|   LA RIVINCITA  DEGLI “ITALIANI” UNA RICOSTRUZIONE 
            DI RENATO RUSSO,  STORICO ED EDITORE  HECTOR  FERRAMOSCAIl condottiero della Disfida da giovaneUN PAGGIO  ALLA CORTE DI RE FERRANTE
 Ettore nacque  a Capua presumibilmente nel 1477 da Rinaldo Fieramosca, di antico casato già  dai tempi di re Ladislao di Durazzo e della regina Giovanna II d'Angiò, conte  di Miglionico e barone di Roccadevandro, capitano di ventura al servizio della  casa d'Aragona. Rinaldo era  padre di cinque figli, quattro maschi e una femmina.
 Dopo Ettore,  Guido, Cesare e Alfonso.
 I maschi  saranno tutti valenti uomini d'arme e avranno non piccola parte nelle campagne  militari dei primi trent'anni del Cinquecento.
 Quanto al  nostro giovane eroe, veramente va detto, preliminarmente, che il suo vero nome,  così come è ricordato nei registri anagrafici  del tempo e come lui stesso si firmava, era quello di Hector Ferramosca.
 In quanto  primogenito di un ufficiale del re, Ettore, intorno al 1490, a tredici anni, fu  accolto 
            come paggio  alla corte di re Ferdinando I d'Aragona (più noto come Ferrante).
 E qui ebbe,  fra tanti illustri letterati, un'ottima educazione umanistica.
 Dai registri  regi del tempo si evince che per questa mansione inizialmente Ettore percepiva 
            una diaria  mensile di dieci ducati, un tarì e mezza grana.
 Non era  tanto, ma non era neppure poco, se illetterato Galateo percepiva mensilmente  venti 
            ducati, come  pure Antonio Cotugno medico personale del re.
 La corresponsione  di dieci ducati si evince dalla lettura della cedola della Tesoreria di Stato 
            n. 147/1492,  foglio 78 dove si legge: A Hector Ferramosca, ducati otto a completamento di 
            dieci ducati  per mese di luglio 1492.
 La vita alla  corte di re Ferrante era splendida e delle più ornate d'Italia, come racconta  Nunzio Faraglia.
 Il Re aveva  ereditato dal padre Alfonso I, col regno, l'amore delle arti e delle lettere,  per cui
 non era difficile incontrare nelle grandi sale del palazzo reale, uomini  dottissimi e poeti famosi, medici di gran nome come Tommaso d'Aquino cugino del  santo, don Ugo de Cardona eccellente uomo d'arme, illetterato Antonio de  Ferraris detto "il Galateo" e il medico di corte Antonio Cotugno,  nonché l'illustre storico e amministratore della casa reale Giovanni Pontano.
 A quella corte, fra questi e molti altri dignitari di elette qualità, fu  educato Ettore del quale il cronista coevo Giuliano Passaro, nel suo giornale,  nominandolo fra i cavalieri di gran merito i quali saranno poi agli ordini di  Consalvo da Cordova, dice: Et anco c'era quello che di scienza e di prudenza  non trova pari, lo signor Ettore Ferramosca Capuano.
 Il Galateo, a sua volta, scrivendo al dottissimo Crisostomo Colonna, così  descrive Ettore: Piccolo di corpo, era però d'animo grande e di forza  meravigliosa, tanto da poterglisi attribuire quel verso di Omero attribuito a  Diomede: "Figlio piccolo generò Tideo, piccolo di corpo ma  battagliero".
 Ti maraviglierai, conclude il Galateo, che un così piccolo corpo, celi tanto  grand'animo in un giovane e insieme, prudenza e perizia di cose militari, unite  a modestia e religione.
 
 A 16 ANNI CAPITANO - Ettore restò a corte fino al 1492, e solo un anno dopo, appena sedicenne,  il padre gli affidò una compagnia di arcieri a cavallo ch'egli comandò a  partire
 dall'estate  del 1494, in coincidenza con la discesa in Italia di Carlo VIII di Francia,  intenzionato a occupare il Regno di Napoli, sfruttando l'aspra lotta delle  signorie italiane.
