|   Nuovo depuratore a Ponente: tutto
            iniziò (quasi) cinquant’anni fa           È di pochi giorni fa la cerimonia  inaugurativa del nuovo depuratore di Barletta. Più che nuovo, potenziato del  30%, rispetto alla capacità del precedente uso, che poteva soddisfare una esigenza  depurativa per 92mila abitanti, oggi salita a 130mila unità. Altrettanto  notevole è la messa in sicurezza della condotta sottomarina - a cura dei  tecnici dell’AQP - che riparata nei punti di rottura, oggi disperde interamente  i reflui, a 2 km e mezzo dalla costa e per una profondità di dieci metri.  Cerimonia del taglio del nastro gratificata dalla presenza del presidente della  Regione Emiliano, degli assessori regionali Filippo Caracciolo e Anna Maria  Curcuruto, del presidente della Provincia Nicola Giorgino e del sindaco di  Barletta Pasquale Cascella e di numerose altre autorità del mondo politico  cittadino e regionale.È l’epilogo di un lungo percorso iniziato  tanti anni fa sulla spinta  del dott. Ruggiero Dimiccoli, a partire dal 1969,  un anno dopo essere stato eletto presidente dell’Azienda Autonoma Soggiorno e  Turismo di Barletta e Canne della Battaglia. Numerose furono le attività  programmate dal nuovo dinamico presidente, ma una in particolare prevalse -  inizialmente - su tutte le altre, l’azione promotrice igienico-sanitaria, ma  con importanti risvolti turistici, diretta alla bonifica del mare, attraverso  la eliminazione dei suoi principali fattori inquinanti, le acque costiere di  Barletta che, a fine anni Sessanta, erano segnate da un inquinamento chimico,  soprattutto fecale.
 In particolare: sulla litoranea di  Levante, in contrada Ariscianne, dallo sbocco del Canale Ciappetta-Camaggio che  convogliava a Levante i liquami bruti del Comune di Andria, e dalle immissioni  delle scorie della cellulosa della Cartiera; e sulla Litoranea di Ponente dallo  sversamento in mare della fogna dal precario impianto depurativo in contrada  Pantaniello, dai liquami non depurati provenienti dallo sbocco del fiume  Ofanto, dall’incremento degli insediamenti civili e industriali e da otto  canali fognali che dal centro città sboccavano a mare. Il dott. Dimiccoli  cominciò la sua azione di bonifica proprio dalla eliminazione di quegli otto  canali.
 A dargli una mano, in quella lunga  battaglia, il direttore dell’Azienda Autonoma Soggiorno e Turismo Vittorio Palumbieri, l’ufficiale  sanitario del Comune Michele Carelli e il redattore locale della Gazzetta del  Mezzogiorno Michele Cristallo che -  con i suoi articoli caustici ma documentatissimi - sostenne l’azione dell’AAST  e al tempo stesso tenne sempre informata l’opinione pubblica. Sollecitatoria  per una decisa presa di posizione, fu anche l’iniziativa assunta dal prof. Ruggero Lattanzio che, su un tema di  grande rilevanza socio-sanitario come questo, convocò un’assemblea della  Società Medico-Chirurgica “Carlo Righetti”, i cui soci (medici), dopo aver  approfondito l’intera problematica, sottoscrissero all’unanimità un ordine del  giorno diretto alle autorità perché assumessero le opportune doverose determinazioni.
 Il dott. Dimiccoli era (com’è tuttora)  irriducibile nelle sue convinzioni, soprattutto quando hanno un fondamento  civico, alle quali non fornisce solo motivazioni etiche, ma che ha l’accortezza  di sostenere con una circostanziata documentazione. E infatti in questo caso  accompagnò la sua campagna promozionale per la bonifica del mare di Ponente con  una relazione e due piantine, che un geometra non avrebbe saputo graficizzare  meglio, in cui dettagliava tutti gli elementi costitutivi della sua denuncia,  una puntale ricostruzione planimetrica in due tavole, con le caratteristiche  degli otto canali che, dalla città, sversavano a mare i loro liquidi  inquinanti.
 Nella prima tavola erano tracciati i  percorsi dei canali e nella seconda erano indicate le opere da realizzare:  deviazione, costruzione di nuovi canali, impianti di sollevamento per immettere  nella rete fognale cittadina i summenzionati canali eliminandone lo sbocco a  mare. E per dare maggiore notorietà all’iniziativa, pubblicò la monografia  presso la tipografia Rizzi & Del Re, arricchita da una relazione  esplicativa (maggio 1969). Uno studio essenziale, senza fronzoli e concessioni  alla retorica della superfluità, ma che andava diritto allo scopo della  denuncia.
 Una copia finì sul tavolo del pretore  dirigente di Barletta, dott. Antonio  Nardi, il quale non sottovalutò la denuncia ma anzi incaricò l’Istituto di Igiene  dell’Università di Bari per una serie di esami batteriologici che attestassero  il grado di inquinamento del mare di Ponente. Il dott. Dimiccoli ricorda ancora  oggi, con malcelato orgoglio, di come – novello San Cristoforo – si caricasse  sulle spalle un perplesso prof. Enea  Grosso, direttore dell’Istituto di Igiene, per trasportarlo sul motoscafo  utilizzato per i prelievi di acqua.
