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UNA CITTADINANZA ONORARIA NEL SEGNO DELL’AMICIZIA E DELLA PACE
BARLETTA, SETTEMBRE 1943 - SETTEMBRE 2006

La sera dell’otto settembre 1943, a dar credito ai cronisti dell’epoca ed in particolar modo allo storico Can. Salvatore Santeramo, la popolazione di Barletta, all’annuncio del proclama dell’Armistizio diffuso via radio dalla viva voce del Maresciallo Pietro Badoglio, si riversò nella Chiesa di San Domenico in Corso Garibaldi e nella Cattedrale per cantare un Te Deum al Padre Eterno e una Salve Regina alla Madonna dello Sterpeto in ringraziamento per la fine della guerra.
La guerra non era affatto finita e giorni tremendi si preparavano, a dire il vero, per la città di Barletta e il territorio circostante. I tedeschi presenti in città, in veste di amici e di alleati per la realizzazione di vuoti e insensati mega progetti di conquista del mondo del duo Hitler - Mussolini, non parteciparono a quelle liturgie. Non le amavano culturalmente e religiosamente. Finsero di abbandonare la città senza neanche fare intendere, nemmeno per un solo momento, la loro convinzione e il loro rancore di essere stati… traditi. Semplicemente se ne andarono. E nelle campagne del circondario iniziarono le loro operazioni di sabotaggio.
I nostri militari, lasciati senza ordini e senza precise direttive, si disorientarono. Non tutti i seimila uomini del Presidio militare di Barletta (tanti ne enumera, con meticolosità certosina il cappellano militare Don Peppuccio D’Amato, presenti in quel Settembre del ’43 in tutte le caserme e nei punti nevralgici della città) tagliarono la corda per mettersi in salvo con un fortunoso ritorno da “Tutti a casa”. Il Colonnello Francesco Grasso, comandante del Presidio, a differenza del suo Re e del suo Capo di Governo, Pietro Badoglio, che già dal giorno Nove trovarono rifugio e dignitosa accoglienza nel porto di Brindisi, ebbe sentore, insieme ai suoi ufficiali più stretti collaboratori, del precipitare degli eventi e del farsi tragico della situazione. Organizzò una difesa della città prima ancora che arrivasse, nella notte tra il giorno 10 e l’11 di quel settembre, il laconico dispaccio delle Superiori Autorità: “considerate i tedeschi vostri nemici e agite di conseguenza”.
Dov’erano i tedeschi da considerare nemici? A gruppi sparuti, quella mattina dell’undici, si scontrarono con i nostri in più punti. Fuori città e in città. Su via Trani, allo Sterpeto, in via Foggia sul ponte del fiume Ofanto, in via Regina Margherita, nei pressi del Macello comunale, in Piazza Roma e in via Pier Delle Vigne. Ci furono morti in combattimento, soldati catturati. Finanche un soldato tedesco barbaramente finito dalla folla inferocita in un luogo che, in quanto a connotazioni simboliche di spaccio della morte, più idoneo non poteva risultare. La macelleria del Signor Basile in Piazza Roma. Dietro le quinte di questo macabro palco della morte, senza nessuna apparente connessione logica e di rappresentazione scenica, sin dalle cinque del mattino, dalla lontana Matera si era messo in moto un corposo e composito “coro” di combattimento agli ordini del tenente Kurtz. Circa duecento. Un obiettivo preciso: disarmare il Presidio militare di Barletta. Alle cinque della sera, in via Andria, lo scontro frontale con i nostri soldati appostati nei pressi della Chiesa campestre del Crocifisso. Settanta i tedeschi catturati. Kurtz ferito ad un braccio. Carri armati e autoblindo toccati fuori uso. Il restante del gruppo costretto alla ritirata, si accampa, nella notte, sulla statale 98 tra Andria e Canosa. Kurtz destituito e sostituito dall’altissimo e decoratissimo ufficiale Walter Geriche. Ordine di Kesselring, estremamente preoccupato. Con la sua prima divisione paracadutisti, Geriche, lascia gli ufficiali della Piave, catturati in quel di Monterotondo durante le sue eroiche imprese del 10 e dell’11, nella caserma Legnano di Roma, e si precipita a Barletta. Coordina le azioni di occupazione della città nella mattinata della Domenica 12 Settembre. In poche ore.
