| LA PINACOTECA DE NITTIS SE  CENT’ANNI SON POCHI… Lunghe code di turisti attendono  pazientemente il proprio turno per accedere finalmente ad ammirare la Pinacoteca “De Nittis”. Finalmente, cioè dopo quasi cent’anni, da quel lontano 1913, quando la  vedova del nostro grande artista, Léontine, poco prima di morire, decise di  donare al Comune di Barletta la ricca collezione di quadri che aveva conservato  per quasi trent’anni, dalla data della morte del marito: 171 fra tele,  acquarelli, pastelli, disegni, acqueforti, puntesecche, nonché la biblioteca di  famiglia, in cui spiccano numerosi libri con dediche autografe al marito da  parte dei principali artisti e di alcune fra le più eminenti personalità del  suo tempo. Un patrimonio di inestimabile valore che, dopo quasi un secolo, oggi  trova finalmente la sua degna e definitiva dimora, nelle ampie sale di Palazzo  della Marra, uno dei più prestigiosi palazzi della città.Cent’anni, o giù di lì, un po’  tanti, segnati da colpevoli dimenticanze, da imperdonabili ritardi, frenati  persino da due lunghe pause belliche… Poi, le lungaggini burocratiche della  seconda metà del Novecento… Ed è anche per questo che il sindaco Maffei,  facendosene carico, nell’annunciare la cerimonia inaugurativa della Pinacoteca,  ha tenuto a sottolineare, quasi una tardiva riparazione, come, con questa  inaugurazione, la città abbia inteso saldare un debito annoso alla memoria  di quest’artista che ha reso celebre Barletta, senza che, per tanto tempo, le  sue opere ricevessero adeguata sistemazione. Con l’auspicio che la nuova  definitiva dimora ripari alle manchevolezze del passato. Con l’inaugurazione  della Pinacoteca - ha concluso il sindaco - onoriamo il patto con Léontine  De Nittis. Come dargli torto.
 Ma bando ai rimpianti e agli  immalinconimenti gozzaniani, di ciò che avrebbe potuto essere e non è stato.  Oggi che la Pinacoteca   De Nittis è là, e i quadri del grande artista barlettano sono  in bella esposizione all’ammirazione dei visitatori, bando anche alle sterili  recriminazioni. E allora della Pinacoteca non ci resta che goderne la vista,  nella assortita rassegna che gli allestitori delle sale hanno curato. È vero, i  quadri non ci son tutti, ma non mancherà occasione per chiedere come e quando  ci sarà un avvicendamento fra le tele esposte con quelle mancanti.
 Sgarbi, che del nostro grande  artista è un sincero ammiratore, dopo aver confessato di aver acquistato una  sua tela, ha annoverato Giuseppe De Nittis fra i grandi pittori europei  dell’Ottocento, il più grande impressionista italiano. Lo sapevamo, ma avercelo  ricordato, ci ha inorgogliti una volta di più.
 Passando in rassegna ora le sale  della Pinacoteca, essa non è impostata cronologicamente ma tematicamente in  sette sezioni delle quali ricorderemo qualcuno dei capolavori esposti. PAESAGGI:  otto tele della Scuola di Resina, pittura en plain air; CITTà: Parigi con la sua vita  brulicante, moderna, febbrile: Piazza assolata, In fiacre, Ponte  sulla Senna; NEVE: In slitta, Passeggiata invernale,  Presso il lago; CORSE: Alle corse di Auteuil - sulla seggiola, Le corse a Longchamp; LÉONTINE: Colazione in giardino, Giornata  di inverno, Figura di donna; DANS LE MONDE: Salotto della  principessa Matilde; RITRATTI:  ritratti vari e studi femminili.
 I più importanti capolavori  risalgono all’ultimo periodo della vita dell’artista, a tutto il 1883 e ai  primi del 1884, e questa circostanza ancora di più ci rattrista per la sua  morte prematura, non essendo difficile immaginare quali e quante altre  meravigliose tele il nostro Peppino avrebbe dipinto, lui, passato a miglior  vita a soli 38 anni, come ebbe sconsolatamente a ricordare Alessandro Dumas  nell’epitaffio che dettò per il suo monumento funebre, eretto al Père Lachaise  di Parigi, accanto al cippo di Chopin: Ci gît / le peintre Joseph De Nittis  / mort a trente-huit ans / en pleine jeunesse / en pleine amour / en pleine  gloire / comme les héros et les demi-dieux.
 I mercanti d’arte continueranno a  vendere i quadri di De Nittis ancora in loro possesso (l’ultimo, Fiori  d’Autunno, nel 1913, all’editore italiano Angelo Sommaruga). Tutti gli  altri quadri, invece, quelli conservati nell’atelier del pittore,  resteranno gelosamente custoditi dalla vedova Léontine, una vera collezione  d’arte ch’essa aveva conservato pressoché integra per quasi trent’anni e che -  alla vigilia della morte - con generoso atto di liberalità avrebbe donato alla  città di Barletta.
 Renato Russo (luglio
                  2007) << vai all'indice
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