|   Sabino Castellano:  iniziò per primo gli scavi di Canne La  mattina del 4 dicembre di un mese fa, il sindaco di Barletta Pasquale Cascella,  la responsabile del Polo Museale pugliese Eugenia Vantaggiato, e il direttore  del dipartimento Turismo ed Economia della Cultura Aldo Patruno, alla presenza  di numerose autorità del territorio, scoprivano la targa toponomastica che  intitolava il piazzale antistante l’Antiquarium di Canne a Sabino Castellano.Comune  e Sottointendenza alle Antichità, finalmente di comune intesa dopo gli annosi  contrasti del passato, convenivano in una doverosa iniziativa, quella del  (tardivo) riconoscimento al prof. Sabino Castellano di essere stato il primo  studioso (dopo una plurisecolare dimenticanza) per la valorizzazione dell’antica  collina di Canne della Battaglia.
 In  serata un convegno di studi presso Palazzo della Marra alla presenza del figlio  Carlo e delle figliole Gianna e Costanza, completava una giornata interamente  dedicata al ricordo dell’illustre studioso.
 Ma il  dubbio era evidente e restava: quella iniziativa era solo il punto di arrivo di  una lunga colpevole dimenticanza, o rappresentava al tempo stesso – com’era  auspicabile – un nuovo punto di partenza per la riscrittura, d’ora in poi, di  un diverso incipit della storia del  ritrovamento dell’antico sito?
 Pioniere  degli scavi di Canne, agli inizi degli anni venti del secolo scorso, ma anche  una incisiva personalità che merita di essere meglio conosciuta dal grande  pubblico – specialmente barlettano – che ancora oggi mostra di saperne poco o  nulla. E allora cerchiamo di rievocarne la vita e le opere, almeno quelle  relative agli scavi conclusi.  E non  solo.
 
 *     *    * L’infanzia  e l’adolescenzaSabino  Castellano nacque il 31 ottobre 1998 da Mariano Castellano e da Giuseppina  Ricatti in via Brancaleone 2, ma poco dopo la famiglia si trasferì in via Miale  da Paliano 3, oggi Miale da Troia. Primo di tre fratelli, dopo di lui Nicola ed  Antonio. Registrato come Savino si farà però chiamare - e firmerà - come Sabino,  in onore del Santo Patrono di Canosa di cui era devoto (la stessa vicenda  anagrafica di Savino–Sabino Loffredo).
 Fra  il 1904 e il 1910 frequenta le elementari alla d’Azeglio. Per inquadrare  l’epoca: sindaco a quel tempo Arcangelo Cafiero; assessore alla P. I. Francesco  Casardi; direttore delle scuole elementari Francesco Paolillo; direttore delle  cinque classi ginnasiali (solo dopo la riforma del 1962, le prime tre si  trasformarono in medie), Salvatore Sfregola; preside del liceo Classico “Andrea  Bonello” Domenico Dell’Aquila e della scuola Tecnica Cesare del Curatolo. Sabino  frequenta il Regio Ginnasio-Liceo presso la “Fraggianni” oggi più noto come  Palazzo della Marra. Il  padre è un piccolo armatore che può avergli trasmesso il DNA del carattere ma  chi gli ha dato una eccellente preparazione culturale, dentro e fuori dalle  mura scolastiche? Alle elementari come maestro ha avuto Francesco Paolillo  autore di notevoli saggi sulla formazione degli alunni nella prima scolarità;  al ginnasio come docente di latino e greco mons. Domenico Dell’Aquila,  arciprete della Cattedrale; abita inoltre sullo stesso pianerottolo di mons.  Salvatore Santeramo, il più illustre storico di Barletta del suo tempo, che lo  prende a ben volere.
 E  quanto alla lettura di libri, se ne approviggiona presso la locale biblioteca  comunale diretta da Benedetto Paolillo (un tempo titolare dell’unica libreria  di Barletta). Anche Paolillo, al pari di Santeramo, è un eccellente storico  della città (toccherà a Sabino tesserne l’elogio funebre con un apprezzatissimo  discorso).
