VALDEMARO VECCHI DIMENTICATO
             Grande promotore culturale del nostro Mezzogiorno post risorgimentale,
              stampatore-editore di Benedetto Croce, partì da Barletta la sua feconda attività.
              Mentre le città di Bari e di Trani lo esaltano, Barletta lo ha dimenticato del tutto.
              Allestita a Bari, nella scorsa settimana, presso la biblioteca Nazionale “S. Visconti”
              una mostra intitolata 1861-2011 l’Italia dei libri. La storia di un
              paese fra le pagine. Presentata dal direttore della biblioteca Nazionale di Napoli
              (ad interim anche della Nazionale di Bari) dott. Mauro Giancaspro, la mostra è stata
              anche l’occasione per gettare uno sguardo sul panorama nazionale dei grandi libri
              e dei grandi autori ed editori che hanno segnato la cultura nazionale di quel tempo,
              specialmente quella del nostro Mezzogiorno.
              E in questa prospettiva, notevole rilievo è stato dato alle figure di tre grandi protagonisti
              di quella lunga stagione culturale: il filosofo Benedetto Croce e gli editori Laterza
              e Vecchi, che il coordinatore della mostra, Luciano Carcereri, nella sua conversazione
              introduttiva alla mostra, ha tratteggiato, soffermandosi su Vecchi, Croce, Laterza: virtuose
              triangolazioni (il Vecchi per primo, ma è una nostra trasgressiva licenza).
              Sul Vecchi, negli anni passati, abbiamo scritto una corposa biografia divisa in tre
              parti: le prime due rispettivamente dedicate al periodo barlettano e tranese, la terza
              ad approfondimenti sulla figura del grande tipografo, sul suo lavoro, sul suo tempo e
              quant’altro, con numerosi indici di approfondimento. Ci eravamo illusi di aver restituito
              visibilità a questo eccezionale protagonista della nostra vita sociale, politica e culturale
              di quegli anni, mentre in realtà tutto è rapidamente ripiombato nel buio. e duole che ad ignorare la sua pregnante presenza sia stata
              anche la Società di Storia Patria che avrebbe potuto
              chiudere in bellezza il suo anno celebrativo
              dei 150 anni dell’Unità d’Italia dedicandogli una
              serata.
            Vecchi a Barletta
              Per quanti lo abbiano dimenticato, Vecchi
              operò a Barletta dal 1869 al 1879, proprio nei più
              intensi anni post risorgimentali quando stampò
              un gran numero di libri sul territorio e numerose
              riviste fra cui spicca, su tutte, “Il Circondario di
              Barletta” in edicola per sei anni.
              Il Vecchi nei primi tempi della sua permanenza
              a Barletta operò nei locali al pianoterra dell’ex
              Convento di S. Domenico. Dopo undici anni si
              trasferì a Trani, ma qui, da noi, aveva lasciato
              un’orma profonda e incancellabile, la maturazione
              di un
              mestiere che metterà poi a frutto nella lunga
              stagione tranese (durerà 25 anni). Ma con l’orma
              di sé e del suo lavoro, lascerà anche un doloroso
              ricordo, la prematura morte del figlio Tommaso il
              cui monumento funebre è ancora oggi ben visibile
              sul vialetto d’accesso al cimitero di Barletta.
              È un mezzo busto opera dello scultore Manuti,
              che aveva appena finito di scolpire (1880) il monumento
              a Massimo d’Azeglio.
            
              
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                  Gentilissimo 
                    Dottor Russo,le scrivo
                    per ringraziarla
                    del graditissimo dono della
                    sua biografia
                    di Valdemaro
                    Vecchi che, tra
                    l’altro, mi ha
                    fatto riscoprire
                    rapporti di scambio
                    culturale e librario tra
                    la Puglia e Napoli, rapporti che personalmente
                    recepisco e vivo anche con
                    emozione essendo nativo di Napoli, ma
                    di padre molfettese, e dividendo il mio
                    impegno lavorativo tra la biblioteca Nazionale
                    di Napoli, di cui sono direttore da
                    sedici anni e la biblioteca Nazionale di Bari di cui sono direttore ad interim.
 Un lavoro, il suo, esaustivo e dettagliato
                    che aggiunge alla storia della
                    editoria e della tipografia italiane un assai
                    significativo segmento: motivo per il
                    quale desidero formularle i più sinceri
                    complimenti.
 Nel suo lavoro, del resto, c’è un valore
                    aggiunto che non può non affascinare
                    chi, come me - e per fortuna come tanti
                    altri - reagisce all’invasiva prevaricazione
                    dell’informatica con un’intramontabile
                    e inguaribile passione di bibliofilo che
                    mi fa apprezzare le edizioni allestite con
                    una cura maniacale che si esprime nella
                    scelta di tutte quelle soluzioni che fanno
                    di un buon libro come il suo, anche un bel
                    libro. Libro che per la carta, la rilegatura,
                    l’apparato iconografico e i caratteri tipografici rinnova il grande piacere di avere
                    tra le mani e sotto gli occhi un bel prodotto
                    dell’arte tipografica.
 Grazie ancora, con vivissima cordialità.
  Mauro Giancaspro
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            Renato Russo (ottobre
              2011)
            
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