PORTALE DI INFORMAZIONE E ATTUALITA' SU BARLETTA E DINTORNI
home | abbonamenti | archivio il Fieramosca | lettere al direttore | redazione | contatti

Cerca nel sito

 
  PERSONAGGI: VECCHI VALDEMARO << torna alla scheda

 

Vecchi il grande comunicatore
Presentazione del volume di Renato Russo sul tipografo-editore fidentino che, nella seconda metà dell’Ottocento, impiantò a Barletta, e consolidò poi a Trani, la sua stamperia da dove sarebbe partita la rinascita culturale della Puglia. Alla manifestazione, nella Sala Rossa del Castello, presenti il sindaco Nicola Maffei e la dirigente alla cultura Santa Scommegna, che hanno tracciato le linee di sviluppo dell’impegno culurale dell’Amministrazione Comunale

Tipografo, editore, cronista, ma anche promotore di cultura nella Puglia post-unitaria di fine Ottocento, la vicenda umana e aziendale di Valdemaro Vecchi rivive nelle pagine dell’ultimo libro di Renato Russo, qui raccontato e spiegato al pubblico da Michele Cristallo nel corso della sua presentazione alla Sala Rossa del Castello di Barletta Dopo essersi diffuso sull’importanza della stampa nella storia della civiltà (una delle grandi invenzioni che hanno contribuito a cambiare le condizioni di vita sulla terra), Cristallo passa alla presentazione del volume.

 

