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Quando un prestito valorizza De Nittis e la città di Barletta

Si è accesa in questi giorni una vibrata polemica (non è la prima, non sarà l’ultima) sulla opportunità di “prestare” due quadri della nostra Collezione De Nittis a due mostre, una in Italia (Scuderie del Quirinale) e l’altra in Inghilterra (a Liverpool).
Dopo l’inaugurazione della Pinacoteca De Nittis a Palazzo della Marra, credo sia subentrata una nuova fase nella quale dobbiamo attivarci perché il nostro artista venga viepiù valorizzato a livello nazionale e internazionale, mentre ancora oggi non è infrequente la pubblicazione di cataloghi di artisti europei dell’Ottocento, dove il nostro, se non  dimenticato, è marginalizzato come nell’ultimo Grande Atlante dell’Impressionismo di Gabriele Crepaldi classificato alla stregua di Boudin, Caillebotte, Desboutin, Morisot, Seurat, Sisley ed altri, tutti artisti a lui contemporanei, di gran lunga al di sotto delle sue quotazioni di allora, del suo valore di oggi (per chi appena conosce la storia dell’Impressionismo francese dell’Ottocento, non potrà che darcene atto).
Dopo l’apertura della Pinacoteca De Nittis è dunque primario obiettivo, per il nostro Comune, quello di far dilatare la sua visibilità perché progressivamente cresca la sua statura, perché torni a collocarsi alla pari dei grandi Manet, Monet, Degas e Renoir, cioè dei massimi esponenti dell’Impressionismo francese ed europeo, dei quali egli fu un antesignano e dei quali, come dice il più grande storico di quel movimento, Alfredo Schettini, “egli anticipò le più ricercate sensazioni tonali, fermando gli attimi nelle molecolari vibrazioni di luce, con tratti di modernità, finezza ed eleganza”.
Superfluo precisare come questa operazione, direttamente intesa a restituire più elevati livelli di dignità espositiva al nostro artista, abbia poi come indiretta conseguenza la prospettiva di maggiori più consistenti ritorni per noi, voglio dire per Barletta, per la nuova provincia BAT, per la stessa regione pugliese.

