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IL RESTAURO DELLA SACRA ICONA DELLA MADONNA DELLO STERPETO

Esposta dal primo maggio in Cattedrale, alla venerazione dei fedeli, la Sacra Icona della Madonna dello Sterpeto, dopo l’ultimo restauro realizzato dal maestro Cosimo Cilli di concerto con la consulenza della Sovrintendenza alle Belle Arti di Foggia-BAT.
Il primo restauro risale al marzo del 1930. Tutto languiva, nel vecchio Santuario abbandonato, mentre erano imminenti le celebrazioni del secondo Centenario della dedicazione della città alla Madonna, del 31 maggio 1732. Tre sacerdoti, contribuirono alla rinascita del Santuario.
Nel 1929 il ripristino delle celebrazioni cultuali fu affidato a mons. Orazio de Fidio nella funzione di cappellano.
L’anno dopo mons. Ruggero Dicuonzo scrisse un libricino sulla Madonna dello Sterpeto, La Stella di Terra Baruli (Ed. F.lli Defazio - Barletta), che avrà ben presto quattro edizioni in pochi anni, contribuendo al risveglio - fra i fedeli - del culto per la Madonna. Queste iniziative, unitamente alla presenza di mons. Raffaele Dimiccoli parroco di S. Filippo, attivarono una serie di attività dirette alla ricostruzione del monastero. La più importante delle quali fu quella promossa dal presidente della Commissione delle Feste Religiose, don Luigi Scuro, presidente della Cementeria, che nel 1930 intraprese una pubblica sottoscrizione con la quale fu acquistata una vasta area. Al tempo stesso, avvicinandosi - come abbiamo detto - la data del bicentenario della dedicazione della città alla Madonna, l’arcivescovo Giuseppe Maria Leo dispose un primo restauro effettuato dal prof. Corrado Mezzana membro della Commissione Pontificia di Arte Sacra, secondo il quale l’icona, di probabile mano bizantina, risaliva al XIII secolo. Il professore poté esaminarla dopo che fu calata dall’altare, liberata dalla cassa di zinco, dallo schermo ricamato che nascondeva la metà inferiore e dalle raggiere dorate, rilevando “il pigmento annerito e qualche incauta lavatura che aveva determinato sul volto della Vergine una vasta zona sbianchita”. In verità, più che un restauro, questo primo intervento fu una attenta ricognizione dello stato dell’opera pittorica, con un modesto e limitato intervento conservativo, come l’eliminazione di alcune sporgenze e l’aspersione di petrolio nella parte posteriore. Il professore suggeriva le modalità del restauro da realizzare, come “il trasporto” della pittura su tela doppia o su tavola nuova debitamente rinforzata ed altri interventi minori.
Frattanto, nel 1932, solenni furono le celebrazioni bicentenarie sotto l’impulso delle quali, nella primavera del
1933, per un verso si diede inizio alla costruzione del nuovo Santuario, e per altro verso, dietro pressante interessamento di mons. Raffaele Dimiccoli, giunsero a Barletta i primi monaci Cistercensi.

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I padri Cistercensi attesero diciotto anni prima di promuovere il secondo restauro dell’Icona e fra la fine del 1948 e gli inizi del 1949 essi si rivolsero al prof. Amerigo Barracchia il quale constatò che il primo vero intervento restaurativo non era stato quello del prof. Mezzana, ma risaliva ad epoca imprecisata ma remotissima, rilevabile sia dalla sovrapposizione di un velo di vernice, che dalla presenza, sulla tavola, di due mani, una sul volto della Vergine (di fattura bizantina, risalente - a suo parere - agli inizi del XII secolo) e l’altra sul resto del dipinto, assegnabile ad epoca posteriore.
Il prof. Barracchia si attardò sulla qualità del restauro tracciandone una puntuale ricostruzione. Gli interventiprincipali del restauratore furono la pulitura delle figure della Vergine e del Bambino, la pulitura della doratura degli angeli e della corona, la ricostruzione della spalla destra della Vergine e le gambe del Bambino. Una licenza del restauratore fu l’arbitraria ricostruzione della manina del piccolo sovrapposta sul mantello muliebre. Il restauro fu dettagliato in una breve ma incisiva relazione di mons. Salvatore Santeramo.
Il restauro non trovò unanimità di consensi. Mentre infatti fu generalmente apprezzato il fatto che, rispetto alla tela precedente, fosse stata lasciata libera la parte inferiore, prima coperta da una pettorina dorata, molte perplessità destò la pulitura del viso della Vergine che, oltre a schiarirsi, sembrò avesse cambiato espressione.
Dopo l’inaugurazione - il 15 settembre 1977 - del nuovo santuario (quello attuale), poiché il restauro del ’49 non aveva risolto tutti i problemi restaurativi dell’Icona, i Giuseppini (frattanto subentrati - dal 1951 - ai Benedettini Cistercensi), nel novembre del 1978 affidarono un terzo restauro alla Sovrintendenza per i Beni Artistici della Puglia (Bari), i cui esperti Michele Giove e Del Core-Carminati, completarono i lavori di ripristino della tavola, utilizzando le più aggiornate tecniche scientifiche restaurative. Ce ne ha lasciato una puntuale relazione il prof. Clemente Marsicola.

