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La Disfida di Barletta - L'epoca e i protagonisti
BARLETTA - Protagonisti del Novecento vol. 2
 

Renzi ci fa sognare (purchè non ci prepari un brusco risveglio)

Renzi, a pelle, mi piace moltissimo, come alla stragrande maggioranza degli elettori della sua parte politica, perché egli interpreta e assimila in sé le più incisive qualità che un capo deve avere agli occhi del suo elettorato: giovane, comunicativo, estroverso, disinvolto, efficiente, carismatico, la battuta rapida e tagliente, tutte qualità che delineano il profilo di un vero leader. Ma un conto è l’immagine, un altro conto è la parvenza che si fa sostanza. Un conto è l’enfatizzata esternazione di intenti, altro conto è la loro attuazione. Certo, mi piacerebbe che Renzi mantenesse, nella fase operativa, una sia pur modesta percentuale delle sue mirabolanti promesse… anche se nutro qualche perplessità che non sarà così e che potrebbe accadere a lui quello che avevo paventato per Grillo e per il suo movimento.
Ricordo quando il guru genovese all’inizio della sua performance elettorale calamitò milioni di consensi, attratti dal suo messaggio messianico, interprete di un generalizzato malessere sociale con punte di drammatica insostenibilità soprattutto nelle famiglie disagiate e nelle aziende marginali a rischio di chiusura, mentre, dopo il trionfale esito elettorale, di fronte all’assunzione di responsabilità, vanificò le molte attese suscitate conducendo alla paralisi progressiva un movimento che decidendo di non schierarsi con nessuna forza politica, finì col condannare  il Paese alla più completa ingovernabilità, costringendo destra e sinistra all’inciucio, da  lui  stesso paradossalmente provocato! Mutatis mutandis, temo che il sindaco di Firenze possa restare lui pure vittima della stessa sindrome, quella della inadeguatezza al ruolo di “salvatore della patria”.
E infatti Renzi, al quale è riuscita l’analoga operazione di intercettare milioni di elettori impazienti di un autentico rinnovamento, vive lo stesso difficile momento, cioè del passaggio dalla fase delle enunciazioni demolitorie a quelle propositive in schemi operativi possibili e realizzabili. Con una non trascurabile variante, che mentre Grillo parla da oppositore, Renzi è stato chiamato a guidare il maggior partito che sostiene il Governo e quindi  non poteva sfuggirgli che, finita la fase nella quale doveva gioco forza vestire i panni del rottamatore (per battere un prudentissimo Bersani), dopo l’elezione a dominus del partito, gli sarebbe poi toccato il ruolo del  risanatore.
Con una diversa prospettiva, rispetto alle dinamiche del movimento pentastellare, che mentre i grillini sono nella stragrande maggioranza ubbidienti al loro capo, i seguaci di Renzi non saranno invece sempre disposti a seguirlo nella imprevedibilità delle sue funamboliche sarabande. E già le prime avvisaglie si sono avvertite quando il sindaco gigliato ha incominciato ad impartire direttive sul modo migliore di affrontare le problematiche del “welfare” per uscire dalla crisi, lasciando allibiti e increduli la Camuso, Landini e compagni coi quali pure sembrava si fosse inteso in un primo momento, mentre ora sembra che abbia virato di 180 gradi la bussola sposando in extremis le tesi aperturiste al ridimensionamento dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, mutuato dal fido consigliere Davide Faraone, mentre in realtà altro non è che la pedissequa riproposizione dell’antica impostazione migliorista di Pietro Jachino che per essa fu emarginato dalla CGIL e dal Partito.
Di qui l’abile mossa del passaggio successivo, cioè quella dell’ultim’ ora di rinunciare a fare proposte riformistiche elettorali, per affidarle alle altre forze politiche, una partita apertissima nel momento in cui stiamo scrivendo.  Ma quanto durerà questa strategia aperturista? e non è sospetto che abbia trovato proprio fra gli uomini di Forza Italia i più convinti alleati?

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Renzi il mithos, Letta il reality
Due percorsi diversi, due diversi modi di interpretare e affrontare i problemi e le prospettive delle loro soluzioni, la via del mithos e quella del logos, cioè la via mitica che propone un intreccio narrativo meramente desiderativo (magari manifestato anche in buona fede), e la via logica, espressione di una impostazione realistica che declina premesse programmatorie con prevedibili conseguenze pratiche, mentre Renzi preferisce continuare a parlare per prevedibili enunciazioni che rappresentano la più allettante prospettiva risanatoria dei nostri malesseri, quella che più si confà alle aspettative della gente, cioè breve nei tempi e concreta nei risultati… Ma sarà poi così facile realizzarla? ne dubitiamo.
Renzi, il mithos, il sogno velleitario, la trasfigurazione visionaria, l’ambizione onirica espressione di una personalità egotica; Letta il reality, la concretezza operativa, la praticità del risultato accessibile, l’equilibrio delle compatibilità conflittuali che frenano sul compromesso improduttivo per orientare il confronto su una concretezza operativa.
Renzi rappresenta il nuovo? ne dubito. Credo che il nuovo sia rappresentato invece più da Letta (e qui prescindo da appartenenze correntizie alle quali sono estraneo) al quale contestano di non avere le qualità per governare con determinazione, mentre poi quelli che lo contestano, sono gli stessi che gli cospargono la strada di chiodi appuntiti per forargli i pneumatici in corsa per tendergli trappoloni e deragliarlo nel precipizio. Il più delle volte sono quegli stessi che lo criticano perché non avrebbe il coraggio di imporre drastici tagli (purchè non si tratti naturalmente in loro danno, ma sempre in danno altrui…).
Fin qui, ognuno per conto proprio, a seguitare per la propria strada, mentre se invece concorressero lealmente insieme verso la medesima meta (la governabilità dettata dal buon senso), allora sì, potremmo forse sperare di in un’alba anticipatrice di più ottimistiche prospettive.

Renato Russo
(7 gennaio 2014)

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