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Matteo Bonadies,undici in vent'anni
 

Michele Tupputi 1934-1988/54
ALIENO DA FACILI COMPROMESSI SEMPRE FEDELE AI SUOI IDEALI

Nacque a Barletta da Salvatore Tupputi e  da Maria Chiariello il 22 settembre 1934, secondo di quattro fratelli: dopo di Antonia e prima di Ginevra e Giuseppe, nati tutti in via Roma 145.
Frequentò le elementari presso la “Massimo d’Azeglio”, le medie nelle aule di un’ala del classico che - allargate - sarebbero diventate un giorno della “De Nittis”. Quindi il ginnasio-liceo presso l’Istituto “Andrea Bonello” (oggi “Casardi”) ai tempi del preside La Regina. Fin da ragazzino mostrò doti di intelletto superiore alla media, aveva infatti una straordinaria capacità di apprendimento, eccellendo in ogni materia, nell’italiano come nella matematica, nella storia come nelle scienze naturali.
Fin dalla prima infanzia frequentò la parrocchia di S. Agostino. Cresciuto da don Peppino Dimatteo, segnalandosi nell’Azione Cattolica per la sua assidua frequentazione, ma anche per la sua innata generosità, ne diventerà ben presto delegato giovanile.
Iscrittosi alla facoltà di Legge presso l’Università di Bari nel 1942, si sarebbe laureato con 110 e lode nel 1956, ad appena 22 anni (non li aveva ancora compiuti) discutendo la tesi con il prof. Aldo Moro.
Intrapresa subito la pratica forense nello studio legale degli avvocati Borgia-Palmitessa, vinto il concorso di procuratore legale e di avvocato, aprì lo studio in via Geremia di Scanno, dapprima da solo, in seguito associato all’avv. Vito Francavilla.
Nei primi tempi, avendo come suo vicino di attività il notaio Rodolfo Manno, ne diventò grande amico e poiché erano entrambi scapoli, la sera, spesso, dopo una intensa giornata lavorativa, si fermavano a discutere, ma talvolta anche a giocare... “a mediatore”, l’intelligente gioco di carte tipicamente barlettano (ma di questo diremo più avanti).
Come avvocato era preparato e preciso, irreprensibile e corretto, per questo era molto stimato dai giudici. Aveva alto il senso della giustizia e fu anche ottimo maestro per i praticanti che si avvicendarono nel suo studio. Ricorda Tanino Corvasce: Fu il mio primo vero maestro, egli dettava a braccio le sue comparse.
Scrupoloso nel rigore della esposizione, si esprimeva senza superflue ampollosità, ma con stringente logica giuridica, motivando con rigore le sue argomentazioni e facendo un uso essenziale dei riferimenti normativi. Non era esoso nelle parcelle e aveva comprensione per la povera gente nelle cui precarie condizioni si immedesimava.

Ma nel corso della giornata Michele non svolgeva con zelo solo la sua attività forense. Portato fin da ragazzo all’impegno sociale maturato nell’Oratorio di S. Agostino, diventò ben presto presidente dell’Azione Cattolica cittadina, stabilendo un ottimo rapporto con S.E. mons. Reginaldo Addazi. Erano tempi in cui il mondo cattolico era impegnato in prima linea nella battaglia politica e Michele, già iscritto al Movimento Laureati Cattolici, cominciò a frequentare i circoli culturali della Democrazia Cristiana. Sostenuto da numerosi amici ed estimatori, nel 1960 fu eletto consigliere comunale nelle liste dello scudo crociato, fra gli amici che ispiravano la loro partecipazione politica al pensiero dell’on. Aldo Moro. Sarà riconfermato anche nei due mandati successivi e dal 1973 al 1975 guiderà un’amministrazione di centro-sinistra.
L’amministrazione, un quadripartito DC-PSI-PSDI-PRI, nata dopo l’esperienza di sinistra di Borraccino-Rizzi, fu la conseguenza del disimpegno del partito repubblicano guidato da Carlo Borgia, che non poteva continuare a sostenere una giunta di sinistra a Barletta e nello stesso tempo far parte della giunta regionale del pentapartito a Bari. Della giunta Tupputi ne facevano parte Aldo Bernardini, Biagio Cavaliere e Michele Morelli per la DC, Peppino Filannino, Tanino Napolitano e Peppino Romanelli per il PSI, Tonino Caroppo per il PSDI e Sabino Pastore per il PRI.
Fra le iniziative e le  realizzazioni più significative del suo mandato dobbiamo ricordare: l’affidamento dei lavori di restauro del Castello al prof. Marcello Grisotti (questa prima fase si protrarrà fino al 1988); la realizzazione del sottovia Parrilli (quante battaglie amministrative per le pratiche espropriative); la messa a dimora dei giardini del Castello lungo via Mura S. Cataldo; la salvaguardia della integrità di villa Bonelli (opponendosi energicamente contro l’abbattimento del muro di cinta). Durante il suo sindacato nacque il Comprensorio del Nord Barese, scomparve tragicamente l’on. Manlio Livio Cassandro, fu istituita la sezione locale dell’Archivio di Stato e fra le iniziative culturali, degna di rilievo l’inaugurazione di una mostra fotografica, a cura dell’A.A.S.T.,  su “Barletta in 150 immagini” rappresentative della storia e del costume cittadino. Nel 1974 Pietro Mennea diventò campione d’Europa e in edicola uscì il primo numero del periodico “Il Fieramosca”, ma il ’74 fu anche l’anno in cui  gli morì il padre.
Sposato nel giugno del ’79 con Gaetana Dagnello (docente di disegno al Liceo scientifico) ebbero due figli, Salvatore (marzo 1980) oggi fisico presso il CNR di Ginevra nell’equipe del prof. Carlo Rubbia, e Maria Rosaria (agosto 1981) laureata in matematica, collaboratrice presso l’Università “La Bicocca” di Milano.

