| DAL TRENO DELLA MEMORIARiflessioni di un’alunna della “Manzoni”
 Martedì 31 gennaio, abbiamo visto in foto scure la ferocia
              della guerra.
 Per diversi giorni si è fermato a Barletta “il treno
              della memoria”.
 Alla stazione, su un vero binario, su un vero treno, abbiamo visionato
              vere foto.
 Foto che raccontano, in un silenzio mortale, il dolore di vite
              spezzate nel fuoco della guerra; perché, in una guerra,
              non vi sono vincitori, non vi sono vinti... ma solo morti.
 Pensate a quando aprite gli occhi la mattina, baciate i vostri
              cari, sorridete agli amici e camminate tranquilli nella vostra
              città.
 Pensate ora, di non poter baciare i vostri cari, perché non
              riuscite a credere che sono loro l’ammasso di ossa nel letto
              sporco, di non poter sorridere agli amici, perché essi non
              sono più al vostro fianco, di non poter camminare nella vostra
              città, che vostra oramai non è più; pensate
              solo di non poter aprire gli occhi la mattina, perché la fame è così grande
              che non avete più forze, perché le pupille si sono
              fatte pesanti e perché, senza cari, amici e città,
              il motivo per aprire quegl’occhi non lo avete più.
 Alla stazione, su un vero binario, su un vero treno, vi sono vere
              foto che raccontano tutto questo. E altro.
 Proiettano nella nostra mente, le immagini di una vita che avrebbe
              potuto essere la nostra, se solo fossimo nati un po’ diversi… ma
              diversi a occhi altrui. Perché erano sempre esseri umani
              quelli accasciati al suolo, morenti o oramai morti, ignorati da
              uomini impauriti,
              che preferiscono voltare il capo e chiudere gli occhi pur di non
              pensare a quanto fosse facile finire al posto di quei cadaveri.
 Vere foto raccontano di vite mai vissute. Raccontano di quel bambino
              che non ha mai avuto l’occasione di far volare un aquilone;
              di quel bambino che da grande, magari, sarebbe stato un “grande” uomo.
              Avrebbe scritto belle parole, avrebbe composto una meravigliosa melodia,
              avrebbe trovato la cura a una grave malattia o, semplicemente, sarebbe
              stato un essere umano in più felice su questa terra fredda.
              Ma oggi, quelle belle parole non le leggo, quella splendida melodia,
              io non la sento, intorno a me, quella grave malattia vi è ancora,
              io oggi vedo solo la foto di un bimbo morente, sul ciglio della strada,
              piangente, affamato e deluso dal mondo che lì si prostra
              davanti ai suoi occhi.
 Alla fine di tutto, dopo le foto, i video, le lacrime che abbiamo
              dentro e fuori, su un cartello nero, ci si pone una domanda: “Che
              cosa sarebbe oggi l’Europa se Hitler avesse vinto la guerra?”.
              Pensateci, credete davvero che saremmo qui a chiedercelo?
 Alla stazione, su un vero binario, su un vero treno, vere foto
              raccontano ciò che non deve essere dimenticato.
 Martina Montenegro (febbraio 2006)Classe III A Scuola Media Manzoni - Barletta
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