|   Breve storia della  libreria LiveriniDalle origini ai nostri  giorni (1907-2014)
 La chiusura della libreria Liverini  gestita dai fratelli Ruggiero ed Ernesto Chiandetti ha provocato un moto  spontaneo e diffuso di sincero rammarico, nella popolazione, per certi versi  anche inaspettato, visto che quando una libreria chiude, è soprattutto  conseguenza della mancanza o dell’inadeguato acquisto di libri. Una crisi che  ha colpito il settore in generale, per via della rivoluzione telematica nel  campo della informazione, ma che sta penalizzando soprattutto le nostre  librerie pugliesi, dove l’incidenza della recessione libraria è più avvertita  che altrove.La libreria più antica, a Barletta, è  quella aperta nel 1868 da Benedetto Paolillo su corso Garibaldi al civico 115  di fronte a Palazzo De Martino, nei locali adiacenti a palazzo Palmiotti, cioè  lo storico palazzo della Sottoprefettura, oggi in restauro. La libreria  Paolillo, aperta alla vigilia della nascita della tipografia Valdemaro Vecchi  nei locali di palazzo San Domenico, resterà in attività per 28 anni, cioè fino  al 1896 quando il Paolillo fu chiamato a fare il bibliotecario comunale  (quell’anno la Biblioteca Comunale fu trasferita da Palazzo San Domenico nel foyer del Teatro Curci).
 Per undici anni Barletta restò così priva  di librerie, finché nell’autunno del 1907 i fratelli Liverini aprirono una  libreria, poco lontano, proprio a due passi dalla vecchia libreria di Benedetto  Paolollo, nei locali a piano terra di palazzo Gentile, la sede del Banco di  Napoli, dove in verità, oltre a venderli, i libri si stampavano.
 I fratelli Liverini, figli di Solidio e Maddalena Pirozzi,  erano tre: Nicola, Giuseppe e Giovanni, ma in realtà il vero animatore della  attività sarà per quasi quarant’anni, fino alla sua morte (1945), Giovanni,  sposato con Celeste La Serra dalla quale nasceranno cinque figli: Solidio,  Giuseppe, Elisa, Angela (Lina) e Nicola. Da Solidio (1910) coniugato con  Antonia Giannella, verranno quattro figli: Giovanni, Vito, Luciano e Celeste.  Da Giuseppe (più noto come zio Peppe, 1912) coniugato con Nina Giannella, una  figlia Anna; da Elisa, coniugata con Mario Spera, cinque figli: Grazia,  Beniamino, Giovanni (continuerà la tradizione del nonno ampliandola), Francesco  (detto Ciccio) e Luigi (detto Gino); la quartogenita Lina non coniugata; da  Nicola verranno tre figlie, Celeste, Rosaria e Stefania.
 Quando fu fondata, la  tipografia-libreria occupava tutto il piano terra di Palazzo Gentile di cui il  Banco di Napoli occupava il primo piano già dal luglio del 1900. Ma cosa stampava la  tipografia Liverini? In realtà la tipografia Liverini non ha stampato poi tanto  e non tutti i suoi prodotti editoriali sono giunti sino a noi. Il testo più  remoto di cui conserviamo traccia è una monografia Sulla epidemia tifoidea a Barletta di Michele Lamacchia (1908) alla  quale ne seguì una seconda, Sulle  condizioni economiche di Barletta di Michele Sarcinelli (1910).  Conserviamo, inoltre, due annate del “Fieramosca” diretto da Gaetano Davino  (1910-1911); La donazione dei quadri di  De Nittis alla città di Barletta (1913); Le annate del 1913-14 del “Buon Senso”; Le croci patriarcali di Barletta di mons. Santeramo (1914); Le triste condizioni di agricoltura nelle  Puglie (1916); Relazione del  Presidente della Scuola Arti e Mestieri di Barletta di Giuseppe Annoscia  (1922); Relazione al governo nazionale  sulla importanza del circondario di Barletta di Carlo Somma (1923); Annuario dell’Istituto Tecnico Pareggiato  “G. Di Scanno” (1924). Come si vede pochi testi ma tutti importantissimi.
 I Liverini, fin allora, oltre a stampare e vendere libri,  svolgevano anche attività di distribuzione di giornali come si evince dalla  targa affissa sull’edicola a fianco alla libreria, che recita “agenzia di  giornali”.
 Quando poi, nel 1928, il Banco di  Napoli acquistò l’intero fabbricato, la libreria venne spostata di fronte,  sotto palazzo De Martino, dove ha operato fino a qualche settimana fa.
 Poiché nei nuovi locali non c’era  spazio per impiantarvi anche la tipografia, Giovanni Liverini la cedette ai  suoi due tipografi Peppino Rizzi e Nanuccio Del Re, che presero in fitto prima  un sottano sotto palazzo dell’Arco e in seguito un profondo seminterrato su  corso Vittorio Emanuele, di fronte all’attuale Comune, dove svolgeranno  l’attività tipografica per oltre quarant’anni. Alcune piccole macchine  tipografiche, come la taglierina a pedale, non rilevate dai nuovi tipografi,  furono consegnate al Comune che le depositò nel Museo del Castello, mentre  altre per molti anni hanno fatto bella mostra di sé nella rientranza del vecchio  corpo di guardia, all’interno del rivellino.
 Quando, nel 1945, Giovanni Liverini  morì, l’attività fu continuata dai suoi figli Solidio e Giuseppe: Solidio come  propagandista librario (in tal senso il 31 marzo 1945 rivolse istanza al  Podestà Luigi Scuro) e Giuseppe (zio Peppe) che si dedicò prevalentemente alla  libreria, fino al 1973, quando andò in pensione lasciandola nelle mani del  nipote Giovanni Spera (figlio di Mario Spera ed Elisa Liverini). Giovanni, però,  dedicò le sue energie soprattutto alla distribuzione dei giornali, per cui  cominciò a trascurare la libreria, che affidò ai fratelli Ruggiero ed Ernesto  Chiandetti che ne hanno mantenuto.
 Questa è la seconda libreria più antica  di Barletta e nella sua ormai secolare attività, ha praticamente fornito libri  ad almeno cinque generazioni di barlettani: una dinastia dedicata alla  diffusione del sapere, quella della storica libreria Liverini, gestita negli  ultimi quarant’anni dai fratelli Ruggiero ed Ernesto Chiandetti che oggi  purtroppo hanno chiuso la loro attività ed è come se una luce del sapere e  della cultura si fosse spenta sulla città.
  Renato  Russo(8 ottobre 2014)
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