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è sullo sfondo di questo contesto e nella consapevolezza che i pittori impressionisti sono quelli che godono delle maggiori quotazioni, che dovremmo valutare allora la prospettiva di un buon prestito, che trovi già la sua più naturale contropartita nel credito del luogo espositivo,
E del resto proviamo a chiederci che valore avrebbe oggi De Nittis, se togliessimo al suo pedigree le principali mostre presso le quali sono stati esposti i suoi quadri. Tra il 1864 e il 1990 Dini e Marini ne hanno inventariato settanta, alle quali il nostro artista ha partecipato. Noi ne estrapoleremo appena dieci, e sarà solo per darvi un’idea esemplificativa della sua visibilità.
La positività del prestito dei quadri della Collezione De Nittis è già nel ricordo del primo affidamento, i quadri presentati alla XI Esposizione Nazionale di Venezia, allestita da Vittorio Pica nella primavera del 1914. Era passato appena un anno dalla donazione della vedova De Nittis e quella esposizione, da lei raccomandata, com’essa aveva perspicacemente previsto, provocò uno straordinario rilancio di notorietà (e di quotazione) del nostro artista in un contesto nazionale ed europeo. Seguì un lungo ventennale silenzio finché, nel 1934, Enrico Piceni, in occasione delle manifestazioni celebrative del cinquantenario della morte di De Nittis, con un saggio sull’artista, ispirato da Sommaruga e pubblicato da Mondadori, iniziò quell’inarrestabile viaggio verso una sua progressiva irresistibile rivalorizzazione.
A settant’anni dalla prima mostra, nel settembre 1984, (l’anno del centenario della morte di De Nittis) la Stair Sainty Matthiesen Gallery di New York allestì una esposizione: “Tre amici italiani impressionisti: Boldini, De Nittis e Zandomeneghi”, i cui quadri, specie quelli del nostro artista, furono apprezzatissimi dal “New York Times”, che ricordò come De Nittis, a facoltosi milionari newyorchesi, oltre un secolo prima, aveva venduto numerose tele.
Tra giugno e settembre 1990 105 le tele esposte in una mostra retrospettiva allestita presso Palazzo della Permanente a Milano (aprile - maggio) e un mese dopo nella Pinacoteca della Provincia di Bari, organizzata da Clara Gelao e Christine Farese Sperken e inaugurata dal ministro Vito Lattanzio. Sempre a settembre del ‘90 passò quasi inosservata la visita di un giovanissimo (e polemicissimo) Vittorio Sgarbi alla Pinacoteca De Nittis per valutare le condizioni dello stabile e della Collezione. Due mesi dopo, a novembre, alla Finarte di Milano battuto Il Foro di Pompei (appartenuto a Jules Claretie) per 824 milioni. E finalmente, fra giugno e dicembre del 1996, inaugurata nelle sale del Castello di Barletta, una mostra di 95 opere di De Nittis, curata da Christine Farese Sperken e Mariella Basile Bonsante, allestita per ricordare i 150 anni della nascita dell’artista. Nella primavera del 1998, 113 quadri andarono in mostra a Traversetolo (Parma) presso la Fondazione “Magnani Rocca”. Nei primi mesi del 2000, 120 incisioni illustrarono una mostra a Roma, presso l’Istituto Nazionale per la Grafica.
E venendo a più recenti esperienze che si arricchiscono di umori e sensazioni personali, una domenica pomeriggio del febbraio del 2002, andai a visitare, presso la GAM (Galleria d’Arte Moderna) di Torino, la mostra “Pittori italiani dell’Ottocento”. Erano in esposizione numerosi artisti: gli italiani Boldini, De Nittis e Zandomeneghi, e i francesi Monet, Degas, Caillebotte, Renoir, Sisley. Quale indescrivibile orgoglio non provai nel constatare come le sale di gran lunga più visitate fossero quelle del nostro De Nittis e i suoi quadri i più ammirati. Ricordo di essermi appoggiato allo stipite di una porta d’accesso all’esposizione e di qui d’essermi goduto per ore l’impagabile spettacolo. Gli organizzatori non mascherarono la loro sorpresa, unita al loro sincero apprezzamento. Ma non furono i soli perché la stampa nazionale riprese l’avvenimento, sottolineando questa circostanza. Lo ricorda la pubblicazione del catalogo intitolato De Nittis e la pittura della vita moderna in Europa, con prefazione di Pier Giovanni Castagnola, il quale, in un articolo scritto per “La Stampa” di Torino qualche giorno dopo, ebbe a lamentare la scarsa lungimiranza degli amministratori di Barletta che negli anni precedenti avevano lesinato i prestiti della nostra quadreria che avrebbero certo fatto lievitare le quotazioni del nostro grande artista.
Era bastata una mostra perché De Nittis tornasse ad imporsi prepotentemente sul palcoscenico artistico nazionale, come l’indiscusso primattore del nostro Ottocento impressionista e uno dei più grandi d’Europa. Ricordo che durante i giorni della Mostra, un articolo di Christine Farese Sperken sulla “Gazzetta del Mezzogiorno” (4 aprile 2002), rimarcava una volta di più, se ce ne fosse stato bisogno, come quella rassegna tanto ammirata fosse di buon auspicio per ulteriori augurabili esposizioni della Collezione De Nittis. Agli inizi del 2003 nove quadri del pittore furono esposti a Treviso nella mostra “Gli impressionisti e l’età di Van Gogh”. A fine anno De Nittis presente ancora con 14 quadri a Ferrara alla mostra “Degas e gli italiani a Parigi”.
L’anno dopo (2004), i suoi quadri furono esposti prima a Verona con un “Omaggio a Leontine” (febbraio 2004), ma soprattutto - entro l’anno stesso - con una duplice mostra di 180 tele intitolata “De Nittis impressionista italiano”, mostra organizzata in due tempi dalla Fondazione “Antonio Mazzotta”, e la pubblicazione del relativo catalogo: la prima nel Chiostro del Bramante a Roma (nov. 2004) e la seconda a Milano, Foro Bonaparte (maggio 2005), registrando in entrambe le esposizioni circa 100.000 visitatori e ampi spazi sulla più qualificata stampa nazionale.

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Siamo consapevoli che il problema dei prestiti di quadri per le mostre non è solo quello di dosare i tempi dei prestiti per evitare che la città ne soffra esageratamente per la privazione, ma soprattutto quello di tutelarsi con vincoli prescrittivi e assicurativi. Ma dopo aver ottenuto queste garanzie, non vi è alcun dubbio che il prestito, quando fatto per una mostra di alto profilo, è una iniziativa assolutamente apprezzabile, ed anzi, auspicabile, e non per compiacere l’ente richiedente, ma nell’interesse stesso del nostro artista e della valorizzazione della sua quadreria. Come è accaduto recentemente per il prestito fatto di due quadri di De Nittis al Comune di Bari in occasione della visita di Romano Prodi e di Vladimir Putin (14 marzo 2007).
E venendo alla cronaca di questi ultimi giorni, come non si può non essere orgogliosi di essere stati invitati ad esporre una tela del De Nittis presso le Scuderie del Quirinale? (a meno che il salone delle esposizioni presidenziali non sia stato preso alla lettera e scambiato per un ricovero di quadrupedi).
Finalmente, dopo quasi un secolo, la Collezione De Nittis ha trovato il suo definitivo decoroso ricovero. Ebbene, negarsi a prestiti di così elevato prestigio, vorrebbe dire negarsi ad una lievitazione di valore del nostro artista, non solo della sua visibilità, ma anche e vorrei dire soprattutto - per il suo tramite - della visibilità promozionale della città, che, in caso di diniego, sarebbe giudicata gretta e poco lungimirante, affetta da anacronistico provincialismo.

Renato Russo (ottobre 2007)

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