|   Il commissariamento di Ferraraun danno per il sindaco Cascella
 L’esito della crisi a Palazzo di Città può essere spiegata  circoscrivendola ai soli effetti esteriori, cioè alle decisioni adottate,  oppure cercando di svelare i più reconditi impulsi, che vadano cioè al di là  delle apparenze per tentare di criptarne le sue più plausibili motivazioni. Insomma  interpretare il presente per prefigurarsi il futuro, che in verità ci pare  ancora nebuloso e ricco di incognite.La soluzione data dai vertici regionali, cioè il  commissariamento del segretario Franco Ferrara, a mio parere è quella più  semplice ma al tempo stesso meno convincente perché lambisce il problema senza  affrontarlo e che ad ispirarla sia stato Francesco Boccia, un apprezzato leader dell’establishment romano, la rende ancora più inesplicabile perché  questa ingerenza, anziché sciogliere i nodi, sembra li abbia ingarbugliati  ancora di più. Se voleva essere un intervento risolutivo e sbloccante, temo che  nel tempo provocherà nuovi ristagni, ulteriori malintesi e più profonde  lacerazioni.
 A fronte dei ricorrenti contrasti fra sindaco e partito,  bisognava sì convocare le parti, come è stato fatto, ma spiegarsi nel profondo  nelle ragioni inespresse del contenzioso e definire una volta per tutte un  principio, (il cui mancato chiarimento determinò la caduta di Maffei), quello della  feconda coesistenza dei ruoli: l’amministrativo gestito dal sindaco e il  politico dal segretario. Non credo invece che sia stato fatto alcun serio  tentativo in tal senso, mentre si è voluto adottare una misura penalizzante, e verso  chi? verso chi rappresentava il partito, il suo gruppo consiliare e –  soprattutto – i suoi elettori. Mi pare autolesionistico perché se il sindaco è  espressione democratica elettiva di questi tre livelli di rappresentanza, come  può negarne la legittimazione che glien’è venuta all’atto della sua designazione  e poi della sua elezione? In altre parole, come può aver accettato la  designazione e l’elezione, senza poi riconoscerne la legittimazione ad aver  parte nei processi decisionali?
 Per essere più espliciti: la legge 81 del 1993, intesa a  dare stabilità alle amministrazioni locali, è vero che ha rafforzato le  prerogative del sindaco, prima esposto ai giochi di partito, ma nel commento al  testo il legislatore non fa mistero del pericolo insito nella nuova normativa,  che cioè si passi da un eccesso ad un altro, e che a fronte dello strapotere  dei partiti di un tempo (i sindaci erano alla loro mercé, a Barletta eleggemmo  17 sindaci in 20 anni!) non subentri un eccesso gestionale a parti invertite,  cioè da parte dell’inquilino di Palazzo di Città.
 Perché il nodo è proprio questo: a fronte di un segretario politico  operativo e quindi di sostegno sul piano propositivo del programma  amministrativo e di leale supporto alla compagine governativa (credo che su  questo non ci siano dubbi) scopriamo che il soggetto controverso non è la “persona”  del segretario, ma il suo “ruolo” visto come invasivo della sfera governativa!
 E si chiedono – con finta ingenuità – alcuni consiglieri  dello stesso PD, gli alleati di governo e alcuni speaker televisivi del perché di questa crisi? Di come il partito  di maggioranza – che pure espresse il sindaco – abbia espresso dubbi e  perplessità sul prosieguo della vita amministrativa? Dunque lo ribadiamo, questa  crisi non è stata determinata dalla “persona” di Franco Ferrara, al quale non è  difficile riconoscere qualità di buonsenso, prudenza, senso della misura e consistenza  operativa di leale sostegno al programma, ma dal suo “ruolo” ritenuto espropriativo  della sfera gestionale sindacale.