 Di  quegli anni il giovane Sabino ci ha lasciato un ricordo autobiografico  straordinario per qualità di scrittura e precisione di cronaca nel pezzo “Ave  Maria” che stilerà anni dopo nello “speciale” che Salvatore Santeramo aveva  allestito in occasione della ricorrenza del II Centenario della dedicazione del  Comune di Barletta a Maria SS. dello Sterpeto.
 Dopo  il diploma, è richiamato in guerra col contingente del 1917; dopo una breve  ferma a Modena, al corso allievi ufficiali, viene spedito direttamente al  fronte, sulla linea del fuoco, sul Carso dove è ferito ad una gamba. Dopo la  convalescenza torna in prima linea sul Piave, proprio nell’epopea autunnale della  grande rivincita della disfatta di Caporetto dell’anno prima.
 Gli  scavi di Canne, e non solo. Subito  dopo la guerra, agli inizi del 1919, si iscrive all’Università di Roma (a Bari  l’Università non c’era ancora) alla facoltà di Lettere classiche,  dove insegna storia l’esimio prof. Ettore  Pais che alla storia di Roma sta dedicando una storia in sei volumi, due dei  quali alla seconda guerra punica, cioè alla campagna annibalica in Puglia di  cui approfondisce la Battaglia di Canne.
 Mons.  Santeramo, che in quegli anni sta raccogliendo le pergamene della città di “Barulum”  e di “Cannae”, spinge il suo pupillo ad applicarsi alla ricerca della località  della battaglia (riva destra o riva sinistra) tema molto controverso in quegli  anni: lo stesso Pais dedicherà un capitolo su questo argomento e non deve  stupire che Castellano stilerà la sua tesi di laurea proprio su questo dirimente  argomento, oggetto di un molteplicità di studi da parte di studiosi nazionali  ed europei.
 Nel  biennio 1920-1921 Sabino si recherà più volte sul sito di Canne, con l’aiuto  del dott. Vitantonio Lattanzio - direttore dell’Ospedale di Barletta - e di  alcuni infermieri volontari coi quali intraprenderà una campagna di scavi  raggiugendo brillanti risultati che costituiranno oggetto della relazione  finale della sua tesi di laurea:  Sulla Topografia della Battaglia di Canne. Sabino la discuterà il 21  luglio 1921 col prof. Venturi e il 21 maggio 1922 ne leggerà un estratto  all’assemblea della Regia Accademia dei Lincei. La quale, su proposta del prof.  Pais, ne solleciterà la pubblicazione negli atti della Regia Accademia.
 Frattanto  Sabino, che già a Barletta era diventato vice segretario regionale della GIAC (Gioventù  di Azione Cattolica), a Roma aveva intrapreso la conoscenza dei vertici del Partito  Popolare frequentandone la sezione centrale. Al tempo stesso aderendo alla FUCI  nazionale della quale conobbe personaggi del calibro di Alcide del Gasperi,  Luigi Sturzo, Giovanni Gronchi e Filippo Meda. Tornato a Barletta, primo pensiero  fu quello di fondare una sezione cittadina nel PPI.
 Intanto,  nel 1925, il dott. Vito Antonio Lattanzio, mons. Salvatore Santeramo, Benedetto  Paolillo, Carlo Romanelli, lo stesso Castellano - con compiti di segretario - davano  vita all’Associazione degli Amici dell’Arte e   della Storia Barlettana, con sede al primo piano del palazzo Fraggianni  dove decidevano di promuovere la nascita di un Museo della Disfida di Barletta.  Altro interesse preminente dell’associazione,  l’antico sito della cittadella di Canne di cui il potestà Pietro Reichlin -  sotto la spinta dell’associazione - ne autorizzerà prima un fitto annuale e poi  l’acquisto.
 Da  quel momento i soci dell’associazione, sotto la spinta coordinatrice del  segretario Castellano e con l’aiuto del dott. Lattanzio e dei suoi infermieri  volontari,  ripresero gli scavi con un  preciso progetto operativo coordinato dall’inesauribile Sabino.  All’opera, non senza prima aver sposato Maria  Rosaria Sguera dalla quale  avrà nove  figli (di cui otto viventi): Giuseppina, Mariano, Antonino, Guido, gemelli  Nicola e Carlo, Nunzia Pia,  Giovanna  (Gianna) e Costanza (Conny).
