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 Reichlin dieci anni in Puglia
            fra Bari e Barletta (1963-1973)
 
            
              
                | Proveniente da Roma dove – giovane, colto  e intellettuale – aveva diretto per sei anni l’Unità (1957-1962), a contatto  con la base dei lavoratori, sia nel mondo dell’agricoltura come in quello  industriale, maturò in Reichlin, nel decennio pugliese (1963-1973), la  conoscenza dei reali problemi del Paese. “Fu  in Puglia che mi feci un’idea meno astratta delle istituzioni e scoprii che  grigia è la teoria mentre verde è l’albero della vita” |  Nell’articolo che, all’indomani della sua  scomparsa, abbiamo dedicato a Reichlin ricordando lo speciale rapporto che lo  legava a Barletta (Gazzetta del Mezzogiorno, 23 marzo), abbiamo appena sfiorato  il periodo ch’egli passò a Bari (dal 1963 al 1973), come segretario regionale  del PCI, un periodo in cui più intensi si fecero i suoi rapporti con Barletta.  Ma perché a Bari, e perché quell’incarico? Un ridimensionamento, rispetto al  ruolo che aveva esercitato a Roma fino a un anno prima, come direttore dell’Unità”  (dal gennaio 1957 al marzo 1962). In verità Togliatti, che quel compito gli  aveva affidato, ce l’aveva poi rimosso come conseguenza della sua condivisione  della posizione politica dell’eretico Pietro Ingrao, che quell’incarico aveva assolto  prima di Reichlin. Al suo posto avrebbe nominato Mario Alicata e Reichlin – dopo  un anno di penitente attesa – era stato esiliato a Bari. Vi avrebbe soggiornato  – come abbiamo visto – per dieci anni, nel corso dei quali, alternando la sua  presenza fra Bari e Barletta, avrebbe maturato la sua preparazione politica, misurandola  però, come spiegherà in seguito, sui parametri dei problemi reali del Paese, a  contatto col mondo del lavoro, della disoccupazione, della emigrazione dai  campi verso il mondo industriale del Nord (basti pensare alle migliaia di  pugliesi che emigrarono in quegli anni verso la FIAT di Torino). A BarlettaNaturalmente  fu quello il periodo in cui più frequentemente Reichlin frequentava Barletta,  spesso accolto nella storica sede del PCI in via Nazareth 29 dove non mancava  di incontrare i dirigenti del partito (Borraccino, Conenna, Corcella, Dambra,  Del Vecchio, Matteucci, tutti della vecchia guardia). In occasione dei congressi  nazionali, con l’autorevolezza che gli veniva dal ruolo che ricopriva, era lui  che presiedeva le pre-assemblee che eleggevano i delegati per Roma. E fu nella  sua funzione di segretario regionale, che nel ’68 fu capolista del PCI, eletto  alla Camera dei Deputati della Circoscrizione Bari-Foggia. E i suoi comizi,  molto seguiti, riempivano ora piazza Caduti ora piazza Roma e in questo caso la  piazza era affollata di contadini e di braccianti che ci sostavano fin dalle  prime ore del pomeriggio, alla ricerca dell’ingaggio per la giornata lavorativa  dell’indomani.
 Racconta  Peppino Caldarola: “Quei comizi  erano - per la densità del loro contenuto - vere lezioni universitarie e gli  argomenti trattati, anche i più complessi, erano semplificati dalla sua capacità  di renderli comprensibili; e all’indirizzo degli avversari politici mai un  insulto ma pacati ragionamenti sulle loro opinioni e mai offese alla persona,  il che rendeva il confronto, privo di asprezze polemiche, più costruttivo”.
 Di  tanto in tanto fanno capolino, negli scritti di Reichlin, dei riferimenti a Barletta,  come quelli sul saggio La Puglia  che vogliamo (Editori Riuniti, 1974), oppure  questo breve passo da Il midollo del  leone (Laterza, 2010), una nota di  costume che l’autore menziona come riflessione generalizzabile ad altre realtà  pugliesi. “A Barletta - il mio paese -  fino agli anni Quaranta non c’erano nemmeno i negozi. Le donne facevano il pane  e il resto veniva dalla campagna, i bambini giravano scalzi e la carne era  quasi sconosciuta. Poi, in pochi anni, Barletta è diventata una città moderna  che esporta scarpe in tutto il mondo e i nuovi ricchi girano in Mercedes”.
 Ricorda  Michele Cantatore, genero di Domenico Borraccino: “Un giorno mio suocero mi pregò di accompagnarlo alla stazione  per prendere l’on. Reichlin il quale, nell’attesa del primo appuntamento del  mattino, ci pregò di accompagnarlo al cimitero dove andò a visitare la Cappella  della sua famiglia (Reichlin-Parlender) ma anche quelle dei Perfetti e dei  Manuti” famiglie imparentate con i  Reichlin.
