| MEDAGLIA D’ORO
          AL VALOR MILITAREL’alto riconoscimento è stato concesso ‘motu proprio’ dal
          Presidente della Repubblica,
          Carlo Azeglio Ciampi, per i fatti avvenuti
          a Barletta l’11 e il 12 settembre 1943.
 
 E finalmente è arrivata. Presto, il Presidente della Repubblica
          Ciampi appunterà sul gonfalone della città di Barletta
          la Medaglia d’Oro al Valor Militare, da lui stesso recentemente
          concessa.
 Maria Grasso Tarantino, la figlia del colonnello Francesco Grasso,
          comandante del presidio militare di Barletta in quel fatidico settembre
          del 1943, non aveva mai smesso di chiedere questa Medaglia al Valor
          Militare, fin dallo stesso giorno in cui l’allora Presidente
          della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, nel maggio 1998, aveva concesso
          al gonfalone della nostra città la Medaglia d’Oro al Merito
          Civile.
 Sessant’anni dopo, questa medaglia è il giusto riconoscimento
          al valore e all’eroismo dei soldati del presidio militare di
          Barletta che, pochi e male armati, osarono tener testa al gigantesco
          nemico tedesco. Ma è anche un simbolo, con tutto il portato
          filosofico che la parola contiene in sé, dell’onore di
          chi aveva fatto un giuramento di fedeltà alla sua patria, e
          a quello si era rigorosamente attenuto, anche a costo della vita. Quelli
          che poi sarebbero stati chiamati i ‘giorni del disonore’,
          del ‘tutti a casa’, della ‘morte della Patria’,
          per Barletta furono i giorni del dovere e della dignità. Quegli
          eroi, probabilmente non sapevano di esserlo, mentre si opponevano a
          chi, da qualche giorno, non era più alleato, ma nemico. Stiamo
          parlando dei primi fatti di resistenza militare in Italia, proprio
          nei giorni indecorosi della fuga del re Vittorio Emanuele III a Brindisi
          e dello sfascio dell’esercito italiano, sbandato e acefalo. E
          proprio grazie a un’altra serie di documenti, fra i quali vi
          sono quelli forniti alla professoressa Grasso dallo storico tedesco
          Gerhard Schreiber, abbiamo potuto ricevere la medaglia d’oro.
          Attraverso quelle prove è stato possibile dimostrare in maniera
          inoppugnabile - nonostante le difficoltà ancora persistenti
          - che i fatti dei quali fu protagonista il presidio militare di Barletta
          erano degni di essere ricordati per sempre, di essere onorati dalla
          più alta carica dello Stato e di essere celebrati dall’Italia
          intera. Il cronista spera, a questo punto, che quelle fonti siano rese
          note al più presto, affinché tutti possano farne un patrimonio
          condiviso.
 Non è facile per noi, oggi, figurarci quell’epoca, il
          clima di violenza che si respirava già da vent’anni in
          alcuni Paesi europei e che portò alla catastrofe della Seconda
          Guerra mondiale. Non basterebbero cento documentari nè mille
          fotografie, a noi che quei giorni non li abbiamo vissuti, per ricostruire
          la paura che attanagliò la popolazione. Quell’odore acre,
          quel sentore di morte violenta che pervase i nostri genitori e i nostri
          nonni, noi non potremo mai sapere veramente cosa furono.
 A Barletta, l’11 e il 12 settembre del 1943, il comandante del
          presidio militare e i suoi uomini sapevano benissimo a cosa andavano
          incontro. E sapevano di non avere alcun appoggio, alcun aiuto. Spararono,
          quei soldati, si appostarono nei punti strategici, resistettero. Poi,
          il loro comandante decise la resa, per evitare una strage. E fu deportato
          in un campo di concentramento, vi rimase alcuni anni, debilitato ma
          non piegato. Nei giorni precedenti, il colonnello Grasso aveva chiesto
          rinforzi ai suoi superiori a Bari: gli fu risposto di inviare una relazione.