 L'8  settembre del 1494 gli Aragonesi, comandati da Federico d'Aragona, figlio di re  Ferrante, cercarono invano di impedire lo sbarco dei Francesi a Rapallo.
 Frattanto le milizie francesi penetravano in Italia anche via terra.
 Un mese dopo  erano in vista del Regno di Napoli (23 gennaio).
 A fine  gennaio del 1495 Alfonso, avversato dai feudatari e incalzato dai Francesi,  abdicò a
 favore del  figlio Ferdinando II (Ferrandino) il quale, secondo il cronista Giuliano Passaro, ingaggiò  il condottiero Gian Giacomo Trivulzio.
 Ferrandino,  scortato dal suo giovane capitano, mosse alla volta di Capua, cercando di  renderla un avamposto di resistenza all'avanzata di Carlo VIII, ma la sera,  essendo la città ancora lontana, si accamparono a Teano dove il Fieramosca  ritrovò il padre.
 Notte tempo  si sparse la voce che alcuni traditori nel campo stavano organizzando il  rapimento del re per consegnarlo al nemico e porre termine così alla guerra.
 Al che il  Fieramosca avvisò il sovrano che si mise in salvo.
 I Francesi, frattanto, per la preponderanza delle loro forze, occuparono  Capua mentre le galere della flotta aragonese trovavano rifugio a Ischia, da  dove Ferrandino mandò a chiedere aiuto al cugino, il re di Spagna Ferdinando il  Cattolico.
 Mentre il giovane sovrano attendeva rinforzi dall'augusto sovrano spagnolo, re  Carlo VIII il 22 febbraio 1495 entrava in Napoli ricevuto con grandi onori (  ... ).
 A ottobre Carlo VIII ripassava le Alpi per tornarsene in Francia.
 Ferrandino, sostenuto dall'esercito spagnolo, rioccupava così il Regno di  Napoli, accolto trionfalmente dalla folla partenopea.
 Ma non ebbe il tempo di godersi questo successo, che un anno dopo, il 5 ottobre  1496, era stroncato a soli 29 anni, minato dalla malaria e sfibrato da tre anni  di logoranti lotte.
 Gli succedeva Federico, fratello minore del padre Alfonso, nonché suo zio.
 
 CAPOSCORTA  DI RE FEDERICO – Il 5 novembre, dopo un lungo assedio, Federico espugnava  Gaeta e scacciava dal Regno gli ultimi occupanti superstiti.
 E fu nel corso di questo lungo assedio che morì il capitano Rinaldo Fieramosca  padre di Ettore, durante l'assalto ai bastioni della fortezza.
 E Ettore?
 Sempre in prima linea, il 31 maggio del 1497 fu mandato dal re a sedare una rivolta  ad Ascoli Piceno, dove si distinguerà specialmente nella difesa del castello di  Offida.
 In quegli anni lo sappiamo sempre fedele al suo re al quale lo legherà un  rapporto di grande devozione.
 Frattanto l'1l novembre del 1500, fra il re di Francia e quello di Spagna, a  Granata, era sottoscritto un trattato segreto secondo il quale le due maggiori  potenze dell'epoca stabilivano di spartirsi il Regno di Napoli: alla Spagna  sarebbero andati la Puglia e la Calabria, alla Francia la Campania e gli Abruzzi.
 Della Puglia particolarmente ambite erano la "dogana delle pecore", il ricco  Tavoliere granaio del Regno e il porto di Barletta.
 L'anno dopo Francesi e Spagnoli scesero nuovamente nel Napoletano per dare  esecuzione al trattato segreto di Granata.
 Federico d'Aragona, in un primo momento all'oscuro del patto fra i due  monarchi, aveva anzi chiesto aiuto a Consalvo da Cordova.
