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De Nittis... ritorno al futuro


Il 16 gennnaio scorso, si è conclusa, come sappiamo, l’esposizione “La modernité Elégante”, inaugurata il 20 ottobre 2010 al Petit Palais di Parigi, e dedicata al nostro Giuseppe De Nittis finora sconosciuto ai più, in questa terra che lo aveva praticamente adottato, ma poi dimenticato, oublié, come dicono qui.
Ma tre mesi fa, De Nittis, da quell’oblio, è tornato qui nella sua Paris, in un tempo così lontano dal suo, in un futuro inimmaginabile per lui, e ciò, anche grazie alla nostra città, e allo sforzo e all’impegno di chi ha voluto fortemente riconsegnargli fi nalmente la gloria che meritava. Ora quindi è il momento del bilancio finale, di affidarci ai freddi numeri che, solo loro, ci diranno se è stato o meno un successo, come speravamo.
Per rispondere a queste domande, ho dovuto avvalermi del prezioso contributo di m. Dominique morel, commissario dell’Esposizione (insieme a Emanuela Angiuli e a Gilles Chazal conservateur du Petit Palais), che con grande disponibilità, mi ha accolto nel suo ufficio parigino, in un freddo pomeriggio di gennaio, proprio lì nel Petit Palais, dove ci eravamo già incontrati più di due anni or sono, all’inizio di questa emozionante e prestigiosa avventura.
Al mio arrivo, mi ha subito confessato di aver appena congedato una giornalista sempre italiana, che lo aveva
intervistato sullo stesso mio soggetto, in quanto proveniente da Como, la città che nella prossima primavera ospiterà una mostra su De Nittis e Boldini.
Abbiamo avuto una piacevole chiacchierata, in cui io ho avuto modo di porgli qualche domanda per soddisfare non solo la mia curiosità di giornalista, ma soprattutto quella di cittadina di Barletta e “fan” di Peppino.
Cominciamo con i numeri: i dati che riporterò qui di seguito riguardano informazioni ufficiali, aggiornate e fornite direttamente dall’ufficio competente per la comunicazione, del Petit Palais:

  • su oltre 6000 esemplari stampati del catalogo della mostra ne sono stati venduti 2204 al bookshop del museo e 1745 in libreria;
  • 14785 depliants riassuntivi della mostra, venduti in totale;
  • 19691 cartoline;
  • 6674 segnalibri;
  • 62760 sono gli avventori che in questi tre mesi hanno visitato la mostra.

In merito a quest’ultimo risultato, ho chiesto ovviamente un parere competente a M. Morel, prima di lanciarmi in qualsiasi valutazione: mi ha assicurato che è un risultato assolutamente prestigioso per un pittore fino ad allora praticamente sconosciuto, (l’ultima esposizione temporanea ospitata al Petit Palais aveva raccolto 7000 visitatori in 3 mesi), e altri artisti con fama sicuramente più consolidata della sua, non hanno fatto lo stesso risultato, stiamo parlando per esempio di quella dedicata al grande Fernand Pelez che ne aveva contati 20638 in 3 mesi e mezzo o quella del ceramista Carries che ne aveva contati poco più di 18000.
Certo nulla a che vedere con i circa 910.000 visitatori che ha totalizzato l’esposizione di Monet (dal 22 settembre al 24 gennaio scorso), un vero record per la Francia, secondo solo al risultato ottenuto dall’esposizione su Toutankhamon che nel 1967 aveva accolto più di 1 milione e 200 mila spettatori; ma stiamo parlando di “giganti” del patrimonio mondiale in confronto dell’astro nascente di De Nittis, e fare un paragone sarebbe non solo azzardato ma assolutamente inutile.
Ho visitato anch’io la mostra di Monet, ospitata al Grand Palais, e non ho potuto ignorare le frequenti “analogie” riscontrate in alcune opere di Monet col nostro De Nittis, (che peraltro pare avesse posseduto in vita, 5 opere di Monet), sia in termini di soggetti rappresentati, che in termini di tecnica: sto parlando della somiglianza che si nota per esempio tra le varie rappresentazioni dell’abbazia di Westminster (nel 1871 per Monet e nel 1873-74 per De Nittis) ad opera dei due autori, o delle scene di vita mondana immortalate nei giardini francesi (Colazione in Giardino- 1883- di De Nittis e il Dèjeuner-1873- di Monet), o ancora tra le scene di campagna o di vita quotidiana (come in Passa il treno-1863- di De Nittis e Le train e la campagne-1870 c.a-Di Monet), in cui non si può non notare se non altro un’evidente ispirazione, mi azzardo a ipotizzare “reciproca”, come è anche normale che fosse, tra due esponenti tra loro contemporanei, della stessa corrente artistica.
Una cosa è certa, chi ha visto per la prima volta i quadri di De Nittis in questa occasione, ha potuto non solo “scoprirli”, ma anche apprezzarli tanto che da L’Express, alle emittenti televisive France 2 e France 3, fino al prestigioso Le monde, tutti i media francesi hanno dedicato grande e crescente spazio e interesse a De Nittis nei vari reportages a lui dedicati durante il periodo dell’esposizione.
Senza dimenticare che questa è stata sicuramente l’unica occasione di poter riunire così tante opere di De Nittis provenienti da tutto il mondo, anche da parte di collezionisti privati, molti dei quali, mi ha raccontato M. Morel si sono manifestati in occasione dell’esposizione, ma pochi alla fine possedevano veramente un De Nittis originale.
L’unico rimpianto in proposito che mi ha confessato M. Morel è che successivamente all’inaugurazione della mostra, durante una sua conferenza sul tema che ha tenuto al Centre de Culture Italienne, ha incontrato una signora di origine italiana, che vive qui a Paris, che gli ha mostrato l’unico ritratto esistente di Jacques De Nittis (l’unico figlio di De Nittis, morto prematuramente anche lui all’età di 32 anni), posseduto dalla sua famiglia da sempre, ma che non si è più potuto esporre purtroppo, visto che la mostra era già in corso.
A questo proposito ho chiesto a M. Morel, se nell’immediato futuro, sono previsti altri progetti che riguardano il
nostro pittore ed in effetti, mi ha confessato che prossimamente alcuni quadri di De Nittis di proprietà del museo d’Orsay, saranno prestati all’Hotel de Ville, per una esposizione dedicata all’impressionismo, oltre all’esposizione di Como, di cui si è già parlato.
Pertanto questa volta “Peppino”, non ha lasciato la sua Paris, cadendo nell’oblio, come fu dopo la sua morte e non si può dire che tutta l’iniziativa non abbia avuto nel suo complesso una buona eco, di cui noi tutti barlettani, possiamo ritenerci soddisfatti; lui che era morto a soli 38 anni, in piena “jeunesse et gloire comme les hèros et les semi-dieux” (come Dumas aveva scritto sulla sua lapide), è “ritornato nel futuro” a riprendersi quella gloria che gli era stata strappata.

Ilaria Ricco (Marzo 2011)

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