          Non fu consentito al comandante di Barletta di far saltare il ponte
          sull’Ofanto, che avrebbe potuto rallentare l’avanzata nemica.
          E intanto i tedeschi erano alle porte. Ed entrarono in città,
          seminarono morte e distruzione, fucilarono vigili urbani e netturbini,
          irruppero nel Castello, fecero uscire con le mani alzate furieri e
          soldati richiamati. Terrorizzavano donne e bambini, stanavano come
          bestie i vecchi dalle loro case, mitragliavano all’impazzata
          palazzi e chiese, colpirono l’ospedale. La paura, la paura....
 Lo storico tedesco Gerhard Schreiber, che è stato a Barletta
          nell’aprile del 2000 per una giornata di studi sui fatti di quei
          giorni del ’43, affermò che l’occupazione di Barletta
          andava inquadrata nella strategia tedesca relativa alla battaglia di
          Salerno. Dai documenti della I Divisione paracadutisti e del LXXVI
          Corpo d’Armata, risultano gli ordini di prendere Barletta e costruirvi
          un caposaldo forte, sia per il contrattacco che per la difesa e la
          ritirata verso il nord. “Ma l’attacco fallì”,
          dice testualmente Schreiber “perché Barletta fu (cosa
          che i tedeschi non si aspettavano), valorosamente difesa da truppe
          italiane agli ordini del colonnello Grasso, comandante del presidio.
          Sia Kesselring che il generale comandante del LXXVI Corpo d’Armata,
          generale Herr, sottolinearono ripetutamente la ferma resistenza dei
          soldati italiani. Il giorno seguente [12 settembre] conquistarono Barletta
          dopo un bombardamento e duri combattimenti contro gli italiani.” L’importanza
          strategica che Barletta rivestiva per i tedeschi è documentata
          anche da un radiomessaggio giunto alla I Divisione paracadutisti il
          25 settembre: Il Furher desidera sapere che cosa è stato distrutto
          a Barletta. In questo quadro, solo molto sommariamente descritto, Schreiber
          auspicava già da allora la Medaglia d’Oro al Valor Militare
          per ‘la battaglia di Barletta’, così definita a
          causa della durissima resistenza italiana e dell’eccezionale
          spiegamento di forze tedesco.
 Ma un’altra voce autorevole, importante, ci pare giusto ricordare,
          ed è quella di Giorgio Napolitano, Ministro dell’Interno
          nel 1998, quando ha consegnato personalmente la Medaglia d’oro
          al Merito Civile alla nostra città. “Questa medaglia premia
          insieme militari e civili” disse il Ministro durante la cerimonia
          di consegna “perché insieme furono protagonisti della
          resistenza di Barletta in quelle straordinarie giornate dell’11
          e del 12 settembre 1943. Anch’io ho visto ancora ieri le immagini” prosegue
          il Ministro, riferendosi a fotografie e filmati ritrovati negli archivi
          di Coblenza “che colpiscono, commuovono. Lo sforzo che fu fatto
          per stabilire dei capisaldi difensivi, per difendere la guarnigione
          e la città di Barletta; le perdite inflitte il giorno 11 alla
          colonna corazzata proveniente da Andria; il rafforzamento dei mezzi
          di cui disponevano le forze militari tedesche, e quindi la loro offensiva;
          e poi la terribile rappresaglia.” E ancora: “Non si tratta
          solo di celebrare un episodio importante di storia locale: si tratta
          di valorizzare quelli che furono i primi episodi di resistenza nel
          Mezzogiorno.
 Il Sindaco Francesco Salerno, quale massimo esponente del governo cittadino,
          e con lui tutta la città di Barletta, si preparano a ricevere
          questa medaglia d’oro che, stando alle ultime notizie, sarà appuntata
          sul gonfalone proprio dal Presidente della Repubblica Ciampi il 25
          aprile 2004, a Roma, in occasione delle celebrazioni per l’anniversario
          della Liberazione.
 Carmen Palmiotta
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