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Chi è senza peccato scagli la prima pietra

Ho letto ieri l’altro la lunga intervista fatta a Gero Grassi, vice presidente della Camera al quale mi legano remoti ricordi di una comune militanza politica, e anche questa volta conserverò, come nei giorni scorsi, il suo intervento sulla nostra crisi istituzionale. Solo che mentre il 20 aprile egli aveva giustamente rivendicato il primato delle sorti del Paese su quelle del Partito, allontanando da sé il sospetto di filoberlusconismo, questa volta del tutto inopportunamente ha preferito premiare l’appartenenza alla sua corrente di un amico, anziché l’oggettiva valutazione dei fatti e di come si sono svolti, circa la caduta dell’amministrazione Maffei. Le parole di Grassi che più delle altre mi hanno colpito negativamente per la loro gratuità, sono quelle relative alle dimissioni degli otto firmatari che avrebbero determinato “uno scempio politico, istituzionale e morale tale da travolgere la città”. Ma scherziamo?
Premesso che io non parteggio per nessuno e che ho vissuto queste vicende con distacco emotivo e lucidità critica imparziale, ritengo però doveroso precisare che qui ci troviamo di fronte al più palese stravolgimento della realtà. La verità è un’altra, caro Gero, rispetto a quella da te ricostruita; la verità che di fronte alla ormai acclarata e persistente inerzia dell’amministrazione comunale, aggravata dal sistema verticistico di potere decisionale instaurata a Palazzo, tutte le forze politiche di maggioranza come di opposizione (ma anche larghe espressioni del mondo associazionistico, sindacale, culturale, cattolico e quant’altro), avevano elevato vivaci proteste su questo modo assolutamente antidemocratico di governare.
In quei frangenti, su tutte, una voce più forte delle altre si era levata contro il sindaco, con una ricchezza di motivazioni degne di un vero leader, ed era quella di Ruggiero Mennea. Si sa, nelle rivoluzioni piccole o grandi, nei grandi come nei piccoli centri, c’è sempre un ispiratore, mentre non sempre c’è chi ha il coraggio di passare dalle parole ai fatti. Ebbene, può negare Ruggiero di essere stato per un lungo percorso della giunta Maffei il principale ispiratore dell’opposizione? Può negare che gli abbia telefonato per complimentarmi con lui per la sua ferma determinazione in occasione dei suoi comunicati o delle sue interviste rilasciate alla Gazzetta nelle quali certificava, con straordinaria lucidità argomentativa, l’inadeguatezza del sindaco a continuare a reggere il comando dell’Amministrazione?
Valutazioni, le sue, ribadite sui network, su facebook ed altri mezzi di comunicazione! Non che Mennea non la pensasse allo stesso modo degli altri, dei futuri firmatari, ma anzi, era ancora più motivato di loro nel chiedere la fine della Giunta per manifesta incapacità dirigenziale e improduttività di risultati (restano agli atti le sue severe dichiarazioni).
E allora il punto di dissenso - diciamolo francamente - non verte sulla sostanza di una decisione condivisa, ma solo sulle modalità formali in cui l’operazione di disimpegno è avvenuta, cioè davanti ad un notaio, mentre sarebbe stato preferibile che avvenisse come esito di un regolare e democratico dibattito consiliare. 
E allora, caro Gero, che quelle dimissioni abbiano provocato la caduta della Giunta, è stato solo un fatto conseguente ad una presa di coscienza in quanto quei consiglieri - per quanto ne so - non se la sentivano più di vivere una vita da consiglieri-zimbelli, limitandosi a scaldare le sedie, senza che la loro presenza in Consiglio valesse un fico secco! Mentre secondo te - e secondo il sindaco Maffei - quei consiglieri comunali avrebbero dovuto continuare a vivere la loro consigliatura senza ormai contare più nulla, solo per permettere al sindaco e al suo assistente di continuare ad esercitare il loro verticistico potere? Un potere, peraltro, non finalizzato a risolvere i problemi della città di concerto con i partiti della coalizione, ma anzi, incuranti delle segreterie della coalizione, cominciando da quella del proprio partito (dovresti aver avuto eco di quelle doglianze).
Per non parlare del ruolo di Enzo Delvecchio, presidente dell’Assemblea consiliare, rinunciatario e spento, perché emarginato dal ruolo, per cui ripetute volte gli ho suggerito di dimettersi, per quello che valeva ormai il suo incarico, ridotto a un inerte manichino sullo scenario della presidenza di un’assemblea ormai del tutto demotivata. È indubbio che gli otto hanno sbagliato recandosi da un notaio per certificare la propria volontà di riprendersi la propria autonomia decisionale e tornare a essere liberi cittadini, questo è il vero errore da essi commesso, ma che da tanto si passi poi a fare il processo solo a chi non ne poteva più di subire l’arroganza verticistica del Palazzo, facendo oggi passare per moralisteggiante la posizione di Mennea, ce ne passa! Specialmente in considerazione che la stragrande maggioranza della città non vedeva l’ora che quella Giunta cadesse e si ritornasse alle urne per restituire alla città la prospettiva di una ritrovata conduzione libera e democratica.
Per cui mi pare contraddittorio, Gero, affermare di sostenere Cascella, per poi minarne le possibilità di vittoria con questa posizione assunta all’indomani della presentazione della candidatura. E allora capisco e condivido lo sdegno di Enzo Delvecchio che, alla prima presa di posizione di Patruno, poi di Boccia e ora della tua, non si riconosce più nel suo vecchio partito nel quale scorge solo una mera difesa di ufficio a favore di un’appartenenza correntizia, per cui amaramente ha rifiutato di entrare in lista. A parer mio la perdita di una bella promessa generazionale, sull’anemico scacchiere della nostra politica cittadina.
Lasciamo perdere, poi, l’improprio accostamento della vicenda della caduta della giunta Maffei con quella dei sindaci Fiore e Dimiccoli, loro sì, rispettosissimi delle attribuzioni istituzionali,  eppure vittime di abbietti agguati del fuoco amico. Ma questa è un’altra storia!

Renato Russo
(3 maggio 2013)

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