La sua grande passione? Da sempre, sin da quando era bambino, la lirica. Il padre, infatti, quando poteva, portava i  ragazzi al Teatro Curci per le rappresentazioni operistiche e questo amore per la lirica gli durerà tutta la vita. Ogni anno, puntualmente, ad agosto (quando erano sospese sia l’attività giudiziaria che amministrativa), andava a Verona per seguire le principali opere in cartellone: su tutte prediligeva la musica di Verdi, dell’Aida in particolare, perchè, alla bellezza della musica, univa una spettacolarità scenografica.
L’altra sua passione fu il “mediatore”, gioco con le carte napoletane tipicamente barlettano, che invero lo prese soprattutto nei primi anni, quando era scapolo. Poiché divideva il primo  piano dello studio di via Geremia di Scanno col notaio Rodolfo Manno, la sera, dopo il lavoro, si incontravano per parlare un po’ del più del meno (entrambi appassionati di lirica), ma sopratutto per giocare al mediatore. Non con Manno, però, che ignorava le regole del gioco, ma con altri amici, innanzitutto Cenzino De Sario (ribattezzato “il professore” per la sua abilità). Per iniziare a giocare, si aspettava che arrivasse da Foggia (dov’era funzionario di banca). A Tupputi e a De Sario (il mediatore si gioca in quattro) si univano poi Tonino Di Cuonzo (il titolare del Pastificio Bolognese), Ruggiero Vitobello (il costruttore, padre dell’architetto Luca), Domenico Scommegna (autista della ditta “Ugo Langione”), ed estemporaneamente anche gli avvocati Tonino Leone e Peppino Sarcina. E il notaio Manno? Nell’attesa che si iniziasse a giocare, lui faceva qualche partita  a pett a pett, cioè  una partita veloce, frenetica, nello scambio  rapidissimo delle carte: suo avversario tradizionale, Ruggiero Vitobello (mest baffett).
Di amici, di veri amici, Michele non ne aveva tantissimi, ma con quei pochi intratteneva un rapporto fraterno anche quando le circostanze della vita portarono alcuni di essi ad allontanarsi da Barletta. Basti pensare a Cenzino De Sario (diventerà il direttore generale della Banca Nazionale), Nicola Fucilli (magistrato a Roma), Nicola Rizzi (direttore di Porto Marghera). E a Barletta, oltre a Rodolfo Manno, Arcangelo Cafiero e Peppino Sarcina (colleghi), Peppino Falconetti (aiuto chirurgo del prof. Lattanzio), Michele Chiariello (vice direttore amministrativo della ASL), Vito Francavilla, amico ma anche socio di studio, Raffaele Postiglione.
Non aveva un carattere facile, Michele, specialmente in politica non era addomesticabile come tanti altri verso i quali nutriva poca considerazione. E infatti verso i politici teneva un atteggiamento severo, intransigente, poco propenso alla dialettica del compromesso, il che gli costò la riconferma come sindaco nella tornata elettorale del 1978.
Quando morì, il 5 dicembre 1988, dalle scale del porticato del Teatro Curci, di fronte a Palazzo di Città, dopo l’ufficio della cerimonia funebre, lo ricordarono  il sindaco Nicola Larosa, l’avv. Ivan de Vito del foro di Trani e Rodolfo Manno, l’amico fraterno che, con poche ma commosse parole, ne tratteggiò la figura politica, professionale, ma soprattutto umana, facendosi interprete dei tanti estimatori che Michele aveva saputo conquistarsi nel corso dei tanti anni passati in mezzo alla gente.

Le esperienze da lui vissute nell’ambito della formazione cattolica cristiana, della politica e del sociale contribuirono a far vivere nella massima consapevolezza la sacralità della famiglia come dono di Dio. In essa Michele diede il meglio di sè in generosità, semplicità e umiltà.

Renato Russo
(19 novembre 2013)

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