|   Riforme di Murat a Barletta           Si è tenuto, recentemente, un Convegno  internazionale ad Altamura, promosso dalla nota scrittrice Bianca Tragni, su “Gioacchino Murat e la Puglia”. Renato  Russo ha svolto la sua relazione su “Murat  e Barletta”, dalla quale estrapoliamo alcuni passi.  Gioacchino  Murat fu un personaggio proteiforme: tre sono soprattutto i profili identitari  della sua personalità, profondamente diversi fra di loro ancorché  complementari: quello del militare, del sovrano–diplomatico nel contesto delle  monarchie del tempo e quello del sovrano–organizzatore del Regno. Come  militare fu un condottiero eccezionale, il più valoroso e abile maresciallo di  Napoleone, memorabili le cariche della sua cavalleria, determinanti in molte  vittorie dell’epopea napoleonica; impacciato come sovrano-diplomatico nei  rapporti esterni, specialmente in quelli col grande cognato, l’imperatore, come  sovrano-organizzatore  del Regno fu  invece energico e volitivo, dinamico e risoluto, determinato e finalizzato al  conseguimento degli obbiettivi da raggiungere. Ed è sui profili amministrativi  di questo terzo aspetto che ci soffermeremo, nel quadro dell’organizzazione dello  Stato, relativamente alla città di Barletta.
 E  cominciamo dalla riforma  fiscale-tributaria. Abolì, Gioacchino, tutta la congerie dei vecchi  tributi: lo ius trappeti, i donativi,  il testatico, la giomella, il macinato, il forno, il sale, l’alberaggio,  sostituiti con un’imposta unica detta “contributo fondiario” rispetto al quale  tutti i cittadini erano equiparati nei loro obblighi verso l’erario. Quanto a  Barletta, in particolare, il sovrano cominciò (nel 1809) con l’abolizione della  impopolare gabella feudale del “Passo di Canne” che si perpetuava da secoli e  che neanche il grande giurista Niccolò Fraggianni Presidente del Tribunale di  Napoli, era riuscito ad abolire. Fu  quindi soppressa anche la tassa altrettanto impopolare – pur essa di origine  feudale – legata alle fiere e all’odiosa figura del “Maestro di Fiera”.
 Quanto  alla dogana, la sede provinciale fu momentaneamente spostata da Barletta a  Bari; verrà ripristinata solo quando la provincia di Capitanata sarà unita a  quella di Bari. Vennero disciplinate anche le modalità di riscossione delle  imposte e la destinazione delle somme introitate nel bilancio dello Stato.
 Nello  stesso anno (1809), Gioacchino rese esecutivo il Catasto provvisorio introdotto  tre anni prima da Giuseppe. Il Catasto di Barletta aveva circa 3.500 voci che  registravano i fabbricati esistenti, le piazze, i vicoli ai quali venne data  una denominazione, mentre fino allora erano stati attribuiti nomi di personaggi  illustri o della più importante casata della strada (via Bonello) oppure legati  ad un avvenimento (vico Gloria). Vennero inoltre registrati i nomi dei  proprietari di ogni abitazione, con la rendita presuntiva, salvo definitivo  accertamento fiscale.
 La riforma amministrativa territoriale relativa alle regioni, alle province e ai comuni, impostata da re Giuseppe,  venne applicata da re Gioacchino. Le antiche province vennero sostituite dai  dipartimenti (o intendenze) e queste in distretti (o sottointendenze) da cui  dipendevano i decurionati (cioè i Comuni). La  Regione venne ripartita in tre dipartimenti: quello di Bari (ripristinato dopo  in un periodo in cui la sede era stata spostata a Trani), a cui faceva capo il  distretto di Barletta che comprendeva dieci città: i comuni costieri di  Barletta, Trani, Bisceglie e Molfetta; all’interno Andria, Corato, Ruvo e Terlizzi;  nell’area premurgiana Canosa, Minervino e Spinazzola (quest’ultimo dal 1814).  Barletta in quel tempo era anche sede provinciale delle poste.
 Politica economica. Tra le attività  economiche, l’agricoltura costituiva l’asse portante della struttura economica  dello Stato, valorizzata a quel tempo dal blocco continentale che colpiva  l’industria per cui Murat favorì in particolare le colture più redditizie: la barbabietola,  il cotone e la canna da zucchero. Il 10 febbraio 1810 Murat emanò un decreto  nel quale, considerando che l’agricoltura era la base principale della  ricchezza dello Stato, allo scopo di meglio organizzarne la produzione decretò  la costituzione, per ogni provincia di una Società  dell’agricoltura, costituita da 12 membri, che relazionavano annualmente al  sovrano sullo stato della produzione agricola.    Venendo  ora al comparto militare oggi diremmo, alle forze armate, essendo militare, è facilmente intuibile quanta  importanza il sovrano assegnasse a questo ramo del suo governo, cioè al  Ministero della Guerra. Barletta, a difesa del suo territorio, fu indicata come  sede di Artiglieria e Fortificazioni elevata a sede di Quartier generale dei  Comando militare della Provincia e del Comando di una delle quattro divisioni  del Regno.  