|   La Disfida tra  mito e storia, tra D’Azeglio e Loffredo  La vera storia della Disfida più  appassionante del pur famoso romanzo: a tentarne un recupero storiografico,  l’iniziativa del Comune di pubblicare l’estratto della storia della Disfida  dalla Storia della città di Barletta, di  Sabino Loffredo            In occasione della  ricorrenza della Disfida di Barletta, ancora una volta grande fervore di  iniziative folcloristiche, con l’occhio attento più alle esigenze dello  spettacolo e dell’happening che a quelle della  ricostruzione storica e quindi attratti più dalla suggestione del romanzo che  dalla vera storia di quello splendido periodo, il Cinquecento, il secolo d’oro  della storia di Barletta e del suo territorio. E allora è tempo di  dare più spazio al recupero storico dell’avvenimento, anche perché la vera  storia della Disfida è di gran lunga più intrigante del romanzo. Da quel  lontano 1833, anno della sua pubblicazione, sono passati 183 anni e ancora ai  giorni nostri, non sono pochi coloro i quali ignorano cosa sia veramente  accaduto in quel fatidico 13 febbraio del 1503.
 È vero che se non fosse  stato per lo scrittore torinese oggi la storia della Disfida languirebbe  ignorata fra le carte dei polverosi faldoni del passato. Ma è anche vero che la  Disfida ha una sua storia “autentica” che andrebbe riesumata e valorizzata alla  luce delle numerose fonti giunte sino a noi, che il Loffredo ha il merito di  aver incisivamente compendiato nella sua Storia della città di  Barletta.
 Massimo d’Azeglio e Sabino Loffredo sono i due  autori ai quali, più che ad altri, è legata - fra mito e storia - la conoscenza  dell’epica impresa. Vediamo allora di scontornarne, dell’opera di ciascuno, gli  aspetti di più rilevante interesse sia ai fini di un sia pur tardivo recupero  storiografico, che di un rilancio dell’evento in chiave di ritorno turistico.
 *    *    * Massimo d’Azeglio nel 1833 diede alle stampe, simultaneamente, il romanzo storico Ettore Fieramosca presso quattro editori: Pomba a Torino,  Ferrario a Milano, Pezzati a Firenze e Pierro a Napoli, riscuotendo un enorme  successo di vendite (che è tutto dire per quell’epoca). Il romanzo, nella temperie di un fervoroso riscatto  risorgimentale, scrivendo una pagina di orgoglio nazionalistico, riuscì  pienamente nel suo intento, ch’era quello di infiammare gli animi degli  italiani, tanto che ne saranno stampate, nel giro di pochi anni, numerose edizioni,  anche a fascicoli, come presso la stamperia Guglielmini di Milano dove faceva il  suo praticantato il quindicenne Valdemaro Vecchi.
 Era un romanzo e le sue vicende quindi, liberamente ispirate all’Ivanhoe di Walter Scott - al di là del nome del protagonista  e dei principali attori della vicenda e dei luoghi in cui si era consumata  -  interpretavano una trama fantasiosa e  romantica con un valore fortemente simbolico.
 All’Unità d’Italia concorsero infatti non solo gli eserciti e i  patrioti che irrorarono del loro sangue la nostra terra, ma anche gli uomini di  pensiero i quali, con le loro opere, spinsero all’azione. Fra questi, Massimo  d’Azeglio. E di ciò soprattutto gli va dato merito, perché riuscì a trasferire  l’amor di patria, dal racconto delle sue fantasiose pagine, al sentimento degli  italiani, svegliandoli dall’intorpidimento delle coscienze, rendendoli  consapevoli e partecipi di una profonda aspirazione ancora inespressa, che egli  seppe fare affiorare: un forte sentimento di italianità, l’orgoglio  dell’appartenenza ad una nazione unita, rendendo così  popolare ciò che fin lì era restato solo retaggio  degli uomini di cultura. E tuttavia, benché romanzato, quell’evento descritto  dal D’Azeglio, soprattutto nella parte relativa agli antefatti e alle  circostanze del Certame e del suo esito, hanno restituito alla nostra storia,  alla storia della nostra città, una vicenda lungamente dimenticata, che solo le  nostre rievocazioni contribuiscono a tener viva non solo  a Barletta e nelle città territorialmente circostanti ove essa si svolse, ma  sull’intero scenario nazionale.
 *    *     * Quanto alla vera storia della Disfida, esistono numerosi documenti  a certificarne l’autenticità, ma una ricognizione su tutte è assorbente di ogni  altra ed è quella che ne ha fatto Sabino Loffredo, il nostro storico più illustre al quale si deve - a sessant’anni  dal romanzo del D’Azeglio (1893) - la ricostruzione più attendibile, ma al  tempo stesso più avvincente, del famoso fatto d’arme. Le documentatissime pagine che occupano il primo capitolo del  secondo volume della sua Storia, hanno soprattutto due pregi: quello di inquadrare l’episodio in  un contesto nazionale ed internazionale, assegnandogli  quindi il dovuto rilievo sullo sfondo della  guerra franco-ispanica che in quegli anni insanguinava le nostre contrade; e il  secondo merito, quello di aver inquadrato il certame nella trama narrativa  della nostra città, collocandolo in uno scenario che ci vedeva protagonisti di  una feconda stagione economica, al centro della disputa fra Francia a Spagna  che - fra le quattro regioni contese del Regno d’Aragona - ambivano soprattutto  al possesso della Puglia, mirando innanzitutto all’impossessamento del nostro  prospero porto  commerciale. Né bisogna  dimenticare il ruolo istituzionale che la città svolgeva sullo scacchiere  pugliese, secondo il Carabellese, la città più importante  del Regno dopo Napoli, la quale - continua il Loffredo - seguitava ad essere da più di tre secoli la città caput  regionis, delle città circostanti la meglio munita, che solo  il progressivo addensamento a beneficio di Napoli indebolirà  progressivamente.
 Nel racconto poi della sfida, dobbiamo  ancora al Loffredo il merito di aver ampliato la ricostruzione dell’episodio  contestualizzandolo col ruolo giocato dalle altre città del Comprensorio nelle  quali quel fatto nacque e si consumò fino al suo epilogo vittorioso.
 La storia, invero, da lui ricostruita sulla autorevole  testimonianza dell’Anonimo Autore di Veduta  che vi ebbe parte (1503), Marin Sanudo (1466-1536), Paolo Giovio  (1483-1552), Francesco Guicciardini (1483-1540), Nunzio Faraglia ed altri, è  più suadente del romanzo. Se finora il Loffredo non è stato adeguatamente  valorizzato, nella scrupolosa documentata ricostruzione ch’egli ha fatto del  Certame, è perché le pagine che ce lo rappresentano non costituiscono oggetto  di una pubblicazione monografica, ma si intrigano nello svolgimento della sua Storia della città di Barletta.
 È merito di questa Amministrazione, del sindaco Pasquale Cascella,  aver rispolverato quel capitolo affidandolo ai lettori nella versione di una  autonoma ricostruzione tematica. La ristampa del capitolo di storia del  Loffredo sulla Disfida, rappresenta un importante recupero storiografico  dell’avvincente avvenimento in chiave divulgativa, restituendo al famoso  episodio un valore di gratificatoria autenticità nel più ampio contesto della  storia della città di Barletta. La incisiva ricostruzione del Loffredo non va a  scapito della sua chiara, vigorosa prosa la quale ha saputo trasmetterci - con  la percezione storica del racconto - il piacere di una gradevolissima lettura.
 Renato  Russo(13 febbraio 2016)
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