 Risultato scontato, l’insalubrità  riscontrata dai prelievi, che evidenziò una grave situazione di degrado microbiologico,  di qui l’ordinanza di divieto di balneazione che - com’era prevedibile - irritò  terribilmente i gestori dei lidi balneari. E poiché, nonostante il divieto, ci  si continuava a bagnare, il pretore, oltre a ribadire il divieto, dispose con  urgenza la recinzione della intera area, investendo del rispetto della ordinanza  il sindaco, l’ufficiale sanitario e la Capitaneria di Porto.
 Solo allora gli amministratori,  sollecitati anche dagli incisivi servizi giornalistici della “Gazzetta del  Mezzogiorno” firmati da Michele Cristallo, presero di petto il problema. Il  sindaco Michele Morelli costituì una  Commissione composta dall’assessore ai LLPP Peppino Romanelli, dall’assessore all’Igiene Pasquale Maresca e dal medico provinciale rappresentato dallo  stesso dott. Dimiccoli. Il geom. Cappabianca redasse un progetto esecutivo che la Commissione presentò a Roma all’attenzione  dell’on. Vincenzo Russo,  sottosegretario ai LL.PP. che se ne fece carico e che prontamente finanziò i  lavori per 150 milioni. E fu così che, gli otto canali fra la fine del 1971 e  gli inizi del 1972 furono eliminati e per la nuova stagione estiva fu  autorizzato il ripristino della balneazione.
 Ma anche la spiaggia di Levante venne  sottoposta ad una rigorosa indagine, sotto la spinta sollecitatoria del dott. Dimiccoli,  che non mancò di stigmatizzare il comportamento omissivo della Cartiera che non  eseguendo interventi manutentivi della vasca di decantazione delle fibre di  cellulosa, causava lo scarico a mare delle scorie. Per il persistente  atteggiamento ostruttivo dei suoi dirigenti si andò a processo e i responsabili  furono condannati, una condanna esemplare che, per quei tempi, fece notizia.
 Il rimedio? La costruzione di un vascone  di sedimentazione della capacità di 20.000 metri cubi nel quale le acque, dopo  essere state filtrate e convogliate nell’impianto di flottazione dove le  particelle di cellulosa erano imbrigliate, decantavano prima di essere versate  a mare.
 A Dimiccoli non sfuggivano ulteriori  problematiche del nostro inquinamento marino, come l’accumulo degli inquinanti  veicolati dalla foce dell’Ofanto (a Ponente), oppure dal canale  Ciappetta-Camaggio provenienti da Andria (a Levante), problemi troppo complessi  per le sue limitate possibilità di intervento meramente denunciativo (infatti  ancora oggi insoluti). Restava, certo, la situazione ambientalmente precaria a  causa della vicinanza della foce fognale con sbocco a Pantaniello; ma quel  provvedimento di eliminazione di quegli otto canali, utilissimo anche se non  radicale, sarebbe servito a smuovere le acque e ad avviare a soluzione una  problematica più ampia e complessa, quella della realizzazione della condotta forzata  a mare che fra l’autunno dell’85 e l’estate dell’87, auspice il pressante  interessamento dell’ufficiale sanitario dott. Angelo Rizzi, avrebbe finalmente affrontato  il problema dell’inquinamento di quel tratto di litorale.
 *   *   * La realizzazione della condotta forzata a  mare, nella seconda metà degli anni Ottanta,  avviava a temporanea e “parziale” soluzione il  problema dell’inquinamento del nostro mare (smaltiva solo i liquami di 50mila  abitanti), di cui, la recente inaugurazione dell’ampliamento, rappresenta una  tappa, importante sì, ma non definitiva né esaustiva. Perché restano infatti ancora  insoluti alcuni disagi come gli allacciamenti abusivi delle condotte fognali  che scaricano a mare (è proprio impossibile intercettarli?) e a Ponente due  grossi problemi: il canale H e il mancato utilizzo dell’impianto di  raffinamento.Ai danni provocati dal canale H, ai quali  non basta la periodica verifica effettuata dagli analisti dell’Arpa, si  potrebbe ovviare con la costruzione, in quell’area, di un impianto di  collettamento con vasche di decantazione delle acque reflue e loro destinazione  per altri usi, con una spesa di circa 900mila euro. Non meno grave è il mancato  utilizzo - presso il depuratore - dell’impianto di raffinamento per l’utilizzo delle  acque reflue, a beneficio della nostra agricoltura, cioè per l’irrigazione  delle nostre colture in tempi nei quali l’acqua è un bene di prima necessità. L’assurdo  è che l’impianto, già esistente, costato sei milioni di euro, non ha trovato  ancora i tempi e i modi per la sua utilizzazione! Ma questi problemi aprono  altri scenari.
 Renato  Russo(25 agosto 2017)
 
            
              
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                | Titolo della Gazzetta datata 28 maggio 1971, a firma di  Michele Cristallo che con i suoi caustici ma documentatissimi articoli sostenne  l’azione dell’A.A.S.T. | Ruggiero Dimiccoli e Vittorio Palumbieri, presidente e  direttore dell’A.A.S.T. | Il dott. Angelo Rizzi, ufficiale sanitario negli anni  Ottanta |  
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                | La condotta sottomarina, su via del Gelso, poco oltre il  Cimitero, inaugurata nell’autunno del 1987 | Divieto di balneazione sulla Litoranea di Ponente per  ordine del pretore Nardi |  << vai all'indice del canale  |