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Valdemaro Vecchi, un gigante dell’editoria pugliese

Seguo Renato Russo da tempo, mi stupisce la puntualità con cui manda in edicola da 34 anni “Il Fieramosca”, un mensile di cultura, informazione e attualità che racconta la vita a Barletta e nel contempo apprezzo gli sforzi che compie nel tenere dietro alla storia patria sia come responsabile dell’Editrice Rotas sia come autore. Il suo cavallo di battaglia nell’indagine documentaria non è la Disfida come ci si aspetterebbe da un barlettano, ma Federico II di Svevia, sul quale ha pubblicato una decina di volumi. Ma i più grandi amori conoscono prima o poi il tradimento e anche Federico si è arenato di fronte a un gigante dell’editoria pugliese, Valdemaro Vecchi, del quale nel febbraio del 2006 sono trascorsi i cento anni dalla morte.
Proprio Vecchi era stato ai suoi tempi editore de “Il Fieramosca”, testata di servizio che Russo ha ripreso e rilanciato a distanza di un secolo. Ma gli organi di stampa che avevano reso celebre l’editore erano la “Rassegna Pugliese di scienze, lettere e arti” e “La Critica”, quest’ultima fondata nel 1903 e diretta da Benedetto Croce, come proprio Russo racconta in un poderoso volume uscito all’inizio dell’anno e dedicato a “Valdemaro Vecchi  ricordo del grande tipografo-editore”.
“La mia famiglia era di Borgo San Donnino nel Parmense, ove sono nato anch’io, e ancora nel principio di questo secolo era fra le più cospicue del paese”, scrive l’editore in alcune pagine autobiografiche. Era dunque parmigiano e figlio di un tipografo che nel 1853 aveva dovuto chiudere bottega per fallimento. Due anni dopo, a quindici anni, per aiutare la famiglia, Valdemaro si trasferisce a Milano, dove lavorerà come “proto” nella tipografia Guglielmini per alcuni anni.
In realtà egli coltiva una doppia passione, per l’editoria e per il giornalismo e tornato a Parma, è questa seconda strada che batte e nel 1862 accetterà di dirigere una tipografia ad Alessandria. Alessandria gli portò fortuna, perché gli diede la compagna per la vita, Luisa Penna e l’acquisto di una piccola tipografia.
L’Unità d’Italia stava provocando un movimento da Nord a Sud e viceversa. Fu il compaesano Giuseppe Onesti, comandato dal Ministero come direttore delle Scuole Municipali a Barletta, a fargli balenare nel 1868 l’idea di lasciare il Piemonte per la Puglia.
La scelta fu di quelle che stravolgono  la vita, perché Valdemaro Vecchi si stabiliva in una città meridionale della quale non sapeva nulla, dove le condizioni igieniche lasciavano a desiderare, il lavoro era mal pagato, la povertà incalzante e soprattutto c’era un clima di invidie e di ostracismo verso i forestieri, le malattie della provincia meridionale.
Ma trovò anche un terreno fertile, perché nel Barese non c’erano tipografie di grande tradizione e Vecchi poteva lavorare per le intendenze e per le municipalità senza rivali. Ma la passione tipografica non dimenticava quella per il giornalismo e il 9 febbraio 1871 nasceva una voce libera e moderata con il “Circondario di Barletta”. E la fortuna arrise al giovane tipografo emiliano, tanto che nel 1879 pensò di aprire altre tipografie in altre città pugliesi.
La scelta cadde su Trani, dal momento che questa città gli dava da tempo molto lavoro. E fu tale l’interesse per il Comune marinaro che di lì a poco, forse anche per la morte del giovane figlio Tommaso, Vecchi decise di lasciare Barletta e stabilirsi definitivamente a Trani. Aveva tuttavia alle spalle già un ricco catalogo e una fama nazionale, se all’esposizione universale di Torino era stato insignito di medaglia d’argento. Prese come socio Giuseppe Pietrarota, un giovane con gran lena lavorativa e che alla morte del principale, nel 1906 prese in mano le redini dell’azienda.
La recessione economica era spaventosa e Vecchi ricorda in “Trent’anni di lavoro in Puglia”, l’autobiografia compilata nel 1898 su istigazione di De Cesare: “Non mi scoraggiai e fu anzi in questo decennio che alla tipografia di Trani aggiunsi la mia casa editoriale, unica delle Puglie”. Nell’80 Vecchi aprì ancora una filiale a Giovinazzo e nell’85, una a San Severo. L’anno prima, nell’84 aveva dato vita alla “Rassegna Pugliese”.
Tremila copie mensili e una distribuzione affidata ad alcune librerie sparse nelle maggiori città italiane. L’editore aveva intuito che la nuova Italia passava attraverso la difesa della cultura locale, che aveva alle spalle una società intellettuale di qualità ma priva di mezzi. “Da un pezzo vado pensando fra me stesso che questa terra non manca di valorosi, che alla vasta cultura della mente congiungono tanta carità del luogo natale, che facilmente sarebbero indotti ad unirsi per illustrare le glorie passate e promuovere i miglioramenti”.
La rivista, i cui indici sono stati curati qualche anno fa da A. Iurilli e M.T. Colotti, uscì per trent’anni, dal 1884 al 1913 e contò tra i collaboratori il grande Benedetto Croce, che visitò la tipografia nel maggio 1897, Raffaele Cotugno, Raffaele De Cesare, Bertrando Spaventa, Francesco Saverio Nitti e Giustino Fortunato, il quale pubblicò col Vecchi una serie di indagini su badie, feudi e castelli di Vitalba e guidò una collana di studi patrii. Dai torchi dell’editore emiliano uscirono intanto le “Cronache dei fatti del 1799”, “Il libro rosso di Monopoli”, “Le consuetudini della città di Bari”, e indagini su “La Puglia nel secolo XV” di Francesco Carabellese.
Russo è prodigo di notizie che vanno ad arricchire il repertorio curato qualche anno fa da Benedetto Ronchi. E nel definire la politica liberale di Vecchi, non manca di offrire ritratti e squarci critici colti dalla penna di intellettuali coevi e tra questi la lode pubblica da Eugenio Garin, che assimila Vecchi ai maggiori editori Italiani dell’Ottocento.

