| RIFLESSIONI SULLA RECENTE MOSTRA
            DEDICATA AL PITTORE BARLETTANO GIUSEPPE DE NITTIS Per poter apprezzare realmente un’opera d’arte è indubbio
            che occorre avere intorno silenzio e raccoglimento per la gioia degli
            occhi e dello spirito, cosa avvenuta nell’ultima esposizione,
            tenutasi al palazzo della Marra di Barletta, delle opere del pittore
            barlettano Giuseppe De Nittis, durante la quale ogni spettatore ha
            scoperto un personaggio eclettico e versatile che possedeva una grande
            capacità di osservazione.Giuseppe De Nittis (1846-1884) nacque a Barletta da genitori che
            avrebbero preferito che il figlio diventasse avvocato, invece scelse
            di fare il pittore, frequentando a Napoli l’istituto di Belle
            Arti.
 Dopo, iniziò a dipingere dal vero ed a soli diciotto anni,
            riuscì già a coinvolgere gli spettatori per le visioni
            nitide e minuziose, che davano la sensazione di una immagine colta
            tra i mutamenti della luce.
 A soli 26 anni conseguì il suo primo successo: due suoi quadri
            furono acquistati dal re Vittorio Emanuele II e dal mercante d’arte
            Goupil, che apprezzarono il suo talento naturale e la sua capacità di
            fare apparire semplice ed immediata ogni immagine che dipingeva,
            rivelando un’anima meridionale, forte e schietta.-
 A Parigi ottenne un grande successo con i ritratti femminili: donne
            belle e sensuali, circondate da esplosioni di luce, che testimoniano
            l’anima cosmopolìta dei salotti e della società parigina
            degli ultimi decenni dell’Ottocento.
 Quando partecipò alla prima mostra degli impressionisti, si
            distinse per l’attenzione all’ambiente, al paesaggio,
            alla figura ed alla vita della città moderna, ritratta sia
            nei luoghi chiusi, come ai salotti che all’aperto, negli ippodromi,
            nei parchi e nei cantieri, dove risaltano le atmosfere, le luci delle
            stagioni, le nebbie e i cieli lividi, che rivelano un impressionismo
            facile e cordiale, la cui cifra espressiva risiede nel colore atmosferico
            e nella scelta dell’“en plen air”.
 È 
            questa, infatti, la novità dell’“en plen air”:
            segna la nascita di un rapporto immediato tra il pittore e lo spettatore,
            perché l’opera non viene più eseguita al chiuso
            negli studi privati, ma all’esterno, dove gli impressionisti
            dipingono la vita quotidiana, all’aria aperta, nelle strade
            e nei luoghi pubblici.
 La pittura di De Nittis era, per altro, calata nella temperie storica
            contemporanea, di cui rappresentava i diversi personaggi con ideali
            aperti e mondani.
 Questo insigne interprete riuscì, infatti, meglio di altri,
            a cogliere i segnali e ad annotare gli episodi, i personaggi ed i
            passatempi mondani, tutti ben documentabili, come le cerimonie, le
            feste e le cene a cui partecipava.
 I suoi ritratti sono celebrativi e realistici e denotano l’interesse
            per la moda, raccontata con gli abiti più in voga del momento,
            i cui personaggi sono colti nell’attimo dello scatto di una
            istantanea che dichiara non solo lo status sociale, ma anche le attitudini
            intime. Inoltre, le figure femminili e le vedute urbane sono ricche
            di forti emozioni.
 De Nittis, essendo, poi, un assiduo frequentatore della famiglia,
            avvertiva le suggestioni dell’ambiente in cui viveva ed era
            ispirato ad esprimere profonda armonia tra uomo e natura e perfetta
            sintonia tra uomo e ambiente, ritraendo con immediatezza i propri
            familiari e le persone a lui care.
 I paesaggi pugliesi, in prospettiva, risaltano e fanno immaginare
            la commossa contemplazione dei percorsi della fantasia, dei desideri
            e dei ricordi dell’infanzia, come l’Ofanto e i luoghi
            caratteristici ed evidenziano una particolare predisposizione dell’artista
            alla composizione di immagini poste in linea diagonale, che esprimono
            una forte tensione emotiva.
 L’artista adopera spesso colori puri, prediligendo quelli dalle
            tonalità fredde come il verde, il grigio e l’azzurro
            che, accostati sulla tela, consentono di ottenere una maggiore luminosità ed
            una palpitante mobilità d’immagine, del cielo, dei volti
            e dell’espressioni fino a divenire vivi e brillanti quando
            rappresentarono soggetti che il pittore, adorava, come la moglie
            Leontine, ritratta in giardino sull’amaca insieme al figlio
            ed anche nella stanza, instaurando, così, un rapporto diretto
            e personale tra ciò che i nostri occhi percepiscono e ciò che
            il nostro cuore e la nostra anima avvertono di fronte a queste visioni…
 Il suo naturalismo ritrae, dunque, una panoramica completa della
            società del tempo legata al tema della natura, del paesaggio
            e delle figure che rivelano la luce e le atmosfere della terra natale,
            dei luoghi dell’infanzia e di quelli frequentati all’estero,
            dove l’artista fissa in immagini realistiche momenti di vita
            quotidiana e persone ai margini della società con una chiave
            di lettura personale che evidenzia il privilegio di temi di forte
            impatto sociale e sentimentale e, pertanto, le sue opere diventano
            un vero documento di attualità ed esercitano sempre un grande
            fascino su chi vi si accosta. In lui ha il sopravvento la capacità di
            comunicare, di emozionare e di trasmettere messaggi, che rispecchiano
            i suoi ideali come il naturalismo immediato.
 Infatti le vedute di Parigi e di Londra sono brillanti, ricche di
            vitalità straordinaria e denotano il senso della vita.
 Non a caso il nostro artista fu definito dai francesi “petit
            maitre” (piccolo maestro).
 Angelo Deluca (dicembre 2006) << vai all'indice del canale |