A distanza di quattro secoli dall’invenzione della stampa, un altro benemerito dell’arte tipografica, novello Gutenberg, tentò la sua avventura professionale e umana, lontano dalla sua terra natia. E, come gli allievi del Gutenberg furono accolti a Subiaco, Valdemaro Vecchi, giovane tipografo di 28 anni, nato a San Dominio in provincia di Parma, scelse Barletta per cercare gratificazione professionale ed economica dalla sua professione. Proveniva da Alessandria dove conduceva, con scarsa fortuna, una tipografia. Un amico compaesano, Giuseppe Onesti, delegato scolastico con incarico di direttore in una scuola di Barletta, gli parlò della vivacità economica e culturale della nostra città fino a convincere Valdemaro Vecchi a trasferirsi con la giovane moglie in Puglia.
Gli allievi di Gutenberg trovarono ospitalità in Italia nel convento dei Benedettini di Subiaco; Vecchi ebbe ospitalità a Barletta in alcuni locali del convento di San Domenico che il Comune di Barletta gli offrì in comodato gratuito per cinque anni.
Era il  1868. Un anno fondamentale nella storia della diffusione della cultura a Barletta, in Puglia e nel Mezzogiorno. Ecco, Valdemaro Vecchi, pioniere dell’arte tipografica in Puglia, è oggetto dell’ultimo libro di Renato Russo, appena pubblicato dall’Editrice Rotas e che è al centro di questo nostro incontro.
Russo, molto opportunamente, osserva che la storia di Barletta presenta ancora numerose zone d’ombra, fatti e personaggi poco noti quando non del tutto sconosciuti.
Con la pubblicazione di questo libro l’autore non solo colma una delle tante lacune ancora esistenti sulla storiografia di Barletta, ma rende giustizia alla memoria di un personaggio che ha scritto una pagina importante nella storia culturale della Puglia, un personaggio che ha contribuito efficacemente alla crescita civile della nostra comunità.
Perché Valdemaro Vecchi, come giustamente osserva Russo, non solo fu un eccellente tipografo, egli fu un grande organizzatore della cultura in Puglia e con le sue iniziative editoriali, con le sue pubblicazioni promosse il risveglio della vita intellettuale nella nostra regione favorendo la nascita di un moderno centro di diffusione culturale.
Vecchi giunse a Barletta all’indomani dell’Unità d’Italia, in un Mezzogiorno ancora “intontito” dagli avvenimenti post risorgimentali che avevano disegnato una realtà sociale e politica del tutto nuova per una società appena uscita dall’esperienza borbonica, che aveva conosciuto l’onta del brigantaggio, che aveva, in un certo senso subito e subiva ancora, la prepotenza dei cosiddetti liberatori piemontesi.
Era il momento delle grandi novità, delle grandi svolte politiche, delle grandi ambizioni ma anche dei grandi problemi.
Il Sud usciva da una esperienza storico-politica fatta di miseria, di emarginazione, di promesse non mantenute, per imboccare una svolta epocale. Era un momento delicato nel quale il supporto   culturale, di informazione e di educazione alla novità insorgente, rappresentava uno strumento indispensabile e irrinunciabile di crescita.
Ecco, in questo contesto, Valdemaro Vecchi rappresentò il punto di riferimento per la realizzazione di un processo di formazione, un cenacolo di idee e di iniziative che esercitò a lungo una positiva influenza anche nella politica.
A questo centro culturale facevano riferimento Romeo Scelza, Giacomo Boggiano, Pietro Cafiero, Giambattista Calò, Francesco Paolo de Leon, Giacinto Esperti, Benedetto Paolillo, Vincenzo Passaretti, Francesco Saverio Vista e tanti altri.
Il Fieramosca, Il Circondario di Barletta, La Giovane Italia, l’Unione Democratica, La Gazzetta Cittadina, il Progresso, la Zanzara, sono alcune delle 32 testate edite dal Vecchi e sulle quali si dibattevano i problemi della cultura, delle istituzioni, della politica, dell’arte, dell’economia. Erano baluardi di promozione culturale, di informazione e strumenti di confronto e polemica in una città che viveva uno dei momenti più fortunati di prosperità produttiva e quindi economica. Era l’epoca nella quale Barletta assumeva le caratteristiche urbanistiche di una grande città, inaugurava il suo Teatro comunale Curci, si imponeva come una delle città più prospere del Mezzogiorno.
Accanto ai periodici cittadini, Vecchi cominciò a stampare periodici e riviste. Tra queste la famosa “Rivista di Giureprudenza” nata nell’anno di cessazione delle pubblicazioni de “Il Circondario”.
Fu un passo impegnativo in quanto si trattava di un periodico  indirizzato a un numero più vasto di lettori, ma di lettori qualificati e quindi più esigenti.
Non solo; ma la Rivista di Giureprudenza nasceva in concorrenza con l’editoria giuridica napoletana e quindi era destinata a rompere l’isolamento culturale in cui versava la Puglia nel campo delle scienze giuridiche. Era, quindi, il primo tentativo di un lavoro intellettuale collettivo della Puglia.
