8
settembre 1943 - L’ARMISTIZIO A BARLETTA
Vede la luce in questi giorni l’edizione
aggiornata del libro di Giuseppe Tarantino e di Maria Grasso Tarantino
(Editrice
Rotas),
tenace figlia del colonnello Francesco Grasso, comandante del Presidio
Militare
di Barletta
nei fatidici giorni dell’armistizio. Grazie a lui e ai suoi
uomini, il Presidente Ciampi ha appuntati il 25 aprile, al Quirinale,
la Medaglia
d’Oro al Valor Militare sul gonfalone della Città di
Barletta.
Quando degli uomini come noi
sono stati ridotti, senza alcuna loro colpa, allo stato di esseri
inferiori,
e sottoposti a ogni specie di umiliazione e di privazione; quando
da quattro mesi soffrono la fame, i cui stimoli diventano sempre
più tormentosi; quando essi hanno dovuto prima recuperare
le briciole di patate rimaste attaccate alle bucce e poi divorare
le bucce stesse; quando sono stati messi nelle condizioni di frugare
nelle immondizie come cani randagi e di precipitarsi sui mastelli
del rancio per raccogliere, con le mani o col cucchiaio, gli avanzi
melmosi della ‘sbobba’; quando, dopo aver tutto ingerito,
sono ancora portati a masticare e ad ingoiare saliva; quando neppure
nel sonno possono trovare sollievo; quando la loro testa è perennemente
vuota e la loro mente torpida, sì che difficile riesce formulare
un pensiero ed esprimerlo in parole; quando ogni minimo loro atto
diventa fatica; quando questa miseria, morale e fisica, potrà perpetuarsi
ed aggravarsi senza limite di tempo e di misura; quando essi si sentono
da tutti abbandonati e sulle loro anime e sul loro cuore premono
particolari situazioni di famiglia…”. Non sono parole
di Primo Levi, anche se potrebbero esserlo tranquillamente, ma uno
stralcio del diario di prigionia in campo di concentramento del colonnello
Francesco Grasso, comandante del Presidio Militare di Barletta nei
giorni del settembre 1943. “… un giudizio veramente sereno
sulla grave decisione da loro presa, non può essere formulato.” Parole
di enorme spessore umano, considerazioni rivolte a quegli ufficiali,
a quei soldati prigionieri dei tedeschi con lui e come lui, che aderirono
al ricatto nazifascista di arruolarsi nelle SS o di aderire alla
Repubblica di Salò. “Ad essi è venuta a mancare
la facoltà di discernere gli altri aspetti della cosa. Dio
mi conceda la forza per resistere”.
E resistette, il colonnello Grasso, fino alla fine della sua prigionia,
fino alla fine della guerra e oltre. Perché fu capace di mantenere
intatto l’onore militare e di tenere fede al giuramento di
fedeltà fatto alla Patria; perché al suo rientro dalla
prigionia dovette dimostrare (!) di aver fatto il suo dovere; perché fino
alla morte tenne dentro di sé - immaginiamo come un macigno
- i ricordi, forse gli incubi, le sensazioni e le emozioni. Il passo
citato, dal suo diario - che abbiamo tratto dal libro 8 settembre
1943 - L’armistizio a Barletta (Editrice Rotas) edizione aggiornata
di quella del 1995 di Giuseppe e Maria Tarantino, ci porta immediatamente
ai terribili giorni della vendetta tedesca in Italia, all’eroismo
- chiamiamolo così senza timore di essere eccessivi, di fare
retorica - di un pugno di uomini male armati, che resistette tuttavia
agli aggressori nazisti, senza ordini dai Comandi Superiori di Bari,
senza rifornimenti, senza riferimenti e meno che mai certezze. In
occasione della giornata del 25 aprile prossimo, nella quale brillerà sul
gonfalone della Città di Barletta (la più decorata
d’Italia, con 12 medaglie d’oro), la Medaglia d’Oro
al Valor Militare, appuntata dal Presidente della Repubblica Ciampi,
non potremo non pensare a questo libro, a questo strumento prezioso
per conoscere i fatti di Barletta nelle giornate dell’11 e
12 settembre 1943.
Narrazione stringata, essenziale; documentazione rigorosa; attenzione
ai fatti storici e della varia umanità protagonista - suo
malgrado - di quelle vicende dai risvolti tragici; interventi autorevolissimi
dello storico tedesco Gerard Schreiber e di Mario Pirani, prestigiosa
firma del giornalismo italiano; un’appendice ricchissima di
documenti e testimonianze, una bibliografia scrupolosa e un significativo
corredo fotografico: tutti fattori che s’intersecano e concorrono
a fare di questa pubblicazione un tassello fondamentale per la conoscenza
della storia della nostra città e non solo, per la diffusione
del convincimento, provato, che resistenza ci fu anche in Italia
meridionale, e anche da parte dei militari; per la riconsiderazione
di alcuni avvenimenti finora oscuri o ancora inspiegabili, come la
fuga “necessaria” del re d’Italia e dello Stato
Maggiore dell’Esercito, lo spiegamento di forze tedesche per
prendere Barletta (“mancava solo la Marina” ebbe a dire
Gerard Schreiber in un’intervista concessaci nel 2000, anno
in cui visitò Barletta).