 Ma reso consapevole dell'inganno, si rivolse ai famosi capitani di ventura  Fabrizio e Prospero Colonna.
 Inviò Fabrizio a difendere Capua con 300 cavalieri e 4.000 fanti, contando, fra  i difensori anche il giovane e valoroso Ettore Fieramosca.
 Affidò a Prospero  il compito di fermare l'avanzata dell'esercito del capitano Sanseverino sulla piana  di Venafro.
 Capua restava l'ultimo baluardo a contrastare l'avanzata dei Francesi, un esercito  di 15.000 uomini le cui avanguardie, il 12 luglio del 1501, avevano occupato il  castello di Calvi, peraltro presto rioccupato dagli Aragonesi guidati proprio dal  giovane Fieramosca.
 Mentre Ettore espugnava il Castello di Calvi, i Francesi assediavano Capua rendendo  difficile all'eroe capuano di rientrare in città, per cui raggiunse il suo sovrano  al quale, d'ora in poi, farà da caposcorta addetto alla sua sicurezza personale.
 Federico, dopo la disfatta di Capua, consapevole dell'inutilità di ogni ulteriore  resistenza, il 2 agosto 1501 si rifugiò a Ischia, dove aveva già mandato la moglie  Isabella del Balzo e la nipote Isabella d'Aragona coi loro figlioli.
 Dopo una breve trattativa, il 5 agosto Federico sottoscrisse un patto col d'Aubigni  col quale rinunciava al trono e si dava prigioniero nelle mani del sovrano francese,  a condizione di ricevere in cambio la contea del Maine e una congrua pensione vitalizia.
 Partì dopo due giorni, per la Francia, scortato da una flottiglia di cinque galee  e accompagnato da pochi nobili restatigli devoti, fra cui Andrea Carafa, Jacopo  Sannazzaro e il Galateo, e da  un drappello di cavalieri comandati dal Fieramosca.
 L'assenza del nostro capitano dalle ultime drammatiche fasi dell’assedio di Capua,  dovette essere aspramente biasimata dai suoi concittadini, se il 20 gennaio del  1502 la Regia Camera della Sommaria, l'incolpò di tradimento.
 
 I PRODROMI DELLA DISFIDA - Discolpatosi e assolto dalla disonorevole accusa di diserzione,  Ettore si aggregò alle milizie dei fratelli Colonna che, al seguito di Consalvo  da Cordova, iniziavano in quelle settimane l'occupazione della Puglia: prima l'espugnazione  di
 Taranto, successivamente  l'occupazione di Andria, Canosa e Manfredonia e, in estate, l'acquartieramento entro  la città di Barletta, in attesa che nel Castello di Blois · in Francia· i 
            sovrani francese  e spagnolo decidessero della spartizione del Regno di Napoli.
 Nell'attesa,  le milizie spagnole e quelle francesi si fronteggiavano, ingannando il tempo, con 
            spedizioni nelle  campagne circostanti, le modeste imboscate che la pianeggiante natura dei luoghi  banalizzava nella quotidianità di una logorante guerriglia, interrotta di tanto  in tanto da qualche duello cavalleresco fra i campioni dei due eserciti e - una  volta - anche le sfide fra due manipoli di cavalieri.
 Insomma, nulla  di particolarmente esaltante perché restasse memoria, nei secoli futuri, di un 
            sia pur nobile  cavaliere di ventura chiamato Ettore Fieramosca, se per un fortunato accidente non  fosse capitato, fra una scaramuccia e l'altra, l'episodio di quella memorabile cena  nella taverna oggi nota come Cantina della Disfida, all'inizio di via delle Carrozze  (oggi via Cialdini), preparata ad arte finché si vuole dagli scaltri Spagnoli per  aizzare la collera dei Francesi, mai però tanto consapevoli di quanto potesse quella  sfida, il 13 febbraio del 1503, portare alto l'onore delle nostre armi.
 E un poco anche il nostro italico orgoglio.
  Renato  Russo(20 settembre 2014)
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