Raffaele Nigro (maggio 2007)

La Gazzetta del Mezzogiorno, 8 aprile 2007

Valdemaro Vecchi ha compiuto una vera opera di cultura e di educazione  artistica in questa Italia meridionale e merita di essere noto agli Italiani - oggi che è morto - assai più che non sia stato durante la sua vita laboriosa. Onore alla sua memoria e che la sua opera gli sopravviva.
Benedetto Croce

Precursore dei tempi moderni, pioniere dell’editoria pugliese, instaurando una scuola e una tradizione tipografica di alto livello, partendo da Barletta e da Trani, Valdemaro Vecchi contribuì alla promozione, al rinnovamento e allo sviluppo della cultura meridionale.
Eugenio Garin

La stampa, dunque come veicolo di promozione sociale e di crescita civile e culturale in un contesto dagli orizzonti sempre più ampi, da Barletta a Trani, fino a raggiungere la Puglia e di qui espandersi sull’intero Mezzogiorno.
Tommaso Fiore

Partì da Barletta, con Valdemaro Vecchi, la rinascita culturale della Puglia…
Michele Dell’Aquila

Io non so cosa sarà di Barletta fra altri dieci, fra altri vent’anni; certo una grande e ricchissima città. Ma l’avvenire è suo. Essa sarà e deve essere, per la sua posizione topografica e per la sua importanza in terra e mare, capoluogo di Provincia… Questo è il mio augurio, perocché, sebbene per ragioni professionali io non risieda più fra le sue mura, mi sento sempre un po’ barlettano.
Valdemaro Vecchi

 

 

 

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