Fondata e diretta dall’avv. Giuseppe Alberto Pugliese, ospitava scritti dei più famosi giuristi dell’epoca sui temi di sociologia giuridica, criminologia, psicologia collettiva.
E poi, i saggi storici che diffondevano la conoscenza del patrimonio storico, artistico, paesaggistico, della Puglia. Fu un periodo molto fortunato e proficuo per Valdemaro Vecchi che decise di trasferire la sua attività a Trani che gli offriva maggiori opportunità di lavoro proprio per le connotazioni culturali e intellettuali di quella città: “Trani - scrive in un saggio in parte riportato dal Russo - con i suoi stabilimenti giudiziari e la vasta e colta società di magistrati, giuristi, avvocati, che vi risiedeva e vi faceva capo, gli consentiva di farsi stampatore di tutta quella letteratura di atti e giurisprudenza e di organizzare, in una proiezione nazionale, come solo una editoria efficiente può fare, tutta quella cultura altrimenti destinata a rimanere nel ristretto ambito delle aule di quelle Corti e di quei Tribunali.”
Non a caso a Trani nasce anche la famosa “Rassegna Pugliese” di scienze, lettere e arti. Della quale fu anche direttore, distribuita oltre che in Puglia, anche a Roma e a Napoli.
Fu questo l’impegno più notevole proprio per gli obiettivi e le responsabilità di cui si faceva carico sin nella circolare con la quale diffuse il suo progetto editoriale: la rivista avrebbe ospitato la storia, l’archeologia, l’arte e le lettere, la statistica e le scienze economiche e giuridiche, la zoologia, la geologia, la botanica, l’agricoltura e la meteorologia, l’igiene e la medicina.
I risultati non si fecero attendere sino a divenire, come scrisse Saverio La Sorsa, il vero “Olimpo della cultura pugliese”.
Un Olimpo che aveva i suoi dei in tanti illustri collaboratori, tra i quali Arcangelo Prologo, Giovanni Beltrani, Francesco Carabellese, Giovanni Bovio, Francesco Cutinelli, Carlo Massa, Giacinto Francia, Giuseppe Petraglione, Raffaele Cotugno, Raffaele De Cesare, Giustino Fortunato, Antonio Salandra, Ottavio Serena, Francesco Saverio Nitti, e i giovani Pasquale Cafaro, Tommaso Fiore, Michele Viterbo, Benedetto Croce che, appena diciannovenne, cominciò a collaborare alla Rivista sin dal 1885.
Vecchi ebbe con Croce un lungo, solido rapporto di amicizia e stima reciproca. Fu lo stesso Vecchi a “lanciare” in un certo senso il grande filosofo e fu lo stesso Vecchi ad agevolare il rapporto successivo di Croce con il nascente editore Laterza.
Tutti questi avvenimenti Russo racconta con lo scrupolo del ricercatore, l’impegno dello studioso, l’entusiasmo del propagatore di cultura.
Ricca e opportuna, come in tutte le opere di Russo, l’appendice di documenti, la cronologia degli avvenimenti, il contesto storico-sociale, i personaggi. Un autentico valore aggiunto al libro che fa la gioia degli studiosi interessati i quali se ne avvarranno per le loro ricerche.
Nel testo su Vecchi, Russo ci offre addirittura un campionario di caratteri di stampa, un vero e proprio dono e una autentica scoperta soprattutto per i giovani di oggi cresciuti all’ombra del computer che ha il grande merito di avere profondamente alterato le modalità di comunicazione e trasformato ogni tipo di informazione con una capacità di diffusione incredibile anche qualche decennio fa, ma che ha letteralmente cancellato  il fascino dell’arte tipografica.
Oggi la società dell’informatica ci ha resi tutti più esigenti e frettolosi, rubandoci un po’ di quella fetta di riflessione che ci aiuta a prendere decisioni più meditate e quindi più sagge.
Non siamo ancora alla soglia della società demassificata, come prevedevano i futurologi, ma siamo in piena era di informazione personalizzata. L’uomo di oggi ha la possibilità di scegliere, addirittura di preselezionare ciò che gli interessa nell’universo multilingue di informazioni.
Però, nell’era di Internet e dell’informazione abbondante, gratuita e personalizzabile, coloro che forniscono informazioni, questo ruolo centrale se lo devono meritare, se lo devono conquistare attraverso la costruzione di una loro identità che si traduce in competitività rispetto ai concorrenti. Come si vede, sotto questo aspetto, non è cambiato il principio fondamentale, originario di chi fa comunicazione: originalità, identità, credibilità.
Erano queste, precise connotazioni della macchina informativa messa in piedi da Valdemaro Vecchi il quale aveva sempre ben presente l’esigenza che l’uomo ha avvertito fin dal suo apparire sulla terra: l’esigenza di comunicare in ogni forma e con ogni mezzo a sua disposizione.
Sin dalle raffigurazioni pittoriche del Paleolitico, da quelle incisioni sulle pareti delle cavità sotterranee, per giungere, attraverso l’invenzione della scrittura con l’uso dei pittogrammi, dei segni cuneiformi, dei geroglifici egizi, l’invenzione dell’alfabeto, l’invenzione del papiro e della carta,  la realizzazione dei primi libri manoscritti, la prodigiosa invenzione di Gutenberg di cui ho detto all’inizio, sino all’era informatica che oggi viviamo.