Il terrore percorre le vie di Barletta. Alcuni soldati cadono in Piazza Conteduca, altri in via Andria. Si combatte in varie caserme. In piazza Monumento si consuma l’assurdo e gratuito eccidio dei Vigili urbani e dei netturbini. Il folto gruppo dei carabinieri e dei militi prelevati nello loro caserme è costretto a sfilare sino alla Villa delle Palme in fondo a via Imbriani. Case e negozi saccheggiati, depredati. Furti di oro e di valuta, finanche di biciclette, morti e feriti, saccheggi e spari sulla folla che si accoda agli invasori. Si fotografa e si filma ogni scena, ogni volto, ogni situazione, ogni movimento, ogni arma, ogni danno.
Qualcuno scrive il suo diario. Per più di cinquant’anni si custodisce tutto gelosamente negli archivi, anzi nei Bundesarchiv della Germania. In Italia, dal 1947, nella Procura Militare generale di Roma si conserva sigillato in un armadio, chiuso a chiave e con le ante girate verso il muro in uno scantinato, ogni riferimento ai fatti di Barletta. Così vuole la prudenza e la saggezza di Stato. Meglio non parlare, meglio tacere. Ne andrebbe di mezzo la verità storica che vuole l’occupazione di Barletta come risposta, sia pure efferata, all’aggressione effettuata da soldati e civili italiani ai danni delle truppe tedesche in ritirata e in silenzioso passaggio nella nostra città.
Otto Settembre 2006, nel sessantatreesimo anniversario di quell’otto settembre 1943, il Consiglio Comunale di Barletta, in seduta straordinaria conferisce la cittadinanza onoraria a Gerhard Schreiber, ufficiale della Marina tedesca, storico militare e a Mario Pirani, giornalista ed opinionista del quotidiano La Repubblica. Amici sinceri della città, si dice nelle motivazioni ufficiali, per aver sollecitato gli iter burocratici ad accordare, sia pure tardivamente, le assegnazioni della medaglia d’oro al Merito Civile e la medaglia d’oro al Valor Militare.
C’è di più. I due hanno il merito di aver denudata la faccia omertosa della prudenza di Stato. Nei fatti di storia, saggezza vuole chiarezza di conoscenza e onestà di comunicazione. Non fu tradimento la firma dell’Armistizio, ci rammenta Schreiber; non fu rappresaglia quella dei tedeschi a Barletta, ma vendetta. Se tradimento ci fu, i traditi furono gli italiani, traditi a conclusione della prima guerra mondiale e dalla combine nazifascista, poi. E, quando la prudenza di Stato, per salvare e tutelare l’ufficialità della storia, tenta di mettere la mordacchia alla Memoria, è compito, non solo etico, degli organi di comunicazione contribuire ad una più esatta e controllata conoscenza dei fatti e degli eventi da tramandare. Il merito di Mario Pirani è quello di aver dato voce alle memorie personali, familiari, irrobustendole e innervandole di una risonanza sociale, comunitaria e politica sino alla consapevole provocazione di proposte onorifiche che, sostanzialmente, hanno anche il sapore di una più equilibrata giustizia. È la proposta dell’istituzione dei Cavalieri di Cefalonia, analoga all’istituzione dei Cavalieri di Vittorio Veneto. Provocazione su provocazione. La Resistenza militare nasce, nel settembre del ’43, a Barletta e a Cefalonia. Pirani ha contribuito a nazionalizzare i fatti di Barletta. Lo sollecitiamo a riproporre il Cavalierato di Barletta e di Cefalonia. Da neo cittadino di Barletta, in uno con il Suo concittadino Gerhard Schreiber. È un impegno di lavoro che entusiasmerebbe l’Archivio della Resistenza e della Memoria di Barletta già in forte debito di riconoscimento nei confronti dei due illustri concittadini per le sollecitazioni culturali e le stimolazioni di ricerca storica generosamente date.

Luigi Di Cuonzo (settembre 2006)
Responsabile dell’Archivio della Resistenza
e della Memoria di Barletta

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