 Racconta  Tonino Rizzi, in quegli anni giovane esponente della Federazione Giovanile Comunista:  “Quando l’on. Reichlin veniva a Barletta io  andavo a prenderlo alla stazione. Pernottava all’Hotel Artù e cenava di solito  presso l’Antica Cucina (piatto preferito, “favette e cicorie”). Al mattino,  uscendo dall’albergo, si sedeva su una delle panchine del giardino del Castello  a leggere i quotidiani (oltre all’“Unità” anche “Repubblica” e il “Corriere”),  in attesa ch’io passassi a prelevarlo per portarlo in giro nelle ore libere dai  suoi impegni. Ricordo che una volta l’accompagnai a casa del cugino Vincenzo  Lauro in via Geremia di Scanno (da quella casa affioravano ricordi di lui  bambino, infatti il padre di Vincenzo, Gennaro, era fratello della madre  Elisabetta Lauro).
 Lo  interessavano specialmente i luoghi del lavoro, come l’assembramento  pomeridiano dei contadini in piazza Roma, ma anche la villa in viale Marconi  dove il padre aveva impiantato la sua attività di viticultore, mentre la  famiglia occupava il villino di fronte. Una volta ricordo che lo accompagnai a  visitare la nuova Cartiera costruita nel 1965 e un’altra volta andammo alla  Montecatini che dagli inizi degli anni Settanta viveva una crisi che l’avrebbe  portata alla chiusura (1976). Anche se il periodo della sua maggiore  frequentazione a Barletta fu quello del decennio 1963-1973, pure in seguito  Reichlin non avrebbe mancato di affacciarsi, specialmente in occasione delle  votazioni politiche, quando era capolista per la circoscrizione Bari-Foggia.
 Erano  gli anni della nascente formazione del movimento giovanile cittadino, (ma a  Barletta non erano pochi i giovani iscritti al “Manifesto”) e Reichlin,  omaggiato dai maggiorenti del partito, non faceva però mistero di essere più  attratto dal nostro fervoroso entusiasmo giovanile. Ma non fu sempre così, come  in occasione della consultazione referendaria del 1991, quando si doveva  decidere se appoggiare o meno la mozione del segretario nazionale Achille  Occhetto di modifica della sigla PCI in PDS, con tutto quello che quel cambio  avrebbe comportato. L’assemblea - introdotta da una relazione del segretario  regionale Michele Magno e allestita nella galleria del Teatro “Curci” - fu  animata da un vivace dibattito fra Reichlin fautore della linea politica  nazionale, e noi della Federazione giovanile (Franco Dambra, Lello Montenegro,  Rino Di Candia, Santa Scommegna, Giorgio Maracino ed altri) favorevoli alla  mozione antagonista”.
 Ogni  tantoReichlin  era ospite in qualche presentazione di libri, talvolta suoi, come quando, nel  2002, introdotto da Giuseppe Vacca, dall’editore Diego De Donato e da Aldo  Vittorini, presentò a Barletta, nel Punto Einaudi, Il silenzio dei Comunisti (di cui lui stesso era coautore). Era l’esame di coscienza di tre  vetero-comunisti (lui stesso, Miriam Mafai e Vittorio Foa) che avevano  convenuto di mettere in discussione la propria esperienza politica fra  consuntivo del passato e prospettive del futuro.
 In PugliaNel decennio trascorso in Puglia, anche perché segnato da  una epocale emigrazione verso il Nord con tutti i suoi risvolti economici,  sociali e politici, Reichlin mise al centro del suo impegno culturale  l’approfondimento della “Questione meridionale” alla quale dedicherà una  eccellente monografia: Dieci anni di politica meridionale: 1963-1973 (Editori Riuniti, 1974) che lo mise in luce a livello  nazionale, nella quale riassumeva l’esperienza di segretario regionale del PCI,  formulando nuove idee per un nuovo modello di sviluppo del Mezzogiorno.
 “Anche i rapporti  fra i partiti contavano in Puglia, -  ricorda Reichlin - ma dedicavamo la maggior parte del tempo e molta  fatica a organizzare il “movimento”: rompere le gabbie salariali, abolire i  vecchi patti colonici, creare cooperative, lottare per l’irrigazione del  Tavoliere, capire l’emigrazione al Nord. Al tempo stesso eravamo assillati dal  problema culturale, nella Puglia di Aldo Moro. Uscire dall’isolamento, non  farci schiacciare dal corporativismo economico, metterci nella condizione di  conquistare la gioventù intellettuale che occupava le università e le case  editrici e - al tempo stesso - penetrare all’interno della gigantesca  acciaieria di Taranto.  “Fu lì in Puglia - ricorda ancora Reichlin - che mi feci un’idea  meno astratta delle rivoluzioni e scoprii che ‘grigia è la teoria mentre verde  è l’albero della vita”.
