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BAT e SVILUPPO LOCALE


Spesso mi soffermo a riflettere sui molteplici elementi che caratterizzano lo status di ciascuna città aderente alla nuova e tanto agognata sesta provincia.
In questo ampio panorama fatto di società, politica, servizi, economia si collocano le scelte che effettuate da ciascuna comunità, producono nel tempo effetti di sviluppo più o meno marcati. Si assiste a discussioni nei bar o negli studi delle emittenti locali di bassissima levatura, nelle quali si discute dell’assetto della nuova provincia in maniera del tutto riduttiva, badando solo ai deteriori “campanilismi” o a presunti diritti di “copyright”.
Io credo che il termine migliore e più proficuo per definire la nuova provincia sia sfida e tale sfida è per giunta bilaterale, ovvero all’esterno rispetto alle altre province pugliesi, ed all’interno per definire quale sia o diventi nel tempo il motore della provincia stessa.
Rispetto al fattore esterno mi piace solo osservare come sia stato marginale il ritorno sulla sesta provincia dell’investimento politico fatto sul Presidente Vendola pur non cambiando comunque nulla dal precedente governo Fitto.
Quanto alla sfida interna che non viene colta a mio avviso nel modo giusto soprattutto dai Barlettani che oggi, dopo aver accettato la triplice provincia, ogni tanto ricordano di metterla in discussione ma si capisce che questo atteggiamento è vano e soprattutto diseducativo al pari che anacronistico.
La stessa “localizzazione” delle sedi non deve essere configurata solo come il risultato di un braccio di ferro o come un evento a carattere statico di natura politico-colonica. Mi spiego. Solo la dinamica delle economie locali può favorire la corretta distribuzione delle sedi istituzionali esattamente come una “capitaneria di porto” si insedia dove c’è un porto e non in montagna. Quindi la distribuzione iniziale, alla quale basta approcciarsi con equilibrio al pari che disponibilità e buon senso, ma soprattutto da definire in tempi brevi, non è che un punto di partenza mutevole sulla base della crescita delle economie locali.
In quest’ottica, Barletta è la città che gode di maggiori possibilità, soprattutto in partnership con i comuni provenienti dalla provincia di Foggia. Bisogna dare a questi comuni e riscuotere indirettamente in un secondo momento attraverso il loro sviluppo. La discussione sul tema della provincia non deve ridursi solo alla disputa tra coppie di sindaci o consiglieri regionali che più o meno misuratamente dicono di volere la luna nel pozzo o invocano una falsa “cooperazione” mentre lavorano alla peggiore delle guerre. Il problema è che per prevalere non è necessaria una guerra, anzi molte fruttifere paci.
Ora, se il prezzo di questo risultato è la rinuncia a qualche sede istituzionale, che questo si faccia; ma nella chiarezza dell’intento comune che una collettività deve avere, ovvero lo sviluppo del proprio territorio.
Va incrementato lo scambio economico e politico con i comuni foggiani facendo così inevitabilmente pendere l’equilibrio economico nel mezzo, ovvero a Barletta. I cittadini di Barletta devono convincersi di un comune disegno di sviluppo inquadrato negli assetti della nuova provincia ma qui entriamo nella discussione in maniera più approfondita perché l’indirizzo dello sviluppo attiene alla politica e pare che in tal senso le cose non siano messe al meglio.
Partiamo dalla considerazione che ci sono fluttuazioni del livello della politica per le quali non sempre un vantaggio apparente matura e si consolida ma al contrario si riduce. Esempio di questa situazione è la città di Trani che è passata da un governo cittadino apparentemente forte ad una situazione di emergenza che ne rallenta le scelte di sviluppo.
Meno problemi pare avere l’economia di Andria ma soprattutto per il grande supporto politico che questa ha avuto nell’ultimo decennio.
Barletta invece attraversa un momento molto oscuro a mio avviso questo indipendentemente dalle forze politiche al governo della città poiché spesso tra chi governa e chi si oppone vi sono situazioni di comodo (come la remunerazione che consiglieri ed assessori percepiscono) che impediscono la presa di coscienza.
Chi governa questa città ignora lo stato di degrado che attraversa gli strati sociali della collettività e produce un atteggiamento di “ripiego”. Vi sono grandi questioni che attendono risposte, oggettive e non politiche, quali Bar.S.A. e Nuova 167 e si attende invano da anni un inizio di virata al turismo.
Anche rispetto ai servizi offerti al cittadino non brilliamo di efficienza e la circolazione stradale rappresenta un grosso ostacolo alla qualità della vita.
Inutile richiamare l’immagine di Barletta capitale immaginata dal Candidato, adesso Sindaco.
Il rallentamento risiede nella ricerca di soluzioni “politiche” a questi temi i quali vanno affrontati con una capacità ed una competenza che prescindono dal favore o dal colonialismo politico. Il Comune va alleggerito di costi inutili e vanno invece convogliate somme importanti sui servizi e su un buon piano traffico in primo luogo.
L’altro grande ed essenziale tema è quello delle scelte urbanistiche che devono essere fatte per consentire l’accesso al mercato di nuovi capitali, non necessariamente solo locali. Le scelte devono essere di ampio respiro perché devono portare ad una netta e pacifica convivenza tra l’edilizia privata e quella convenzionata realizzando così anche una gradualità del mercato immobiliare che in questo momento manca.
Dobbiamo consentire l’accesso alla casa a diversi livelli ed a costi diversi per facilitare anche l’arrivo di ulteriori cittadini dai contesti limitrofi. Vanno ricercati nuovi ed importanti spazi per l’edilizia privata e ridotti i tempi per realizzare una consistente edilizia convenzionata.
Questo significa prima di ogni altra cosa un nuovo Piano Regolatore che coraggiosamente rompa col passato e tracci i contorni della Barletta che sarà con un orizzonte temporale rinnovato.
Oltre i grandi temi connessi alla viabilità oltre che all’urbanistica ovvero tralicci da interrare passaggi a livello da eliminare, ci sono dei vincoli urbanistici che vanno assolutamente rimossi perché impediscono un corretto sviluppo della città e mi riferisco ai quartieri industriali che ostacolano lo sviluppo della città.
Un serio e credibile programma politico dovrebbe essere condiviso da maggioranza ed opposizione e condiviso con le realtà produttive, imprenditoriali e sociali per definire dei grandi temi rispetto ai quali non si può attendere e bisogna tenere salda la direzione nel tempo anche quando cambino le amministrazioni, una sorta di patto generazionale finalizzato allo sviluppo locale.

Ruggiero Balice (gennaio 2007)

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