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Nella primavera del 2016, dopo trentotto anni dall’ultimo intervento, il Capitolo Cattedrale ha affidato un nuovo
restauro all’équipe del Laboratorio Diocesano di restauro diretto dal maestro-restauratore Cosimo Cilli che l’ha portato a compimento sotto l’attenta sorveglianza della dott. ssa Antonella Dimarzo della Sovrintendenza archeologica di Bari. Il 24 aprile il maestro Cilli ha consegnato la Sacra Icona restaurata ai padri Giuseppini e, tre giorni dopo, nella Sala Convegni del Santuario, nel corso di un partecipato incontro, l’esito del lavoro è stato presentato ad un attento pubblico.
Il maestro Cilli, nel corso della sua puntuale esposizione, dopo aver ricostruito brevemente la storia dei precedenti restauri, ha spiegato i motivi per i quali si è reso necessario questo quarto intervento - realizzato con le più aggiornate strumentazioni - che ha dettagliatamente illustrato utilizzando una serie di diapositive. In particolare ha spiegato che il suo intervento - seguito con attenzione dalla Sovrintendenza di Foggia e BAT - si è reso indifferibile per una serie di problemi intervenuti in questi ultimi anni sulla alterazione cromatica della effigie: in particolare i sollevamenti di alcune parti dell’Icona, della protesi in araldite, le ossidazioni delle vernici protettive, i segni deturpanti di insetti xilofagi.
Il lavoro ha avuto tre fasi: la prima di diagnostica realizzata attraverso radiografie, fluorescenza a raggi ultravioletti e microscopia ottica; la seconda (inizio del restauro vero e proprio), attraverso la pulitura, il consolidamento e la stuccatura della tavola; la terza, il completamento restaurativo, attraverso la reintegrazione pittorica del quadro e il ripristino della doratura (in particolare: stesura del bolo, patinatura delle dorature, verniciatura, ripristino della spalla, intervento sulle svelature del volto e delle gambe del Bambino, revisione della corona e degli angeli laterali, ricostruzione dell’acronimo “Madre di Dio”).

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All’incontro, coordinato da Riccardo Losappio direttore dell’Ufficio Comunicazione della Diocesi, sono intervenuti: S.E. l’arcivescovo mons. Giovan Battista Pichierri, don Nicola Napolitano direttore dell’Ufficio Diocesano Beni Culturali, per la Sovrintendenza ai Beni Culturali Italo Muntoni che ha portato il saluto della Sovrintendente Simonetta Bonomi e il maestro Cosimo Cilli che ha illustrato le fasi del restauro. Fra il numeroso pubblico erano presenti il vicario generale dell’Arcidiocesi mons. Giuseppe Pavone, il vicario episcopale di Barletta mons. Filippo Salvo, il rettore del Santuario padre Francesco Russo e l’arciprete del Capitolo Cattedrale di Barletta mons. Angelo Dipasquale. Il sindaco, Pasquale Cascella, in chiusura dell’incontro, non ha mancato di manifestare il suo apprezzamento per il lavoro restaurativo compiuto, che ha restituito la Sacra Icona della Vergine alla venerazione del popolo. Numerosi gli organi di stampa e le Tv locali che hanno dato grande risalto all’evento.

Renato Russo
(maggio 2017)

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