|   Nove anni dalla scomparsa di Raffaele  Iorio Il 13 febbraio di quest’anno abbiamo  registrato il nono anniversario della scomparsa di Raffaele Iorio. Una data  emblematica perché il destino ha voluto legare per sempre il giorno della sua  morte a quello della Disfida di Barletta, verso la quale Iorio nutriva non  poche perplessità per certo modo di celebrarne esageratamente i riti ludici in  danno di più approfondite ricerche storiografiche.Ho avuto il privilegio di introdurlo nel  mondo della carta stampata nei primi anni del suo noviziato giornalistico nelle  riviste che ho diretto (Nuova Eco, Il  Buon Senso, Il Fieramosca, il più recente Baruli Res) o di cui ero redattore (Sangue e Vita), prima che s’involasse per collaborazioni a periodici  specialistici a diffusione regionale, specialmente medievali, ch’era la sua  materia preferita.
 Forse pochi sanno che Raffaele – nato ad  Aosta e trasferito a sei anni a Barletta – frequentò per molti anni il collegio  dei Gesuiti di Vico Equense (Napoli) dove non solo brillava per gli studi  classici, ma dove fondò un giornalino, Per  verbum ad verbum, da lui stesso riccamente illustrato, a colori (era un  provetto disegnatore). Ed era così bravo in latino, che scrisse una sorta di  diario personale in questo idioma, Carmina, che completò soltanto al termine dei suoi studi.
 In tutti questi anni Iorio ci è mancato. Ci  sono mancate le sue prese di posizione spigolose e caustiche, le sue chicche  erudite, le sue impertinenti provocazioni, il suo enciclopedismo culturale, il  suo pungente irridente sarcasmo. Ma anche la sua capacità di autoironia. Se è  vero che non si muore del tutto finché la memoria ne sopravvive, noi vogliamo  continuare a rievocarlo, almeno in questa triste ricorrenza.
 Raffaele Iorio è stato un grande  giornalista, anche se non era iscritto all’albo. Scriveva soprattutto articoli  di storia medievale divulgativa sulla “Gazzetta del Mezzogiorno”, cronache erudite  invece su riviste specializzate come “Quaderni Medievali” diretti da Giosuè  Musca, l’“Archivio Storico Pugliese” organo di stampa della Società di Storia  Patria per la Puglia diretto da Francesco Maria De Robertis, Nicholaus diretto da padre Gerardo  Cioffari. Ma anche su pubblicazioni specialistiche di livello nazionale come “Dossier”  della De Agostini oppure nel volume Crociate edito dalla Electa, dove scrisse con Franco Cardini e Cosimo Damiano Fonseca, oppure  con Francesco Tateo sui Normanni nella laterziana Storia di Bari, lui  per la parte medievale con Raffaele Licinio.
 Per non dire dei numerosi studi su Federico II di Svevia e le sue  innumerevoli conferenze sul grande Svevo che attiravano sempre attenti  ascoltatori, come in occasione di un processo in piazza dove, alla fervorosa  perorazione difensiva di Pasquale Corsi opponeva un implacabile atto di accusa.  Indimenticabili pagine tematiche sulla Shoah che purtroppo non sono state raccolte organicamente, come avrebbero meritato,  in un volumetto monotematico. Come fece la Gazzetta che gliele dedicò uno nella  serie “Ori di Puglia” (Quando sbarcavano  i Saraceni) ed un secondo nella collana “Ori del Gargano” (I benedettini e lo splendore dell’anno  Mille), interventi molto apprezzati perché Raffaele sapeva scrivere, contemperando  con eguale disinvolta bravura dotto accademismo e divulgazione scientifica.
 Iorio ci ha lasciato numerosi studi monografici  sulla storia della città di Bari (esemplare quello sull’Urbanistica medievale a Bari fra X e XIII secolo), sulla Puglia  (nella raccolta enciclopedica Civiltà e  culture in Puglia), ma specialmente su Barletta, ricerche meticolose e  interpretativamente innovative come quando nell’Incontro Studi Dalla Chiesa alla “civitas” (1997)  rilesse per noi, facendocele riscoprire, le carte di Santeramo in occasione  della riapertura della Cattedrale di S. Maria, offrendocene una chiave  interpretativa di grande suggestione. Infatti Ele non si fermava alla  superficie della narrazione, ma scavava nel profondo, dando dei fatti  interpretazioni penetranti, anche a costo di mettersi contro l’opinione  corrente.