Al centro di questo lungo affascinante viaggio nell’evoluzione della comunicazione, l’uomo con il suo forte inesauribile bisogno di conoscenza da scambiare con il proprio simile. Quindi la forte esigenza di comunicare. E l’uomo, per le sue limitate possibilità, non è in grado di accogliere in uno stesso tempo, numero e estensione, la molteplicità dei messaggi che possono o potrebbero essergli rivolti.
Ecco quindi la necessità dei mediatori.
I mediatori per eccellenza, quelli che lo fanno per professione sono i giornalisti, gli scrittori, gli editori, se volete gli operatori dell’informazione.
Quando ognuno di noi compra un giornale, un libro, ascolta la radio, o guarda la televisione, diventa destinatario di una serie di informazioni che gli vengono da più parti: dal giornale che legge, dalla radio che ascolta, dalla televisione che guarda, dal computer che gli consente di navigare in internet e così via. In quel momento egli è anche giudice, nel senso che legge, riflette, apprezza, critica, dissente, in una parola giudica anche la forma e la qualità delle informazioni che riceve.
Ecco, in quel momento egli è protagonista, il più importante della comunicazione, ma è soprattutto anch’egli un tassello, il più importante, di quel grande mosaico che è la comunicazione.
Valdemaro Vecchi, nell’epoca in cui ha operato è stato un grande comunicatore. Come lo è oggi Renato Russo con la sua casa editrice Rotas che da anni esercita un ruolo importantissimo nella promozione della cultura con particolare riferimento a quella di Barletta e del suo naturale circondario.
Quando Russo, nell’introduzione al libro su Valdemaro Vecchi scrive delle tante zone d’ombra nella storia di Barletta, fa una critica e lascia intravedere un impegno e una prospettiva. L’impegno di coloro, pochi purtroppo, che hanno a cuore la vicenda storico-culturale di questa antica e bellissima città, la prospettiva che missionari  come l’Editrice Rotas possano, di libro in libro, illuminare queste zone d’ombra mettendo a disposizione della collettività altre informazioni sulla storia di questa nostra meravigliosa terra, perché attraverso la conoscenza e lo studio del passato possano trarsi insegnamenti e stimoli per il presente.
Io vivo ormai da 35 anni lontano da Barletta, sia pure di pochi chilometri. Devo constatare, con molta amarezza, non se ne abbiano a male i miei concittadini che la mia città ha registrato negli ultimi decenni un forte calo di tensione e di attenzione vero i problemi della cultura. La cultura ha pagato lo scotto di un progresso all’insegna della crescita industriale ed economica. Il dio denaro l’ha fatta  da padrone a scapito di altre componenti altrettanto importanti se non fondamentali nel processo di crescita civile di una comunità.
Per dirla tutta, Barletta negli ultimi decenni si è comportata in modo da mettere a rischio la sua storica e consolidata leadership nel suo naturale circondario. Si guardi alla sceneggiata che scandisce da qualche anno la vicenda della Sesta Provincia, quella che sarebbe dovuto essere a pieno titolo la Provincia di Barletta.
In questo contesto il ruolo e la responsabilità degli organi di informazione e di comunicazione, è importante, fondamentale.
Ebbene, comunicatori e propagatori di cultura come Renato Russo sono una risorsa preziosa e indispensabile per quel complesso di attività tese alla costruzione di una società più matura e più consapevole.
L’aver indicato alla collettività, attraverso il libro che questa sera ho l’onore di commentare, quel grande tipografo, editore e quindi operatore della comunicazione quale fu Valdemaro Vecchi, rappresenta un’altra grande importante pietra aggiunta alla costruzione di quell’edificio della conoscenza della storia patria, baluardo non solo di cultura, ma strumento fondamentale di democrazia, quella democrazia di cui è titolare e destinatario colui che più sa, che più conosce, che dispone di maggiori mezzi di giudizio, di confronto e quindi di scelta.
La dittatura, non dimentichiamolo, ha sempre trovato terreno fertile nell’ignoranza.
Un popolo è tanto più libero quanto più è informato. E quando muore una testata, di qualsiasi parte, ideologia, pensiero e opinione, quando chiude una casa editrice è come se si ammainasse una bandiera, la bandiera di quel grande irrinunciabile bene che è la libertà di essere informati.
Valdemaro Vecchi, in tempi difficili, nei quali più forte era il bisogno di informazione e formazione della società, ha rappresentato degnamente quella bandiera e Renato Russo e la sua casa editrice Rotas bene ha fatto a ricordarlo ai barlettani e ai pugliesi.

Michele Cristallo (Aprile 2007)

<< vai all'indice del canale

 
© 2003 - Editrice Rotas Barletta. Tutti i diritti sono riservati.