Ma andiamo in ordine, anche se confessiamo che prima di tutto abbiamo
letto con attenzione l’appendice documentaria, che comprende
fonogrammi militari, articoli, passi di testi storici, parte del
carteggio che ha portato al traguardo della Medaglia d’Oro
e altro ancora.
Il libro si apre con un intervento di Mario Pirani, che sposa in
pieno sia la tesi della famiglia Tarantino sui fatti di Barletta,
sia quella di Schreiber
sull’importanza di Barletta quale caposaldo della linea difensiva tedesca
dall’Adriatico al Tirreno, nei pressi di Salerno. Lo stesso Schreiber
offre un contributo che sottoscrive quanto il colonnello Grasso e i suoi uomini
riuscirono a fare contro i tedeschi, e dice una parola definitiva - documenti
inconfutabili alla mano - sulla preordinata aggressione tedesca, ribaltando
e mandando in cantina la tesi del canonico barlettano Giuseppe Damato, secondo
il quale i tedeschi passarono per Barletta in pacifica ritirata e furono provocati
dai barlettani. Certo, monsignor Damato non poteva conoscere i risvolti, ritrovati
decenni dopo negli archivi tedeschi e, al di là di un giudizio che forse
non era possibile esprimere - vuoi per carenza d’informazioni sui retroscena,
vuoi per ‘comprensione’ nei confronti di quelli che fino al giorno
prima erano stati alleati, vuoi perché probabilmente egli aveva i limiti
dello storico locale - fu comunque cronista attento e preziosa fonte di notizie
grazie alle quali è stato possibile non perdere memoria degli accadimenti,
come gli riconosce Maria Grasso Tarantino in diversi passi del libro. Subito
dopo gli interventi di Pirani e di Schreiber, viene la narrazione degli eventi
di quei giorni, fino alla resa della città, ordinata dal colonnello
Grasso per evitare una strage di civili, e alla sorte dei prigionieri. Il panorama
narrativo si apre poi, quasi con uno squarcio, sui grandi avvenimenti ancora
controversi, sul silenzio pesante dopo la guerra, forse per timore di un giudizio
storico che si dilatava inevitabilmente in quello morale.
Anche in questa sezione, parlano storici e generali, da Ruggero Zangrandi
al generale Carboni, per fare solo due nomi esemplificativi e paradigmatici.
E
vengono alla luce ipotesi inquietanti, che appartengono a quella che classifichiamo
di solito come Grande Storia: che la fuga del re e dei generali fosse concordata
con Kesselring, che alcuni generali italiani abbiano tradito e favorito i
tedeschi ormai nemici e che dopo, in definitiva, conveniva stendere una cortina
fumogena
su tutto, su uomini e cose, sui fatti e sui morti, per non dare alla luce
quello che poteva - e di fatto è - precisato con la parola disonore. Se, come
sostenne Badoglio, non si poteva organizzare una resistenza, si poteva almeno
organizzare la resa, che fosse per tutti, con i capi ai loro posti, a pagare
di persona se fosse stato necessario, come il loro status imponeva. Tre storie
di gente comune, a Barletta: Addolorata Sardella e Lucia Corposanto, ‘donne
coraggio’ che salvarono un vigile urbano ancora vivo sotto i cadaveri
dei suoi compagni e il piccolo Tonino Lorusso, ucciso sotto gli occhi di sua
madre perché, preso dal panico, aveva scagliato un sasso contro i nazisti.
Mentre, a sessant’anni di distanza, non sappiamo ancora se a comandare
l’eccidio dei vigili e dei netturbini fu Kurt Groschke o Walter Gericke.
Forse non lo sapremo mai, forse le prove sono irrimediabilmente inquinate,
per dirla col linguaggio della cronaca nera. O forse storici pazienti e competenti
potranno ricostruire le vicende dell’“armadio della vergogna” contenente
i processi insabbiati e i fascicoli occultati. Evidentemente, per qualcuno
non è ancora il tempo della VERITÀ. Non è ancora il tempo
della GIUSTIZIA. Conclude Maria Grasso Tarantino, che ricorda anche l’ultimo
atto di suo padre, le sue ultime volontà: “I miei funerali siano
modesti, come modesta è stata tutta la mia vita. La croce, un prete
ed il Picchetto d’Onore Militare che mi compete”.
Picchetto d’Onore Militare che, idealmente, la sua famiglia ha dedicato
con questo libro a lui e ai suoi uomini, ai tanti Guido Giandiletti e Vasco
Ventavoli che difesero la nostra città, e che la città dedicherà loro
a Roma, domenica 25 aprile 2004, al Palazzo del Quirinale, quando Ciampi consegnerà ufficialmente
alla storia i fatti di Barletta del settembre 1943.
Carmen Palmiotta (aprile 2004)
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