 Come ai tempi della querelle con Carlo Ettore Borgia fautore di una Canne annibalica,  mentre lui era il convinto sostenitore di una Canne medievale (poi, però, al  contrario della Sovrintendenza alle Antichità negazionista dell’evento, avrebbe  attenuato questo drastico atteggiamento cercando una via compromissoria alle  due ipotesi interpretative). Notevoli anche le sue indagini sugli Ordini Cavallereschi,  per la collana “Studi Melitensi”, specialmente considerevoli le monografie su Ospedalieri  e Templari. Iorio ha scritto tanto, purtroppo però spesso testi dispersi in molteplici  interventi non amalgamati in pubblicazioni unitarie.
 Noi abbiamo provato a tracciarne una  biografia (Raffaele Iorio fra cronaca e  storia, i suoi studi hanno dato lustro alla Puglia con prefazione del prof.  C. D. Fonseca e di Lino Patruno) che lungo il suo percorso, ricostruisce la  trama della sua vasta produzione letteraria e storiografica. E abbiamo raccolto  anche la sua erudita miscellanea in tre grossi faldoni tematici, sperando che,  fra qualche tempo, il nostro Comune si accorga del suo valore e ne promuova la  pubblicazione, in un volume singolo oppure in quaderni tematici periodici.
 Vorrei ricordarlo anche come presidente  della Sezione di Barletta della Società di Storia Patria per la Puglia, dal 17  luglio 1998 al 14 luglio 2005, per due mandati consecutivi. In quegli anni  abbiamo collaborato all’uscita dell’Annuario “Baruli Res” organo di stampa della  locale Sezione. Fra gli articoli più notevoli degni di essere ricordati, è una  vibrata critica alle istituzioni (Quel  dente di cinghiale a Schorndorf, la cultura come necessità e come dovere) dove  stigmatizzava la indifferenza delle Amministrazioni Comunali alla promozione di  iniziative dirette a valorizzare i nostri tesori. Stiamo seduti su un giacimento d’oro e non ce ne accorgiamo, scrisse  in quella circostanza, e stimolava all’azione per un adeguato ritorno turistico  delle nostre risorse culturali. La sua presenza in mezzo a noi ha lasciato il  segno, sia quando incontrava i soci in sezione, sia quando scriveva per la  Gazzetta del Mezzogiorno.
 Memorabile la sua intransigente diatriba  con Nino Vinella “presidente di un improbabile Comitato Italiano di Canne della  Battaglia”. Il tempo stempera le asprezze delle incomprensioni, e anche questa polemicaalla fine s’attenuò, senza cessare mai  del tutto. Ma Iorio ce l’aveva soprattutto con l’Amministrazione Comunale per  la sua insensibilità alla promozione storico-turistica, specialmente sul sito  di Canne, isolato dal mondo accademico e dai circuiti turistici che contano,  sottostimato dalla Sovrintendenza alle Antichità di Taranto che aveva sempre  dato (e continua a dare) scarso credito alla valorizzazione di una Canne come  località del famoso scontro, riconoscendo solo il sito medievale ricco di  reperti, ma irrilevante sul piano nazionale. Il colmo fu raggiunto quando, nel  2005, la sala annibalica fu sostituita da una mostra permanente sui gatti, un  vero insulto alla grandezza del sito, fieramente stigmatizzato da Iorio che ne  fu profondamente indignato.
 Caratterialmente Raffaele era un “bastian  contrario” e le sue polemiche erano sulfuree, specialmente nella rubrica Lettere al direttore - sulla Gazzetta del Mezzogiorno - dove  erano corrosive, un vero castigamatti quando utilizzava l’arma del sarcasmo.
 Come oratore era brillante, conversatore  dalle mille risorse didattiche, sapeva intrattenere l’uditorio come nessun altro,  utilizzando uno stile narrativamente gradevole, ma al tempo stesso tagliente e  in ogni caso sempre coinvolgente.
 Dire che Raffaele ci manca anche nelle  piccole cose non è un modo di dire; in realtà ogni tanto, quando abbiamo un  dubbio interpretativo, oppure quando dobbiamo completare una ricerca o  esprimere un giudizio, o assegnare il titolo a un testo, allora pensiamo a lui,  a quello che ci avrebbe suggerito in una delle lunghe chiacchierate notturne  che intrattenevamo. Era sempre molto preciso e circonstanziato nelle risposte,  caustico e inflessibile nelle reprimende, ma amabile e cortese se sapevi  instaurare con lui un dialogo cordiale.
 Renato  Russo(5 marzo 2016)
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