Murat  tentò anche la lotta all’analfabetismo,  cioè l’obbligatorietà dell’istruzione, ma qui l’impresa si rivelò più difficile  per un concorso di fattori. Il sovrano infatti aveva soppresso gli ordini  religiosi, che erano gli unici a impartire lezioni didattiche ai diversi  livelli scolastici. Cioè scuole elementari, medie, ginnasiali e liceali. Per  cui è comprensibile come i religiosi ostacolassero la riforma murattiana, senza  dire che l’ostilità veniva anche alimentata dalla stragrande maggioranza dei  cittadini, in prevalenza contadini, che mal digerivano una riforma che gli  portasse via i figlioli che essi invece destinavano ai campi fin dalla prima  età. La soppressione degli ordini religiosi è  una di quelle riforme destinate a incidere più durevolmente sul tessuto sociale  del Regno anche per il futuro, sia sotto i Borbone che l’Unità d’Italia. Per  quanto riguarda Barletta in particolare, quattro furono i decreti che  disciplinarono la materia della soppressione degli enti religiosi: Il 7  agosto 1809 furono soppressi i patronati ecclesiastici, lascando in vita solo quello  dei Cappuccini; il 20 novembre 1810 i conventi che avessero meno di dieci  suore; il 10 gennaio  1811 i dodici  canonicati e l’Ordine degli Osservanti; il 14 aprile 1814 i due monasteri dell’Annunziata  e S. Maria della Vittoria.
 Venendo  all’ordine pubblico, Murat organizzò  in tutte le province le Legioni  provinciali incaricate di garantire l’ordine pubblico e la sicurezza delle  persone. A Barletta istituì un corpo militare cittadino, la Guardia civica, che doveva garantire,  oltre all’ordine pubblico, il decoro urbano, insomma un’anticipazione dell’istituzione  di quella che sarebbe poi diventato il corpo dei vigili urbani. Il primo nucleo  fu ospitato nel dismesso Convitto di S. Antonio. Un  capitolo straordinario, nel regno murattiano, è quello dell’abolizione della feudalità, certo la  riforma più importante, che meriterebbe un capitolo a parte, anche  relativamente ai riflessi sul territorio barlettano.
 Strettamente  legata al comparto dell’urbanistica,  è quello relativo ai lavori pubblici. Nell’aprile del 1813, di ritorno dalla  campagna di Russia dove si era ancora una volta distinto per abilità e  coraggio, il re, accompagnato dai ministri delle Finanze e dell’Interno, fece  visita alla città ospite del palazzo del conte Marulli (oggi palazzo De  Martino) bene accolto dalle autorità e soprattutto dal popolo che ne aveva  apprezzato, nei pochi anni del suo regno, il grande fervore innovativo che  aveva messo nella trasformazione delle società del tempo. Importantissima fu la  visita che il sovrano fece alla città il 14 aprile del 1814.  Al  corrente della controversa gestione amministrativa della città, Murat nominò  nuovo sottintendente don Antonio De Leone che ci ha lasciato una cronaca del suo tempo. E fu in questa  circostanza che il sovrano adottò una serie di decisioni importanti per il  nostro territorio (cioè non solo per Barletta ma anche per la vicina Salina).
 Cominciò  con l’ordinare l’abbattimento di Porta Reale antica, sull’attuale corso  Vittorio Emanuele, all’altezza dei municipio, e quindi del sovrastante arco  dell’Annunziata. La decisione della demolizione della grande porta era dovuta  al fatto che divideva ancora la città fra i quartieri di San Giacomo e del  Santo Sepolcro. E questo per consentire il loro congiungimento e una maggiore  scorrevolezza tra via Selleria (corso  Garibaldi) e via della Cordoneria (corso  Vittorio Emanuele). In seguito all’abbattimento della Porta, certo la strada  acquistò un altro aspetto, specialmente dopo che il sovrano ordinò  all’intendente Dumas la demolizione delle cosiddette  zipenne, che da secoli ingombravano e  deturpavano le strade del centro urbano. Erano - le zipenne - dei tettucci  sporgenti che preservavano le sottostanti botteghe dalle intemperie del tempo,  d’inverno dalla pioggia e d’estate dal sole.
 L’antica  Porta Reale, con la sua sovrastruttura, aveva ospitato fin dal 1500 la sede del  pretorio. In seguito però alla distruzione del convento dell’Annunziata ad  opera dei Francesi nel 1528 - una tardiva vendetta per la bruciante sconfitta  patita cinque lustri prima della famosa Disfida -, il governatore  spagnolo aveva ordinato il trasferimento del  Monastero sull’arco del Palazzo pretorio e al tempo stesso del Municipio in via  della Corte.
 Murat, promotore della nascita della prima  biblioteca comunaleMa  facciamo un passo indietro per ricordare che nel 1808, poco dopo il suo arrivo,  Murat aveva destinato i fondi librari espropriati ai Conventi (Domenicani 1288,  Gesuiti 1590, Cappuccini 1760), per realizzare una grande biblioteca cittadina,  fondi che fece depositare proprio sugli uffici dell’arco dell’Annunziata. Ma cinque  anni dopo, come abbiamo visto, decise l’abbattimento della porta di separazione  fra i due quartieri.
 Quanto  ai libri, furono momentaneamente depositati negli scantinati del Monte di Pietà  dove resteranno fino al 1831, quando saranno rilevati dai Cappuccini. Una  collocazione che durerà poco più di trent’anni perché dopo l’esproprio del  Convento da parte del decreto Rattazzi del 1865, i libri furono spostati due  anni dopo - su ordine del sindaco Germano Romeo Scelza – nell’ex refettorio di  S. Domenico. Era l’inizio alla formazione della nostra Biblioteca comunale....
 
 Renato  Russo
 (26 novembre 2017)
 
            
    
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      | Don Antonio De Leone | L’arco dell’Annunziata, alla lettera C, sopra la Porta Reale dell’antica  sede del Pretorio, dove Murat fece sistemare tutte le  biblioteche espropriate ai conventi (da una stampa del 1781) |  
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      | Gioacchino Murat (Gerard) | 1800, il Faro napoleonico nel Porto di Barletta |  << vai all'indice del canale  |