|   Ferdinando Cafiero a cento anni dalla morte           Il 12 novembre del 1945 moriva Ferdinando Cafiero,  appartenente ad una delle più nobili famiglie barlettane. Filantropo, patriota,  pubblico amministratore, ma soprattutto generoso donatore al Comune di Barletta  della sua collezione di opere d’arte, la donazione più cospicua che vanti il  nostro Museo che va sotto il suo nome.  Ferdinando  nacque a Barletta il 4 ottobre del 1864, nel palazzo Cafiero di via Vittorio  Emanuele,  (di fronte al Teatro Curci),  primogenito di Pietrantonio Cafiero e Teresa De Martino.
 Come  da antica tradizione familiare, egli seguì gli studi classici nel Regio  Collegio San Frediano di Lucca che ricorderà sempre con nostalgia e i cui studi  lo predisposero all’amore per la storia e le antichità. Ebbe come fratelli  Raffaele (morto celibe), Luigi sindaco durante la prima guerra mondiale  (1873-1933) e Maria sposata con Giuseppe De Leone Pandolfelli (figlio di  Ruggiero) dai quali nacquero due figli, Ruggiero e Pierino proprietario della  masseria Boccuta.
 Nel  1886, a 22 anni, durante una violenta epidemia colerica, restò coraggiosamente  accanto al padre, organizzando con lui squadre di soccorso e somministrando  personalmente agli infermi cibi e medicine. Ne restò particolarmente colpito  l’inviato del Governo, il prof. Santoliquido, che gli fece conferire un regio  diploma con encomio solenne.
 Nel  1897, quando scoppiò la guerra di liberazione della Grecia contro la Turchia,  senza informare i genitori - che certo glielo avrebbero impedito - partì per Brindisi  e di qua a Corfù, a Patrasso, Atene infine in Macedonia dove si arruolò nella  Legione Panellenica formata da settanta garibaldini dal noto rivoluzionario  Amilcare Cipriani. Partecipò valorosamente ai combattimenti, restando ferito a  una mano e meritando la Medaglia d’Argento al valor militare, esperienza di cui  ci ha lasciato una testimonianza scritta nel libro Alla guerra greco-turca, impressioni di un  filoellenico.
 Tornato a Barletta, nel 1901 fu nominato subcommissario  del Comune; contemporaneamente cominciò a collezionare armi. Non poca roba  antica raccolse a Barletta; i contadini in campagna e i muratori in città  sapevano a chi portare oggetti rinvenuti nei lavori agricoli, specie nella zona  di Canne, o negli scavi per nuove costruzioni cittadine, oggetti per i quali  erano munificamente ricompensati. Certo oggi sarebbe un’attività illecita, ma a  quei tempi non c’erano norme protettive del rinvenimento di questi antichi  cimeli.
 Informato che a Firenze c’erano fiorenti mercati di  antiquariato, partì per la Toscana dove il suo campo di interesse per l’arte e  l’archeologia si allargò.
 Così  cominciò a studiare l’arte (diventò un vero intenditore), specialmente quella  antica, frequentò musei ma anche negozi di antiquariato dove iniziò a comprare  reperti di ogni genere: quadri, stampe, libri, argenterie, arredi, armi,  disegni rari, ma anche cimeli romani, etruschi, medievali, mettendo insieme un  vero e proprio museo personale.
 Nel  giro di trent’anni raccolse qualcosa come 8.000 pezzi, una cospicua collezione  che donò al Comune nell’ottobre 1936: attrezzi d’uso domestico, stampe, quadri,  ori, argenti preziosi, libri, arredi, opere in ferro battuto, armi e tanti  altri oggetti curiosi, però anche vere opere d’arte come alcuni disegni del  Caravaggio, un putto di Michelozzo e una testina di Benvenuto Cellini.  Quell’anno era podestà della città Guido Spadavecchia che fece raccogliere  l’intera donazione in un’ala  del secondo  piano dell’ex Convento di S. Domenico.
 La  donazione CafieroL’8  ottobre, dalla sua abitazione in via Giovanni Fattori 17 a Firenze, Ferdinando  Cafiero telegrafava all’allora podestà di Barletta ing. Guido Spadavecchia e  comunicava che “… Con la piena  e sicura coscienza di compiere un alto dovere di civismo ed una affermazione di  devozione filiale verso la Città che mi diede i natali, porto a conoscenza  della S.V. che è mia ferma intenzione di donare alla Città di Barletta tutto  quanto io posseggo di oggetti d’arte e di antichità. Questa collezione, del cui  interesse non sarò io a parlarne [in quegli anni era considerata una delle collezioni  private più importanti in Europa],  frutto di quaranta anni di amorevoli e costose ricerche è il mio patrimonio  spirituale e affidandola ai miei concittadini sento di assicurarne la  continuità di vita.
 La risposta delle istituzioni non si fece attendere e  con delibera n. 1063 del 10 ottobre 1936 il Consiglio Comunale decise che “…tenuto presente che la  ricca ed importante raccolta molti ammiratori ha già richiamati nella sede di  Firenze e che essa per il suo valore artistico e storico concorrerà a rendere  ancora più grande ed importante questo Museo e Pinacoteca, delibera accettare  dal sig. Ferdinando Cafiero fu Pietrantonio la donazione fatta con rogito del  Notar Esperti”.
 Per  chiarire quale eco ebbe la donazione Cafiero in campo nazionale riportiamo una  notizia pubblicata sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 15 dicembre 1936 con la  quale si rendeva noto che “…S.E. il Capo  del Governo Benito Mussolini ha concesso la somma di £ 50mila per la  sistemazione e conservazione dell’importante patrimonio”.
 Ma  Ferdinando, in vita, non ebbe mai il piacere di vedere la sua collezione in  mostra. Amareggiato per la insensibilità degli amministratori del Comune, ebbe  una volta a dire: Non  solo nel chiedere ci vuole fortuna, ma anche nel donare. Frattanto  si era legato sentimentalmente alla nobildonna Margherita dei Baroni Bianchi di  Donnasibilla che avrebbe sposato negli anni della senescenza, senza averne  figli. Negli anni seguenti premette molto sul Comune perché il Museo fosse  ordinato e aperto al pubblico, ma inutilmente.
 Morì il  12 novembre 1945 senza vedere realizzato il suo sogno. Solo dopo sette anni  dalla sua scomparsa, domenica 4 settembre 1952, sotto la spinta  dell’amministrazione Paparella, veniva inaugurata una parte della “Raccolta  Ferdinando Cafiero” presso il Museo Pinacoteca De Nittis, nell’edificio dell’ex  Convento S. Domenico. Ma ancora oggi, purtroppo, la donazione Cafiero è  smembrata e sono in esposizione solo pochi pezzi della sua grande collezione.
 La città  gli ha dedicato una strada periferica. Un po’ poco per tanta generosità. Nel  dicembre del 1989 Ruggiero Mascolo, direttore della Biblioteca Comunale “S.  Loffredo” e responsabile del Museo-Pinacoteca, ideò una  collana intitolata “Ricerche del Museo”, dedicando il primo studio monografico  alla “Collezione Cafiero”. Questo gesto don Ferdinando, l’avrebbe gradito  moltissimo.
 Renato  Russo(12 novembre 2015)
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