 Iniziate  a metà degli anni Venti, “le aspettative  di quella seconda campagna di scavi non andarono deluse”, come scriverà lui  stesso, perché “produssero non pochi  apprezzabili risultati”. Costituiranno oggetto di una breve ma precisa e  circostanziata relazione dal titolo “Gli  scavi di Canne” nella rivista “Mondo Classico” edita a Torino a cura della  editrice Elzeviriana. Attenti alla data di pubblicazione, 1932.
 Cioè  due anni dopo che il Ministero (il Minculpop) nel 1930 aveva disposto che la Sovrintendenza  ai Monumenti delle Antichità di Bari promuovesse, attraverso il Museo  Archeologico provinciale diretto da Michele Gervasio, una campagna di scavi sulla  famosa collina e sul territorio circostante, alla ricerca dei luoghi della  battaglia e dei suoi possibili resti. Sarà il sepolcreto rinvenuto a Canne  Fontanella inizialmente scambiato per annibalico.
 In  fondo l’equipe Gervasio era subentrata ad un lavoro ultra decennale del  Castellano  e tuttavia Gervasio, nel  documentatissimo “giornale degli scavi” di quegli anni, mai menzionò il suo  predecessore e gli esiti del suo lavoro che pure aveva costituito oggetto della  documentatissima relazione del ‘32 cui abbiamo detto. E ci fu un anno in cui le  due equipes di ricerca coesistettero,  nel 1930.
 Ricevuto  infatti l’incarico nel marzo del ’30, Gervasio cominciò gli scavi a maggio.  Significativo il fatto che a luglio una  commissione nazionale di esperti di studi archeologici, di cui faceva parte il  giornalista Aldo Valori del “Corriere della Sera”, giunta sul posto, non prendesse  contatto col Gervasio ma col Castellano.
 Che  altro dire? Duole che nel 1956, sul declinare della sua vita, quando Gervasio  affidò il ricordo della prima campagna di scavi ad un volumetto pubblicato a  cura dell’Ente Provinciale del  Turismo,  abbia ancora una volta del tutto ignorato l’apporto del Castellano agli scavi  di Canne. La stessa Fernanda Tinè Bertocchi,  che prese le consegne nella seconda campagna  di scavi fra la fine degli anni Cinquanta e gli inizi degli anni Sessanta, mi  assicurò non aver mai saputo nulla dal Gervasio, nè di Sabino Castellano né dei  suoi pionieristici scavi.
 Quanto  a Sabino Castellano, andato via da Barletta nel 1932, dopo che i fascisti gli  avevano bruciato la sede dell’A. C. (lui presente!), si trasferì prima a Lecce  poi a Rimini, Alessandria, Pesaro e preside del Liceo Scientifico “Cassini” di Genova,  da dove non si sarebbe più mosso senza tuttavia mai interrompere del tutto i  rapporti con Barletta.
 Ma questa è un’altra  storia.
 Renato Russo(16 gennaio 2018)
 
            
    
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      | Sabino Castellano in una foto giovanile del 1922 | Collina di Canne, estate 1925. Un gruppo di Amici  dell’Arte e della Storia Barlettana attorno all’ara votiva dedicata a Titius  Felix, appena scoperta. Da sinistra in senso orario: l’avv. Michele Tresca, il  prof. Sabino Castellano, il dott. Vito Lattanzio, il prof. Pasquale Leporace, il  capo cantiere Michele Damato |  
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      | Collina di Canne, 8 luglio 1930. Sabino Castellano  (secondo da sinistra) accompagna il giornalista del “Corriere della Sera” Aldo  Valori (secondo da destra) sull’altipiano della collina di Canne | Copertina della monografia di Sabino Castellano “Della  topografia della battaglia di Canne” |  
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      | Schizzo a matita del canonico Salvatore Santeramo (di  Mauro Di Pinto) |   |  << vai all'indice del canale  |