 E lì, da Bari, da questo punto di osservazione, un  periscopio periferico, che Reichlin comincerà a porsi il problema della nascita  e quindi della incidenza di un partito riformista del Mezzogiorno.
 E intanto, non dimenticando di essere un giornalista,  fondava e dirigeva il periodico “Puglia nuova”. A Bari si legò d’amicizia con  Arcangelo Leone de Castris, con Vito Laterza e con alcuni giovani promettenti  intellettuali della Federazione giovanile: Giuseppe Vacca, Peppino Caldarola e  Franco Cassano.
 “Giuseppe Vacca, - ricorda - era l’animatore di qualcosa  di più di un circolo culturale a cui facevano capo un gruppo di giovani  intellettuali: Franco De Felice, Franco Cassano, Mario Santostasi, Biagio De  Giovanni, formatosi fra l’Università e Casa Laterza. Lo scopo temerario era  quello di ripensare l’identità del PCI. Si sentivano epigoni del grande  pensiero storicistico italiano, di Vico, Spaventa, Labriola, soprattutto nello  storicismo assoluto di Antonio Gramsci.”
 Racconterà Peppino Caldarola di quegli anni, nei quali era  un giovane militante della sinistra giovanile comunista barese. “Voleva conoscerci,  parlare, ascoltare. Molti di noi, anni dopo, si iscrissero per la prima volta  al PCI. Io penso che sia stato un vero maestro. Non solo il “mio” maestro, ma  un vero maestro per tutti noi, modello di esempio per la sua estraneità alle  lotte di potere. La sua superiorità  intellettuale era fondata sulle idee che metteva in circolo attraverso i suoi  scritti e sulle relazioni con militanti di varia ispirazione, sempre alieno  dalla tentazione di affiliazioni a correnti di partito”.
 Tornando a Roma, dove Berlinguer gli affiderà prima la  direzione del settimanale “Rinascita” e poi gli restituirà la direzione  dell’“Unità”, Reichlin darà alle stampe la sua monografia sui Dieci anni di politica meridionale:  1963-1973, di cui abbiamo detto.
 Di Reichlin noi conserviamo lo stereotipo di un intellettuale colto e  ideologicamente preparato, raffinato elegante incisivo scrittore di  problematiche sociali e politiche, ma la vertebratura di questo libro, scritto  in quegli anni in cui il suo impegno era dispiegato in prima linea, ancora oggi  attualissimo, investiva tutte le grandi  problematiche sociali di quella intensa stagione politica: la crisi agricola,  le fabbriche e la lotta degli operai, la riforma strutturale della società, ma  soprattutto la prospettiva del miglioramento della condizione della classe  operaia del meridione vista non in un’ottica astratta e velleitaria, ma  concreta e con la prospettiva di una saldatura fra mondo economico e mondo  culturale, con una particolare attenzione verso quello giovanile. Non è senza  significato che l’ultimo capitolo, intitolato “Per un’analisi della gioventù meridionale”, si concludesse con un  invito ai giovani, ai quali raccomandava di discutere su tutto: su libertà, lavoro, progresso, socialismo ,  ma - pur nella diversità delle idee - soprattutto nella salvaguardia di quel  valore essenziale ch’era l’unità. Un triste premonimento, quella mancanza  di unità del Partito che avrebbe rattristato i suoi ultimi giorni di vita.
 Renato Russo(22 aprile 2017)
 
            
              
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                | Reichlin giovane segretario regionale del PCI a  Bari | Barletta, 1°  maggio inizio anni Sessanta. Un comizio in piazza Caduti: oratore Franco  Conenna. Dinanzi al palco un quadro con l’effigie di Di Vittorio | Barletta,  Hotel Artù, fra la Cattedrale e il Castello, dove Reichlin dimorava quando  veniva a Barletta |  
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                | Barletta 24 aprile 2014, Palazzo della  Marra. Da sinistra Gilda Binetti, Enzo Lavarra, Alfredo Reichlin, Gero Grassi e  Pasquale Cascella, in piedi Raffaella Salerno Porreca (FOTO GIOVANNI FERRINI) | Un gruppo di  militanti del P.C.I., durante una manifestazione. In primo piano, al centro,  riconoscibili, Gammarota e Borraccino |  
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                | Barletta 24 aprile 2014, Palazzo della  Marra. L’on. Alfredo Reichlin con il sindaco Pasquale Cascella (FOTO GIOVANNI FERRINI) | Durante i  dieci anni in cui fu segretario regionale del PCI in Puglia, Reichlin veniva  spesso a Barletta | Alfredo Reichlin e Vito Laterza a Bari negli anni Sessanta |  
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