 Se è legittimo che un sindaco abbia una “sua” concezione  della gestione istituzionale del potere, è altrettanto ragionevole che l’altra  parte rivendichi a sua volta lo spazio della legittimazione all’esercizio del  proprio ruolo politico. Ed ecco che a dirimere la vexata questio sono investiti gli organismi regionali con l’esito  che sappiamo, cioè liberare Ferrara e il partito del suo peso (ci sia  consentita l’ironia), per farne carico al sindaco!
 Ma può un sindaco, in solitudine, governare la città, privandosi  dell’apporto dell’altra metà del sistema gestionale del governo cittadino? A  parte gli aspetti puramente decisionali, ce ne sono altri di carattere etico,  cioè la gratuita mortificazione di Ferrara, non solo come singolo iscritto, ma soprattutto  come segretario politico del partito di appartenenza dello stesso sindaco, dei  suoi organi consiliari e politici (alcuni in maggioranza) e del suo elettorato  di base, il solo deputato a sfiduciarlo.
 Qui non si è capito (o non si è voluto capire) che il  contrasto non è fra Cascella e Ferrara, ma fra ciò che rappresentano ciascuno  di loro: da una parte il SINDACO con tutte le sue prerogative rivenienti dalla  legge; dall’altra il suo SEGRETARIO POLITICO del partito che sostiene la  coalizione.
 *   *   * E adesso che accadrà dopo il commissariamento di Franco Ferrara?  Il segretario regionale Lacarra, quando ha convocato la conferenza stampa, a  Bari, prendendo la parola, ha esordito enunciando tutti i punti programmatici  di cui si sarebbe fatto carico il sindaco nei prossimi mesi, problemi che  avrebbe avviato a soluzione entro fine anno. Con ciò sottintendo che – rimosso  l’ostacolo delle contrarietà ostruttive del suo partito – il sindaco avrebbe finalmente  avuto mano libera per la realizzazione del programma della sua giunta.Già, rimossi gli ostacoli delle incomprensioni con il  segretario e il suo partito! Ma così non sarà peggio? I partiti non si limitano  a proporre i programmi ai quali l’esecutivo metterà mano, ma il loro compito è  anche quello di sostenerlo con il loro impegno propositivo e operativo, come  quello di rimuovere gli accidentati ostacoli disseminati sul percorso.
 Bell’impresa, allora, oggi, quella che si delinea  sull’orizzonte del nostro sindaco, quella di realizzare i punti programmatici  della coalizione senza l’apporto del suo stesso partito (perché non vi  aspetterete certo che a dargli una mano sia un impegnatissimo segretario  regionale!). A fronte di questo scenario, non valeva la pensa tentare un  accomodamento interno?
 Io pure sono stato dall’una e dall’altra parte della  barricata e assicuro che da sindaco avevo bisogno del segretario e da  segretario cercavo di concertare una comune azione governativa col sindaco. Ed  entrambi eravamo consapevoli della indispensabilità del ruolo dell’altro. E  dove non era sufficiente la nostra buona volontà, intervenivano gli organi  territorialmente superiori, ma non per reprimere e dare ragione all’uno o  all’altro interlocutore, ma per tentare una mediazione rispettosa dei rispettivi  ruoli, il che presupponeva una buona predisposizione d’animo per capire le  ragioni dell’altro.
 Per cui la soluzione del nodo della crisi non doveva  consistere - a parer mio - in un intervento verticistico penalizzante, ma in  una pacata costruttiva discussione sulla imprescindibilità della coesistenza  dei due ruoli: di Cascella come sindaco e di Ferrara come segretario. Perché,  adesso che non c’è più Ferrara, il quadro operativo per la soluzione dei  problemi cittadini si semplificherà? Ne dubito. La sua assenza? Certamente un  danno per il sindaco che avrebbe potuto recuperarlo con un po’ di buona volontà  e di un consapevole meditato autoconvincimento per prospettive di tempi  più lunghi, spinti fino all’auspicabile fine del mandato sindacale senza  deprecabili interruzioni traumatiche. Ora, chi può dirlo?
 Renato  Russo(6 luglio 2016)
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