libera critica.
              Al riguardo è istruttivo osservare come la fiammata dei giornali
              locali vi si sprigioni specialmente tra gli ultimi decenni dell’Ottocento
              e i primi anni del Novecento, affievolendosi poi via via fin
              quasi ad esaurirsi di nuovo.
              Così, oltre la “Giovine Italia” e la sopra riportata “Gazzetta cittadina”,
              e sempre in Barletta, il Vecchi stampò pure “Il Fieramosca.
              Periodico settimanale, amministrativo, politico, commerciale”
              succedendo anche in tal caso al tipografo Giuliani esattamente
              dal n. 12 dell’anno II (24 marzo 1878) sino all’ultimo (n. 21 del
              30 maggio).
              Per fortunata combinazione, si può compiere qui immediatamente
              il raffronto tra il differente grado tecnico e artigianale delle
              due industrie: le pagine scolorite e ingiallite del modesto Giuliani
              stanno a fianco di quelle ancora riposanti e quasi affatto candide
              del “Manuzio pugliese”, per riprendere un’immagine già adottata,
              pur con una diversa significazione, dal Beltrani, dal Francia e dal
              Ronchi.
              La serie dei giornali barlettani del Vecchi si viene perciò componendo
              quasi ad incastro, e per spontanea successione, dal “Circondario”
              e dalla “Gazzetta” alla “Giovine Italia” a questo “Fieramosca”,
              esso pure di indirizzo popolare e progressista, che aveva
              iniziato le pubblicazioni il 16 settembre 1877, essendone direttore
              responsabile il signor Giuseppe Verdi, sino, ancora, a “Il Progresso”,
              dato alle stampe nel 1884, quando ormai da un quinquennio
              il Vecchi era passato in Trani, quasi a postumo suggello del suo
              periodo barlettano ed a chiarimento ulteriore dei suoi ideali eticopolitici.
              Finalmente, l’ultimo giornale barlettano che rechi ancora il
              nome del Vecchi, ma quando già egli aveva affidato la sua tipografia
              all’ottimo allievo Gennaro Dellisanti, è “La Parola. Gazzetta
              del Popolo Settimanale”, Tipografia Vecchi e Dellisanti, Direttore
              Responsabile Michele Del Popolo, 25 novembre-8 dicembre
              1888.
              Pur avendo resistito tre soli numeri, merita di essere ricordato,
              perché vi appaiono, quasi in segno di gratitudine affettuosa, ancora
              uniti i nomi del maestro e dell’allievo, che pur avevano sciolto
              già nel 1885 la loro società tipografica1.
            _________________________
              1 Estratto dalla monografia “La Giovine Italia di Niccolò Montenegro e
              la stampa politica barlettana nel decennio di Valdemaro Vecchi (1868-
              1879)” di Giuseppe Brescia, in “Annuario 2009-2010” della Libera Università
              degli Studi “G.B. Vico”, Liceo Ginnasio Statale Carlo Troya.
            
            Giuseppe Brescia (marzo
              2012)
            
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